Un Dio queer per un popolo queer (Luca 15, 3-32)
Riflessioni pubblicate sul blog Diversidad Cristiana (Uruguay) l’11 settembre 2010, liberamente tradotte da Jessica
Gesù avrebbe potuto scegliere altri modi per parlarci di tale “Entità Indefinibile” che ci insegnò a chiamare Abbá (“Padre”). Invece descrisse questi tre volti (in Luca 15, 3-32) che rivoluzionano la nostra idea su Dio.
Nella parabola della pecorella smarrita (Lc. 15, 3-7) Gesù compara Dio a un pastore. Nel suo tempo, i pastori erano persone poverissime, lavoravano per i latifondisti e per tutti coloro che disponevano di una discreta ricchezza e guadagnavano sulle loro spalle. Perdere una pecora era un evento che poneva in serio pericolo la propria fonte di lavoro e, di conseguenza, la sopravvivenza della famiglia. Gesù fa una comparazione di Dio con questo pover’uomo che, disperato, esce alla ricerca della pecorella perduta lasciando il gregge.
Nella parabola della dracma perduta (Lc. 15, 8-10) Gesù avvicina Dio a una donna. Nel suo tempo, le donne erano elementi di scarsa importanza, dipendevano dal proprio uomo, non potevano entrare nel tempio e veniva loro assegnato uno spazio vicino ai pagani, non era loro permesso partecipare alle discussioni a proposito delle Sacre Scritture che avevano luogo nella sinagoga ed erano costrette anche in questi momenti a restare appartate. Le donne servivano nella società patriarcale solo come lavoratrici e madri.
Nella parabola del Padre buono (Lc. 15, 11-32) Gesù da a Dio le forme di un padre che però dimostra delle caratteristiche quasi materne. Nella società ebrea, maschilista e patriarcale, un padre che si fosse comportato come quello raccontato nella parabola non avrebbe risposto alle aspettativa socio culturali del proprio tempo.
Ecco perciò che le immagini di Dio con le quali Gesù ce lo presenta (un poverello che guida le pecora, una donna e un padre materno) si distaccano dall’immagine che ci hanno inculcato per anni di un Dio ligio, moralista, severo, capace di ispirare terrore e punizioni, maschilista e patriarcale.
Si trattava solamente di una creazione fatta dalla cultura dominante per mantenersi e perpetuare la propria presenza nel tempo.
… per un popolo queer
Le tre parabole si concludono con spirito di allegria e festa. Senza dubbio, nel corso dei secoli, molte persone sono state escluse da questa festa, perché non rispondenti alle aspettative di coloro che esercitavano il potere politico e religioso (Lc. 15,1-2), essendo etichettate come “peccatori”.
Gesù annuncia una Novella liberatrice che si estende a tutti e diviene una brutta notizia soltanto per quelli che se ne stanno al potere, mentre è certamente una buona nuova per tutte quelle persone discriminate, escluse e considerate peccatrici. Ogni epoca ha avuto e ancora ha le sue vittime del sistema politico e religioso.
Ogni comunità cristiana, che voglia veramente seguire il Maestro, è chiamata ad affrontare e a denunciare le sorgenti di oppressione e esclusione del proprio tempo uscendo dalla strada tracciata per abbracciare e invitare alla festa del Signore gli oppressi, i discriminati e gli esclusi per qualsiasi motivo: etnia, condizione sociale, genere, orientamento sessuali, impiego lavorativo, condizione sanitaria, età, ecc.
Testo originale: Un Dios queer para un Pueblo queer