Un milione di voci. Il ministero di una suora tra le persone trans
Articolo di Nathan Schneider pubblicato sul sito di Al Jazeera America (Stati Uniti) il 2 marzo 2014, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Il primo convegno cattolico transgender negli Stati Uniti ebbe luogo un sabato del novembre 2013 in un convento nella periferia di Towson nel Maryland. Erano presenti circa 35 persone, per lo più donne anziane, sedute assieme in una sala con un crocefisso posto di fronte a una vetrata istoriata.
La presentazione mattutina era a cura di uno psichiatra che lavora con pazienti con disforia di genere all’Ospedale Pediatrico. Nel pomeriggio ci fu una conversazione con Hilary Howes, una donna d’affari di mezza età convertitasi al cattolicesimo dopo la transizione effettuata a quarant’anni, quasi due decenni fa.
La conferenza era organizzata da New Ways Ministry. L’organizzazione fu fondata nel 1977 per difendere i cattolici LGBT, ma solo di recente ha cominciato a rivolgere la sua attenzione alla Transessualità. Durante la giornata ci furono degli spunti su come l’esperienza transgender possa essere calibrata per approfondire anche una cosa antica e venerabile come la fede cattolica.
La storia biblica che papa Benedetto ha voluto evocare nelle sue omelie natalizie è quella in cui Dio crea i sessi in Genesi – ”maschio e femmina li creò”. Per Benedetto essi sono due stati dell’essere assolutamente separati, ognuno di essi inaccessibile all’altro, com’è giusto che sia. Ma i cristiani transgender tendono a offrire un’interpretazione diversa, che propone un senso più estensivo di cosa intendeva fare Dio e di chi egli è.
Nella sua testimonianza di fronte alla stanza piena di sacerdoti a casa di suor Monica uno dei presenti, imbalsamatore di professione, descrisse come era arrivato a leggere Genesi in modo diverso: “OK, maschio e femmina” concesse “e alcuni di essi sono maschio e femmina!”.
Le persone transgender hanno visto la creazione da ambedue i lati. “L’idea che Dio sia oltre il genere è espressa abbastanza chiaramente qui” disse Hilary Howes durante il convegno di Towson.
Mentre nell’articolo di diritto canonico di Urbano Navarrete si accetta solamente la testimonianza del corpo per determinare il sesso di una persona, le persone transgender, che siano religiose o meno, spesso parlano di ciò che affrontano come di un viaggio spirituale. Lo si sente in continuazione. Ma Hilary Howes mise in guardia: “È un bel viaggio spirituale, ma se non dovete affrontarlo, per favore non fatelo”. Mentre si rivolgeva agli astanti con il microfono in mano, Hilary indossava una giacca e una camicetta rosse con una croce d’argento che dondolava al collo.
I suoi capelli biondo grano cadevano in una frangetta ben curata e le incorniciavano il viso. Sfoggiava a tratti un sorriso da ragazzina che le scavava delle fossette. Suor Monica era seduta proprio di fronte a lei.
Era la prima volta che incontrava Hilary di persona, pur essendo ambedue ben conosciute nel piccolo mondo dei transgender cattolici.
Hilary raccontò la storia della sua vita sotto forma di parabola, la storia di una ragazza nata con il pene e obbligata a vivere come un ragazzo. “Moriva un poco ogni giorno.” La ragazza crebbe fino a diventare un uomo, sposò una donna e divenne padre. Ma continuava a morire.
Finalmente si decise a rivelarsi. La moglie e la figlia le stettero accanto durante tutto il processo. Con l’aiuto degli ormoni, padre e figlia entrarono insieme nella pubertà.
Mentre la parabola raggiungeva il tempo presente Hilary iniziò una discussione sulla posizione ufficiale della gerarchia, o sulla mancanza di una posizione ufficiale, e sul fatto che si sente sostanzialmente a suo agio nella sua Chiesa e nella sua fede, giorno dopo giorno. “Sono una buona portavoce perché sono disarmantemente normale.”
Negli anni ha potuto osservare che i cattolici progressisti – quei cattolici che di solito sono ben disposti verso i diritti LGBT e che probabilmente riempivano la sala – spesso si sentono a disagio con il linguaggio maschile che la tradizione cattolica tende a usare per Dio: Egli, Padre, Signore.
Alcuni preferiscono rinunciare del tutto a quelle parole. Ma Hilary confessò che le parole antiquate non le hanno mai dato veramente fastidio. Le sue fossette accennarono un sorriso furbetto: “Credo sia perché so che un padre può anche essere una donna”.
La giornata fu piena di epifanie. Una donna dai capelli bianchi dichiarò che non avrebbe mai più chiesto, di fronte a un neonato, “È un maschio o una femmina?” – bisogna aspettare per saperlo.
Chi era già a conoscenza dei termini e delle categorie transgender stava cercando di capirci qualcosa dell’etichetta ‘genderqueer’ che piace sempre di più ai giovani: né un genere né l’altro, ma un po’ nel mezzo, o tutti e due, o nessuno dei due.
Una nonna al tavolo di suor Monica aveva sentito che alcuni usano il pronome neutro “esso” invece di “lui” o “lei” e annunciò che da ora in poi si sarebbe riferita a Dio in quel modo.
“La questione trans è per la comunità cattolica di oggi quello che era la questione lesbica e gay alla fine degli anni ’70” afferma suor Jeannine Gramick, una delle fondatrici di New Ways Ministry.
Nonostante i vescovi continuino a combattere la marea montante del matrimonio gay in tutti gli Stati Uniti, suor Jeannine crede che le simpatie dei cattolici laici stiano per la maggior parte dalla parte dei diritti di lesbiche e gay. Ora i sostenitori di New Ways Ministry vogliono saperne di più e hanno chiesto corsi sulla questione trans.
Per decenni suor Jeannine ha parlato coraggiosamente a favore della comunità queer ed è stata censurata con forza per questo; dove suor Monica è in agonia perché non sa se parlare o meno, suor Jeannine lo fa e basta e poi affronta ogni schiaffo che arriva dalla gerarchia. Dove suor Jeannine ha difeso, suor Monica ha interiorizzato.
C’è un passaggio nella costituzione della congregazione in cui suor Monica entrò adolescente con la quale si identifica in modo particolare: “Il nostro desiderio è di essere servitrici disponibili e ricettive, attente alla voce di Dio e ai bisogni del suo popolo, pronte a dare forma alle nostre stesse vite in risposta a quei bisogni”.
Dare forma alle nostre stesse vite. Forse è una cosa debilitante, al punto da trasformare una metafora in una malattia della mandibola.
Questo la mangia viva. “Io me ne sto zitta mentre le persone trans vengono uccise” dice stringendosi nelle spalle, come se portasse un peso invisibile. “Vengono assassinate e si suicidano, e io me ne sto zitta!”
Quando Monica è così scossa, il suo sguardo lampeggia, i suoi occhi si fanno determinati e decisi, finché si riempiono di lacrime. E allora viene in mente una frase di santa Caterina da Siena che trasforma la sua rabbia in cupa tristezza. Ecco che la recita: “Predica la verità come se tu avessi un milione di voci – è il silenzio che uccide il mondo”.
Testo originale: A nun’s secret ministry brings hope to the transgender community