Sono un padre fortunato dopo il coming out di mia figlia
Testimonianza di Richard James* pubblicata sul sito My Kid is Gay (Stati Uniti), liberamente tradotta da Chiara Benelli
Da quando ho ricordo di me stesso, ho sempre frequentato persone LGBTQ, e penso (anzi, spero) di non aver mai pensato a loro come “diversi” – l’ambiente in cui sono cresciuto era fortemente omofobo, e le persone LGBTQ, o vivevano nel più totale anonimato, o erano platealmente eccentriche: queste erano le uniche due opzioni accettabili o sicure.
Il primo amico gay che ho avuto era un compagno di liceo, completamente emarginato, fisicamente e sessualmente a rischio quotidiano perché la sua unica possibilità era andare in cerca di sesso occasionale con uomini di mezz’età non dichiarati, una prospettiva che poteva apparire tragica, ma lui scelse comunque di farsi coraggio.
Nei miei anni al college ho diviso la casa con coinquilini gay, avevo amici che convivevano con l’AIDS, altri che morivano di AIDS, e davo sostegno ai famigliari che facevano coming out. Quindi, con alle spalle esperienze del genere, potreste pensare che non mi abbia minimamente turbato il fatto che una sera, Lucy se ne sia scesa al piano di sotto e con tono distaccato ci abbia detto: “Penso che mi piacciano le ragazze”.
E sapete, penso proprio che sia così. Mi sta bene. In effetti, per quanto ne sappiamo, siamo stati proprio fortunati, perché per ora il percorso di accettazione dell’identità di orgogliosa adolescente queer non è stato affatto tortuoso per Lucy.
Mentre ironizziamo sul fatto che non c’è pericolo che rimanga incinta, penso che aver abbandonato la scuola anticipatamente le abbia paradossalmente reso la vita più facile, sotto aspetti concretamente verificabili: ad esempio, non deve competere nella sopravvalutata partita popolarità/ragazzi/moda a scuola, cosa, quest’ultima, che rende infelici molte sue coetanee, ma pur non rientrando negli “standard” comuni da questo punto di vista, può comunque contare su dei meravigliosi amici intimi tra le categorie top del liceo, dagli atleti alle “reginette di popolarità”, passando per i nerd del teatro e i fanatici superwholockian [1].
Devo ammetterlo, in termini di vita sociale sta facendo meglio di come facevo io alla sua età, e forse pure meglio di come faccio oggi; le sue amicizie sono più profonde e sincere di quanto non lo siano mai state le mie, forse anche perché, rifuggendo qualsiasi norma, a Lucy viene facile essere libera dagli artifici e dalla finzione nei rapporti.
Sono stato fortunato. I miei peggiori timori non si sono mai avverati: i suoi amici sono rimasti gli stessi che aveva anche prima di fare coming out. Non ha mai dovuto scontrarsi con il disorientamento e la sofferenza della perdita di un’amicizia per colpa della sua identità. Per quel che ne so, non ha mai subìto episodi di omofobia a scuola o nella vita, e sono certo che il suo distretto scolastico si prenderebbe molto a cuore eventuali episodi di questo genere. E naturalmente, in famiglia, tutti abbiamo un debole per lei.
Mi rattrista che ancora oggi i ragazzini queer non possano avere tutti lo stesso punto di partenza, e che quando parlo di queste esperienze mi tocca definirle ‘fortunate’, quando in realtà l’aggettivo giusto dovrebbe essere ‘indifferenti’, come bullismo e rifiuto siano considerati la norma e non invece atti spregevoli.
Tramite Lucy, conosco ragazzi i cui genitori li odiano perché amano i ragazzi o le ragazze, o perché vogliono identificarsi in un genere che i genitori non riescono ad accettare. Da bibliotecario, so di comunità e scuole piuttosto vicine dove la gente ammette apertamente che preferirebbe che i ragazzini omosessuali rimanessero nell’anonimato e che, dal punto di vista culturale e religioso, essere omofobi è un loro sacrosanto diritto.
Un sostenitore lo sarei stato in ogni caso, ma senza Lucy mi sarei limitato a firmare petizioni, a fare donazioni alla Human Rights Campaign (Campagna per i Diritti Umani), a dare appoggio agli amici più stretti. Ora voglio fare di più: quando vengo a sapere che alcuni suoi amici vengono rifiutati dalla famiglia, do loro aiuto; quando sento parlare dell’eventualità di inserire libri a tematiche LGBTQ nel catalogo della biblioteca, mi schiero a favore; se assisto a casi palesi di omofobia, spero di avere abbastanza coraggio da prendere posizione. Il coraggio di Lucy ha stimolato anche il mio, e spero di essere all’altezza di una tale sfida.
[1] Fan delle serie TV Supernatural, Doctor Who e Sherlock.
* Richard James è il padre di Lucy e il marito di Kirsten. Nato in Gran Bretagna, è venuto negli Stati Uniti nel 1992 per lavorare nel campo della pace e della giustizia a Washington, e non se n’è più andato. Oggi è bibliotecario in una biblioteca medica vicino a Philadelphia, il culmine di una vita di sfrenata passione per i libri.
Testo originale: A ‘Lucky’ Dad’s Coming Out Story