Tutta una questione di Paradiso. Cos’è la fede per una persona queer?
Riflessioni di Brian pubblicate sul sito Queer Theology (USA), libera traduzione di Silvia Lanzi
La visione che alcuni cristiani si fanno di Dio è assolutamente terrificante: un giudice dal cuore di pietra che, se non credi in Lui, non preghi in modo corretto, o se non gli dedichi abbastanza tempo, mentre sei sulla terra, ti punirà con una tortura eterna. In questa visione del cristianesimo, Gesù finisce col salvarci da Lui…. Non credo che questo sia ciò che Dio voleva per noi. Quando ho capito che ero una persona queer ero terrorizzato che, per accettare me stesso, “stravolgessi la Scrittura per giustificare il mio peccato“. Non mi passava neanche per l’anticamera del cervello che i cristiani che volevano condannarmi, stavano stravolgendo la Scrittura per i loro scopi (o che gli era stata insegnata una versione stravolta del cristianesimo e facevano del loro meglio… non immaginando i danni che causavano a causa delle loro buone intenzioni).
Comunque l’essere una persona queer mi ha portato a capire Dio più profondamente. La bellezza delle minoranze sessuali e di genere è che dobbiamo superare i cliché che si hanno su sesso e genere. Questo è il nostro dono, non un ostacolo.
Nel dialogo religioso sulla situazione delle persone LGBT, c’è la tendenza a mettere le persone queer in caselle ben definite. Siamo tutti “fratelli e sorelle” in Cristo. Anche le persone gay possono “sposarsi ed essere pieni d’amore, essere devoti e monogami“. La discussione più importante è se questi matrimoni si debbano, o non si debbano, accettare. I brani biblici “ostici” di Adamo ed Eva (e non Adamo e Stefano), Sodoma e Gomorra, Levitico e l’abominio, 1 Romani sulle passioni innaturali, 1 Corinzi e 1 Timoteo sui colpevoli di sodomia, ricordo che “questi passi non affermano quello che credete dicano di noi“, questa è la mia risposta.
Ma questo modo di pensare ci sottovaluta e sottovaluta anche il cristianesimo. C’è qualcosa di liberante e di salvifico nel Vangelo. Chiedetemi come ho aspettato in silenzio e in solitudine nel nascondimento – spaventato di dire che ero gay. Gesù mi ha dato il coraggio e Dio mi ha riempito della grazia e dell’amore necessari per essere onesto e autentico con me stesso. Chiedere al mio amico Brian di come il Vangelo l’abbia motivato – anche senza conoscere una singola persona gay o trans – a unirsi all’Equality Ride e a diventare un sostenitore dei diritti LGBT nel paese.
Chiedete al mio amico Micah dell’ispirazione che ha trovato nel brano della Scrittura che dice: “Io concederò… un nome migliore che a figli e figlie”. Ascoltate padre Shy parlare di crocefissione e resurrezione e del significato vero e reale che hanno nella sua vita. Fatemi parlare di come l’interrogarmi sulla mia sessualità mi abbia fatto riconsiderare seriamente la mia fede e trovarne una, talmente profonda, che non avrei mai creduto fosse possibile.
Chiedetemi come le persone queer che conosco incarnano la Chiesa degli Atti dove “nessuno tra loro era bisognoso”, in un modo più tangibile di quel che avrei mai potuto immaginare. Di come abbiamo dato a Leo vestiti nuovi, dopo che era stato aggredito. Di come abbiamo contribuito all’operazione di Micah. Di come abbiamo aiutato Asher. Chiedetemi di come Matt Beam smetterà di fare quello che sta facendo per parlare di quello che vi angustia.
Ho degli amici queer che vi possono raccontare delle bellissime storie di trasgressione di genere della Bibbia. Di come hanno rimesso insieme le loro vite (e le loro anime) dopo un esorcismo. Di come si possa sperimentare la presenza dello Spirito Santo ad uno spettacolo di drag queen. Parlate con alcune delle persone queer che vi stanno vicino e lasciatevi colpire in modi diversi e profondi; modi plasmati dal loro orientamento e dalla loro identità ma certamente non limitati a queste.
Gesù si è spinto ai margini. Con i reietti, con quelli che le elité religiose ritenevano “fuoriusciti” e “indesiderabili”. E non lo faceva perché provava pena per loro. Lo faceva perché Dio era lì, letteralmente. E così non abbiamo bisogno di un dibattito infinito su “Omosessualità e Bibbia” o sulle “istanze delle persone LGBT e la fede“. Non abbiamo bisogno di un’etichetta per accettarci. Il Vangelo non insegna mai come “ottenere il paradiso”. Piuttosto ci dice che “sono venuto perché abbiate la vita e l’abbiate in abbondanza” (Gv 10,10).
Ci parla di lasciare i propri legami e di “seguirlo”, che “chi non ha peccato scagli la prima pietra”.
Gesù ha anche detto che “il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: eccolo qui o: eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi”.
Ho passato molti anni convinto che Dio mi avrebbe punito se avessi fatto la cosa sbagliata. Ho dimenticato che “Vangelo” significa “buona novella”. Che Dio non è venuto qui per condannarmi, ma per salvarmi. E che il mio genere e la mia sessualità – e quella di tutte le altre persone LGBT – concorrono alla salvezza del mondo per opera di Dio.
Questo vi fa vibrare qualche corda interiore, anche se vi sembra incredibile … perché la sessualità delle persone LGBTQ può arricchire la nostra vita, la nostra fede e può essere un dono per la Chiesa.
Testo originale: Is it all about getting into heaven?