Tutti sono benvenuti! Includere le persone LGBT nella chiesa cattolica inglese
Relazione di Martin Pendergast* (UK), conferenza europea “Le persone omosessuali e transessuali e le chiese cristiane in Europa“, Roma, 10 giugno 2011, tradotto da Annibale Cois
Prima di tutto, vorrei esprimere i miei ringraziamenti agli organizzatori di questo convegno.
Sono venuto a Roma portando gli auguri della comunità LGBT cattolica Londinese di Soho – Soho Masses community – e anche del Cutting Edge Consortium, una nuova rete LGBT alla quale partecipano credenti e non credenti, laici ed attivisti nel campo degli diritti humani e diritti LGBT, movimenti politici e sociali.
Chiedo cortesemente la vostra attenzione, e comincio la mia presentazione.
Nel 1957 il Cardinale Arcivescovo di Westminster e l’Arcivescovo Anglicano di Canterbury, hanno risposto insieme al Rapporto Wolfenden che proponeva la decriminalizzazione dell’omosessualità in Inghilterra e nel Galles.
Gli Arcivescovi, in una convergenza ecumenica rara per il tempo, affermarono che argomenti di morale personale e legalità non dovevano essere confusi, offrendo così il loro supporto alla decriminalizzazione, che, infine, avvenne nel 1967.
Questo fatto ha segnato in molti modi la prima presa di posizione pubblicamente liberale della gerarchia Cattolica Romana dell’Inghilterra e del Galles in risposta all’omosessualità.
In seguito alla pubblicazione della dichiarazione Persona Humana (1975) della Congregazione per la dottrina delle fede (CFD) in materia di etica sessuale, il Comitato dei Vescovi per il Benessere Sociale pubblicò nel 1979 il documento “Una introduzione alla cura pastorale delle persone omosessuali”.
Il documento cercava di contestualizzare e ammorbidire quello che molti cattolici, compresi molti membri del clero, avevano percepito come un linguaggio toppo duro nei confronti di lesbiche e gay. Molti di noi vennero consultati nel processo che portò alla pubblicazione del documento.
Le Linee Pastorali contenevano alcuni importanti principi e consigli per i sacerdoti su come rispondere pastoralmente.
Per esempio: “nel determinare se dare o meno l’Assoluzione o la Comunione ad un omosessuale, un pastore deve essere guidato dal principio generale della teologia fondamentale che solo un obbligo morale certo può essere imposto.
Un dubbio insormontabile, sia riguardo alla legge sia ai fatti, permette di seguire una vera e solida ‘opinione probabile’ in favore di una interpretazione più liberale”.
Il documento affermava anche che “gli omosessuali hanno le stesse necessità di ricevere i Sacramenti degli eterosessuali. Essi hanno anche gli stessi diritti di ricevere i Sacramenti”.
Benché nel Regno Unito esistessero gruppi Cattolici LGBT, indipendenti dalla gerarchia, anche dopo la lettera della Congregazione per la dottrina delle fede (CFD) ai Vescovi del 1986 in nessuna diocesi vi era ancora un formale ministero rivolto ai cattolici LGBT.
Non c’erano opportunità pubbliche per i Cattolici LGBT di radunarsi per celebrare la liturgia, eccetto che nella riservatezza dei propri gruppi.
Nell’aprile del 1999, il comitato direttivo cattolico del movimento cristiano lesbico e gay, rispondendo a questa esigenza, incominciò ad organizzare mensilmente delle Messe in un convento cattolico a Londra: di questa iniziativa era a conoscenza il Vescovo ausiliare responsabile della pastorale per la diocesi di Westminster.
Le Messe erano aperte a chiunque volesse partecipare e non soltanto ai membri dei gruppi LGBT.
Nel 2003, incapace di trovare, nel centro di Londra, una Chiesa Cattolica da utilizzare dopo la chiusura del convento, la comunità si spostò temporaneamente nella parrocchia Anglicana di S. Anna, a Soho, nel cuore della comunità LGBT, mantenendo una rotazione di sacerdoti cattolici come celebranti.
La comunità presto crebbe di numero, e molte persone chiesero che le Messe venissero celebrate più frequentemente, cosa che avvenne con l’estensione alla prima e terza domenica [del mese].
Nel 2005, quando il numeri dei partecipanti regolari raggiunse circa i 70, incominciammo a superare la capienza dalla piccola chiesa di S. Anna.
Durante la nostra permanenza a S. Anna, Cattolici conservatori montarono una campagna per cercare di forzare il Cardinale Murphy-O’Connor, ora in pensione, a impedire ai sacerdoti di celebrare.
Questi rifiutò, magari sperando che ci saremmo estinti da soli, restituendogli la pace.
