Un catechismo dal sapore di libertà. L’esperienza di scoprirsi omosessuale
Testo tratto dal libro “Un catéchisme au goût de liberté” (Un catechismo dal sapore di libertà) di Jacques Gaillot, Alice Gombault e Pierre de Locht, edito da Ramsay (Francia) nel 2003, pp. 44-46 liberamente tradotto da Francesco P.
Quando ci si rende conto di essere omosessuali, tale consapevolezza causa uno choc, una ferita ed è spesso ragione di profonda solitudine, che questo momento accada da adolescenti, adulti o perfino una volta già sposati. In quel momento non è affatto facile trovare ascolto e dialogo presso chi ci circonda: sono proprio le persone a noi più vicine ad essere disorientate da questa situazione inattesa.
L’omosessualità costituisce un fenomeno problematico, sconcertante, facilmente etichettabile come innaturale. Indipendentemente da qualsiasi giudizio morale, non sarebbe più semplice e corretto constatare come “la natura”, così come noi la possiamo comprendere, abbia dotato circa i nove decimi degli esseri umani di una propensione eterosessuale, mentre una minoranza è dotata di una sessualità ed affettività a dominante omosessuale? Realtà, l’omosessualità, della quale non comprendiamo bene né l’origine né tanto meno le cause, e che abbiamo attribuito – alla leggera – ad alcune lacune educative che una volontà ben esercitata potrebbe raddrizzare. Eppure c’è chi afferma : “l’omosessualità non è una scelta: o si è omosessuali, oppure no”.
Siamo sufficientemente consapevoli di quanto le reazioni di disprezzo, rifiuto o addirittura condanna, ancora così frequenti, possano far soffrire gli omosessuali, i quali devono già farsi carico della loro sensibilità ed affettività, del loro equilibrio e della loro maturazione sessuale in un universo ancora largamente ostile? Già in minoranza a causa della loro situazione d’eccezione in un mondo deve l’eterosessualità è dominante, il giudizio, o addirittura la condanna, sulla loro maniera d’essere è particolarmente difficile da vivere. Il rigetto della minoranza omosessuale da parte di coloro i quali hanno ereditato una modalità di affettività e sessualità dominante forse non costituisce già una forma piuttosto umiliante di segregazione e razzismo? E lo sappiamo bene che questo rifiuto spinge al suicidio un certo numero di adolescenti quando – nel loro isolamento – scoprono la loro situazione di diversità, in un’età dove non è facile accettarsi.
Eppure – si potrebbe obiettare – la sessualità non è essa stessa l’incontro nella differenza, da cui nasce la fecondità? Certo! Ma al di là delle differenze morfologiche non trascurabili tra l’uomo e la donna, l’attrazione amorosa si posiziona ben oltre i semplici corpi, nell’incontro dell’altro come persona, nella sua identità propria ed unica.
Non è forse vero che la sessualità rischia di arenarsi nella sua mera realtà fisica, carnale, se non si apre interamente all’altra persona, là dove l’amore raggiunge il punto più alto della sua intensità nell’esperienza umana? Se la fecondità – intesa come possibilità di generare dei bambini – è senza dubbio una dimensione importante della sessualità, essa non ne rappresenta la caratteristica unica e limitante. Anzi. Quanto può essere grande, diversificata e feconda – infatti – la creatività di due esseri la cui condivisione di vita stimola e vivifica l’impegno e le opere sociali, artistiche, umanitarie…
Ridurre l’omosessualità ad una ricerca del proprio simile, spogliata della fecondità, è ingiusto ed avvilente. Gay e lesbiche perorano la causa del riconoscimento della loro dignità e dei loro diritti. Molti cristiani omosessuali testimoniano un amore vero e fedele, così come una fede viva e solidale. Il messaggio evangelico ci invita ad incontrare l’altro, gli altri, con le loro differenze e senza giudicarne il comportamento o la maniera d’essere. C’è già abbastanza polvere da spazzare davanti alla propria porta.
Testo originale (PDF): Un vécu difficile: l’homosexualité