Un quotidiano Avvenire contro l’omofobia, ma mica tanto
Riflessioni di Massimo Battaglio
Da qualche settimana, il quotidiano Avvenire ci sta abituando a infinite varianti sul tema “non siamo omofobi ma…“. Un giorno presentano la nota della presidenza della CEI con un taglio critico simile a quello di Vespa con Berlusconi; il giorno dopo compiono un’analisi più “plurale“. E nel loro “pluralismo”, intervistano Zan sottoponendolo a domande imbarazzanti. Danno voce a un paio di lettere dissenzienti dalle posizioni “ufficialmente ufficiali” dei vescovi ma contemporaneamente ospitano pareri di esperti ai limiti della maleducazione.
Ora: ogni giornale decide la sua linea editoriale e politica. E’ un principio sacrosanto. Lo diventa un po’ meno se lo scopo dichiarato è di raccogliere le voci provenienti da tutto il mondo cattolico favorendo il dialogo, mentre poi se ne amplifica qualcuna minimizzando le altre. Non lo è più per niente quando, mostrandosi aperti a un dialogo su una legge, si fa in realtà di tutto per affossarla.
Le ultime due voci riportate dal quotidiano Avvenire in merito alla legge Zan, sono quelle di Francesco D’Agostino, editorialista, e di Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale.
Col primo, non c’è confronto. Quando qualcuno comincia con: “Sono anch’io sostanzialmente d’accordo con chi ritiene che quanto previsto dalla cosiddetta legge contro l’omotransfobia […], non solo sia sostanzialmente inutile […] ma pericolosa”,
c’è poco da andare avanti. Ma lasciamoci prendere da un eccesso di pazienza. Accettiamo di proseguire la lettura fino al cuore del discorso:
“Coloro che sostengono la nuova proposta di legge […] vogliono affermare, per via legislativa, un principio antropologico molto complesso e controverso. Quello secondo il quale l’omosessualità, la transessualità, e forme di ‘parafilia’ quali il travestitismo e temi a questi connessi, come la rivendicazione dell’omogenitorialità debbano ottenere un riconoscimento non solo sociale, ma giuridico, come mere ‘varianti’ delle pulsioni sessuali”.
Omosessualità come parafilia? Ho letto bene? Basta così.
L’altro interlocutore del quotidiano dei vescovi è più raffinato. Mirabelli dice, in sostanza, che una legge ci vuole ma dev’essere diversa da quella in discussione. Così radicalmente diversa da comportare il ritiro del pdl Zan.
“Nel discutere di questi temi […] si devono evitare rivendicazioni ideologiche […]. Sarebbe davvero il momento di un confronto autentico e intellettualmente onesto, prendendo in seria considerazione le opinioni motivate di chi vuole impegnarsi a cercare soluzioni condivise e rispettose per tutti”.
Ma come si fa, tecnicamente, a intavolare un “confronto autentico” quando una proposta di legge è già depositata alla Camera? A suon di emendamenti che la snaturino? Rimandando a decreti che la rendano inutile? O ritirando il testo? Un presidente emerito della Corte Costituzionale non può far finta di non sapere che l’unica alternativa valida è l’ultima. E sinceramente, questo non è dialogo.
I detrattori di Zan hanno avuto a disposizione vent’anni per tradurre le loro idee in proposte di legge. Forse non erano interessati a farlo. Ma non possono cadere dal pero adesso, soprattutto quando, in Commissione Giustizia, hanno affogato ogni possibilità di dialogo in un mare di ingiurie.
Mi piace poi quel “rivendicazioni ideologiche“. Oggi va di moda accusare gli avversari di ideologismo. Come a dire: tutte le ideologie sono sbagliate; ci vuole pragmatismo e confronto. Detta così sembra una bella intenzione. Detta da un giornale cattolico, un po’ meno.
Ragioniamo: cos’è il pensiero cattolico se non la prima e la più intoccabile delle ideologie? Solo perché si basa su un messaggio trascendente, può ritenersi indenne da questa accusa? Per favore: ideologie a confronto è ok. Sostenere di essere gli unici esenti da ideologismo quando il proprio impianto ideologico si fonda niente niente che sul Vangelo, anche no.
Per il resto, soliti slogan: la libertà di espressione, il “folklore sguaiato di un gay pride” (questa non è dell’intervistato ma dell’intervistatore, Luciano Moia), l’ “autoritarismo”.
Mi colpisce la spudoratezza di chi continua col disco rotto della “libertà di espressione“, quando l’omofobia continua a mietere vittime quotidiane. Le quali vittime hanno vista compromessa non la loro libertà di opinione ma quella di non avere le ossa rotte.
Solo negli ultimi 12 mesi, si sono registrati 131 episodi di omofobia per un totale di 170 vittime. In 73 casi si è trattato di aggressioni fisiche, 3 sono stati omicidi, altri tre suicidi indotti.
I discorsi accademici dei giuristi del quotidiano Avvenire, di fronte a ciò, spariscono. E prima di sparire, assumono un sapore sinistro, tra l’acido della prova di forza, e l’amaro del disprezzo per la vita altrui.
Bene: la legge contro l’omofobia si farà senza il contributo costruttivo degli intellettuali cattolici. Rincresce. Ma fa lo stesso: un provvedimento contro l’odio, che sia appoggiato o meno dagli uomini di Chiesa, è sempre un provvedimento nella logica del Vangelo.
>PER APPROFONDIRE: OMOFOBIA.ORG – Cronache di Ordinaria Omofobia
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