La comunità continuò a crescere, e nel Luglio 2005 il Consiglio Pastorale delle Messe di Soho (SMPC) venne eletto nella comunità, con lo scopo di assumersi la responsabilità di organizzare le Messe per lesbiche, Gay, bisessuali, transgender (LGBT) Cattolici, i loro genitori, parenti e amici.
Il Cardinale si rese conto che eravamo molto lontani dallo scomparire e così, nel 2006, chiese ad uno dei suoi sacerdoti, tra quelli che celebravano le nostre messe, se ci volessimo trasferire in una Chiesa Cattolica, sempre a Soho.
Il cardinale pensava che se le Messe fossero state in una parrocchia della diocesi, questo avrebbe espresso più chiaramente il collegamento con lui come Vescovo locale, e, allo stesso tempo, avrebbe messo un freno alle rimostranze dei cosiddetti tradizionalisti che continuavano a lamentarsi.
Il Consiglio Pastorale delle Messe di Soho (SMPC) accolse positivamente l’iniziativa del cardinale Cormac Murphy-O’Connor per assicurare che la pastorale per le comunità fosse integrata nel più generale impegno pastorale della Archidiocesi di Westminster.
Un processo di consultazione portò a decidere che, dal 4 Marzo 2007, le Messe celebrate alle 17 della prima e terza Domenica di ogni mese nella Chiesa dell’Assunzione, in Warwick Street, avrebbero accolto con particolare attenzione i Cattolici LGBT, i loro genitori e familiari, ma sarebbero rimaste aperte a tutto il Popolo di Dio.
Provammo gioia per il fatto che venne riconosciuto che anche noi abbiamo diritto ad un posto al banchetto di Cristo, dove il pane è spezzato e il vino è versato non solo per alcuni, ma per tutti.
Accogliemmo molto bene l’integrità dei rappresentanti diocesani che cercavano di sviluppare uno schema di lavoro in cui la Diocesi potesse lavorare più costruttivamente, onestamente, collaborativamente con i cattolici LGBT e tutti gli altri. Le nostre discussioni erano segnate da rispetto vicendevole, onestà, e fiducia.
Adottammo sperimentati principi di dialogo, specialmente la pratica ecumenica di utilizzare lo stesso linguaggio usato dalle comunità per parlare di se stesse.
La validità di utilizzare il vocabolario e l’esperienza della comunità lesbica, gay, bisessuale e transgender venne riconosciuta.
Le conversazione produssero un senso più forte di comunione ecclesiale e un’accresciuta comprensione delle esigenze pastorali delle comunità coinvolte.
In nessun momento vi furono pressioni perché i Cattolici LGBT sacrificassero la loro integrità, e sempre venne riconosciuto a tutti coloro che erano coinvolti il diritto alla coscienza e la buona fede.
Il mito che questa comunità di culto è esclusiva e rivolta ad uno specifico orientamento sessuale piuttosto che inclusiva espressione della Chiesa, che riunisce persone di diversa condizione, fu demolita.
Nonostante le frequenti oltraggiose accuse mosseci dai nostri detrattori, queste non sono “Messe Gay”.
Le liturgie seguono standard elevati e sono un modello di come una comunità Cattolica veramente inclusiva può essere in pratica.
Piuttosto che definire i cattolici LGBT, i loro genitori e familiari, come persone con problemi da risolvere, il processo riconobbe il contributo e i doni che essi portano al Corpo di Cristo, la ricca universalità del popolo di Dio.
Un popolo che forse si focalizza più sulle sofferenze e le ansie delle esistenza umana piuttosto che sulla gioia e speranza di una Chiesa che cerca di vivere con integrità nella società contemporanea.
Essere orgogliosamente lesbiche, gay, bisessuali o transgender, e orgogliosamente Cattolici è al centro di questa comunità di fede.
Questo [approccio] fornisce nuove opportunità per la nostra crescita pastorale, spirituale e di fede. E, allo stesso tempo, speriamo di contribuire al ministero pastorale più generale nel contesto di una storica Parrocchia del West End, e alla vita dell’Arcidiocesi.
L’esito del nostro lavoro di condivisione offre alla più vasta Chiesa dell’Inghilterra e del Galles , e oltre, il potenziale di sviluppare modelli più efficaci di ministero pastorale con le nostre comunità LGBT, rafforzando la comunione ecclesiale piuttosto che creando disarmonia.
Nelle comunità riconosciamo un particolare valore al ministero dei membri ordinati, che ci hanno arricchito attraverso la condivisione della Parola e la celebrazione dell’Eucaristia.
La loro presenza tra di noi è stata un segno tangibile di riconciliazione e della nostra comunione allargata con le chiese locali e con le varie diocesi, qui e nel mondo, dalle quali membri della nostra comunità continuano a venire.
Questo ricco dono del ministero sacerdotale ci ha permesso di crescere nel senso di un vero ministero collaborativo di mutua cura.
