Un po’ di realismo è pericoloso? Uno sguardo retrospettivo sul Sinodo
Editoriale pubblicato sul quotidiano The Guardian (Gran Bretagna) il 21 ottobre 2014, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Un po’ di realismo è pericoloso, tanto per parafrasare uno dei più grandi poeti cattolici inglesi. Ora che si sono spenti i riflettori sul Sinodo straordinario dei vescovi cattolici di Roma, convocati per discutere sulla famiglia e rendere più aperto il processo decisionale della Chiesa, vedremo quanto un po’ di realismo si dimostrerà corrosivo nei confronti della dottrina cattolica romana sul sesso e la vita famigliare.
La dottrina possiede una sua perfezione astratta e formale che ovviamente funziona per chi trascorre la vita celibe. È meno attraente, e molto meno applicabile, per il resto della gente nel caotico mondo in cui ci ama con il corpo, oltre che con il cuore.
Tre cose, in particolare, devono cambiare. Derivano tutte da una particolare interpretazione della legge naturale, un’espressione della teologia morale cattolica che significa “La natura non funziona così”. La prima è la teoria secondo la quale il rapporto sessuale è un’autentica espressione d’amore solo quando non contempla nessun mezzo di contraccezione. Codificata nel 1968 nell’enciclica Humanae Vitae, la regola è stata del tutto rigettata dalle coppie cattoliche a cui era diretta. Poi c’è l’affermazione che l’omosessualità sarebbe un “oggettivo disordine morale”, dato che il desiderio omosessuale non è diretto alla procreazione né si basa sul ritmo procreativo naturale per evitarla. Infine, c’è l’articolo secondo il quale il matrimonio è unico ed è per la vita, di modo che tutto ciò che sta al di fuori è più o meno peccaminoso.
Negli ultimi cinquant’anni il linguaggio di condanna per queste tre cose si è gradualmente addolcito, dal disgusto e la condanna della “perversione” e del “vivere nel peccato” alle affermazioni apparentemente neutrali e oggettive di “disordine morale”. Papa Francesco ha aperto la porta a un linguaggio che è comunque molto più accogliente, un linguaggio che suggerirebbe che non c’è nulla di così terribile nei peccati sessuali, né di così moralmente significativo negli atti sessuali. Questo è lungi dalla pretesa che nulla su cui degli adulti consenzienti siano d’accordo possa essere moralmente sbagliato; nessuna Chiesa cristiana sarebbe d’accordo. Ma è forse molto distante dalla posizione dei cattolici tradizionalisti di oggi.
Papa Francesco merita tutto il nostro credito per aver convocato il Sinodo e per avere invitato alla fiducia reciproca nel disaccordo sincero. Questa è una nobile idea, tuttavia il Sinodo non ne è stato all’altezza. Ciò che lo rende così degno di nota è che per trent’anni e più nessuno è stato nominato vescovo senza passare uno scrutinio severissimo: ogni minimo dissenso pubblico sull’insegnamento ufficiale era sufficiente per schedare un prete. Quindi, tutti i vescovi hanno discusso delle questioni per le quali l’insegnamento ufficiale pretende di avere già tutte le risposte. Che abbiano votato in grande maggioranza a favore dell’edulcorazione dei toni pur avendo rigettato, in circostanze piuttosto confuse, la proposta di linguaggio accogliente nei confronti degli omosessuali e dei divorziati risposati, mostra quanto possa essere pericoloso un po’ di realismo per le ortodossie incartapecorite.
Il cardinale Vincent Nichols, capo della Chiesa in Inghilterra e Galles, ha affermato di non aver votato a favore del linguaggio tiepido sui gay perché riteneva fosse troppo poco e che anche una bozza precedente, che si riferiva ai doni speciali che essi possono dare alla Chiesa, non offriva, secondo lui, una accoglienza appropriata. Non avrebbe mai detto una cosa simile solo cinque anni fa, sotto il papa precedente. Ma questo non vuol dire che l’intero Vaticano abbia adottato la visione del mondo del Guardian. Come ha detto Francesco, il primo dovere di un papa è mantenere l’unità. Questo pone dei chiari paletti su fino a che punto può andare e probabilmente anche su fino a che punto vorrebbe andare. Anche se sognasse uno spostamento verso posizioni pienamente liberali, non potrebbe compierlo senza rischiare uno scisma, e sarebbe impolitico muoversi, seppur a strasciconi, in quella direzione senza fare delle fiere denunce degli errori liberali – come in effetti ha fatto.
Questa è la Chiesa cattolica. Il segnale più sicuro che le cose stanno cambiando sarà una cascata di annunci che diranno che niente è cambiato, che tutto può cambiare o che cambierà. Secondo questa visione, la dottrina può solamente essere sviluppata verso un’espressione più raffinata delle medesime verità eterne, anche se le sue interpretazioni diventano l’esatto opposto.
Ma, in qualunque maniera venga raffinata la formulazione ufficiale, la prassi sul campo, nelle parrocchie, ora deve cambiare. La vecchia, rigida e artificiosa unità è squagliata. In questo senso papa Francesco, e con lui i liberali, ha già vinto.
Testo originale: The Guardian view on Roman Catholic teaching on the family