La nostra crescita nella fede, la vitalità della nostra comunità e delle nostra preghiera, l’impegno di tutti nel perseguire la giustizia a qualunque prezzo, è stato nutrito dall’ospitalità che abbiamo ricevuto dalla Chiesa Anglicana di S. Anna dal 2001 al 2006.
Consideriamo un vero dono e continuiamo a coltivare la relazione ecumenica con altre chiese locali di Soho, che è iniziata nel contesto dell’attentato dinamitardo di Soho nel 1997. Da quella tragica perdita di vite umane, nuova vita, speranza, e gioiosa comunità è emersa.
Il nostro trasferimento da S. Anna in Dean Street alla Chiesa di Nostra Signora dell’Assunzione in Warwick Street non è stata una chiusura, e neppure un inizio di chiusura, ma piuttosto un passo ulteriore nel nostro viaggio di pellegrini di Dio, popolo arcobaleno: un dono da condividere non soltanto tra le nostre comunità locali, ma anche con la più vasta comunità ecclesiale alla quale apparteniamo.
Benché il luogo delle nostre celebrazioni Eucaristiche sia cambiato, la nostra vita comune, uniti nel battesimo, continuerà con altri percorsi di preghiera e adorazione, studio, e azione comune per la giustizia all’interno e tra le nostre comunità.
Il Consiglio Pastorale delle Messe di Soho è eletto tra coloro che partecipano regolarmente.
Sono ormai ben stabiliti sia un vivace Gruppo Giovani Adulti, sia un Gruppo Donne. Anche il numero dei Cattolici transgender che partecipano è cresciuto.
Giornate di ritiro e programmi di riflessione e discussione sono un elemento caratteristico della comunità delle Messe di Soho.
La generosità della comunità è notevole, sia nella speciale raccolta fondi per la cura pastorale di coloro che vivono con HIV, sia nel regolare impegno in altre opere di beneficenza, compresa l’Agenzia Cattolica per lo Sviluppo Estero, gli Ospizi locali, i progetti per persone senza fissa dimora, etc.
Membri della Comunità delle Messe di Soho sono stati anche elementi chiave nello sviluppo del Forum della Comunità LGBT di Soho, che mette insieme polizia locale, agenzie sanitarie, agenzie della Municipalità di Westminster, altre Chiese e gruppi di volontariato.
Siamo stati incoraggiati dalle espressioni di supporto offerteci dall’attuale Arcivescovo di Westminster, Vincent Nichols. Nonostante le continue incomprensioni e interpretazioni scorrette, da parte dei Cattolici conservatori, dei principi che sostengono questa pastorale, l’Archidiocesi di Westminster è stata risoluta nel difenderla.
Nel periodo della visita papale, nel settembre 2010, l’Arcivescovo è stato continuamente interpellato dai giornalisti rispetto alle Messe.
Quando gli è stato chiesto se la Chiesa avrebbe accettato le unioni di persone dello stesso sesso, ha detto: “Non so. Chi lo sa cosa c’è alla fine del cammino?”
In un altra occasione ha detto: “Quando si cerca di comprendere per quale scopo esiste la sessualità umana, ci sono molti aspetti che debbono essere considerati. Perchè io penso che quello che è chiaro a livello generale, in una prospettiva ampia, è che esiste un legame intrinseco tra procreazione e sessualità umana.
Ora, come possiamo partire da questo principio, senza tradirlo, ma allo stesso tempo mantenere un dialogo aperto, in continuo sviluppo, con coloro che dicono, ‘questa non è la mia esperienza’?
Come mettiamo insieme alcuni principi che, se volete, sono scritti nel grande libro della natura, e le esperienze individuali? Questa è l’area rispetto alla quale dobbiamo essere sensibili e aperti, e sinceramente desiderosi di esplorare”.
Quando gli è stato chiesto delle proteste rispetto alle Messe, ha detto in una intervista radiofonica: “A quelli che si arrogano il diritto di decidere chi può o non può ricevere la Comunione, suggerisco di frenare la lingua”.
Non potrei essere più d’accordo.
* Martin Pendergast (UK) è stato membro dell’Ordine Carmelitano per 10 anni, con il quale continua ad intrattenere rapporti cordiali.
Ha un diploma della Pontificia Università Gregoriana e un Master’s Degree in teologia dell’Università di Bristol.
È anche un operatore sociale qualificato, specializzato in protezione dell’infanzia – che comprende la diagnosi e il trattamento degli abusi sessuali.
Lui e il suo compagno Julian Filochowski, si sono uniti legalmente (come prevede la legge inglese) nel 2006. E’ stato membro del Comitato per il benessere sociale del Galles della Conferenza Episcopale Inglese fino al 2008.
Testo originale: All ARE welcome! Including LGBT people in the Catholic Church