Un viandante in ricerca. Inchiesta sulle realtà ecclesiali conciliari
Intervista di Lidia Borghi pubblicata sul mensile Tempi di fraternità del novembre 2013
Giacomo D’Alessandro è un giovanissimo studente universitario che sta affrontando il corso di studi in Scienze religiose presso l’Istituto superiore di Pavia. A Genova, la sua città natale, è responsabile, insieme ad un’amica, di un gruppo Scout attivo nel Centro storico e fra le tante sue attività spiccano quelle di musicista e scrittore.
Durante la primavera del 2013 ha discusso una tesi dal titolo “Realtà ecclesiali che innovano e prospettive di rete multimediale” che gli ha permesso di laurearsi in Comunicazione interculturale e multimediale; il testo analizza il variegato e complesso mondo religioso cattolico che si pone, oggi, in modo alternativo rispetto a quello del Vaticano, così come ci viene rappresentato dagli organi di stampa ufficiali. Tra un impegno e l’altro D’Alessandro volentieri ha accettato di essere da me intervistato
Chi è Giacomo D’Alessandro?
Credo sia prima di tutto un viandante, sotto questo sguardo infatti si raccolgono tutte le mie attività ma anche un certo stile di vita. Sono uno studente universitario appassionato di natura, cultura, musica e Vangelo.
La comunicazione è una via per imparare a condividere le cose significative che incontro e vivo, ma anche per sviluppare relazioni fruttuose e di contaminazione reciproca con gli altri e in ultimo per mettermi “a servizio” di chi – nel mondo di oggi – ha bisogno di comunicare.
Veniamo al tema della tua tesi: “Realtà ecclesiali che innovano e prospettive di rete multimediale”. Mai prima di allora un tema tanto attuale era stato affrontato, all’interno di una facoltà universitaria. Nell’introduzione al tuo elaborato hai parlato di un interrogativo e di una scommessa. Quali?
Osservando e vivendo la realtà che mi circondava mi sono detto: qui c’è un mondo ecclesiale ampio e vario che non trova spazio sui “media cattolici ufficiali”, specie le realtà più innovatrici, aperte e conciliari.
È possibile disegnarne una sorta di mappa conoscitiva? E a partire da questo, sarà possibile immaginare uno strumento di comunicazione web capace di metterle in rete, di farle emergere e di dare spazio ai loro contenuti innovativi, favorendo nel Paese un rinnovamento generale della Chiesa?
Perché gli esiti del Concilio Ecumenico Vaticano II sono stati in gran parte disattesi, stando alle tue ricerche?
Ci sono alcuni punti chiave per quella che Hans Küng definisce “la sopravvivenza della Chiesa nel terzo millennio”, punti come il ruolo dei laici e la collegialità ecclesiale che il Concilio è stato fenomenale a riscoprire e promuovere, in rottura pastorale con l’ecclesiologia tridentina (a chi nega questa rottura basti rileggere la attuali posizioni dei Lefebvriani).
Il problema è che lo sviluppo anche pratico e territoriale di questi punti si è ben presto arenato, lo si vede girando oggi per parrocchie e realtà ecclesiali: abbiamo perso le generazioni dei trentenni e dei ventenni, che non si sono mai sentite coinvolte nei processi decisionali e libere di “fare” con creatività e autonomia, in una Chiesa istituzione sempre meno credibile la cui classe dirigente è progressivamente scesa di qualità.
Non si è voluto affrontare un trend anche sociologico per cui sparisce il clero e sparisce la fede “culturale” maggioritaria. Solo se i laici avranno voglia (da parte loro) e spazio (da parte delle gerarchie) di impegnarsi e riappropriarsi delle comunità, delle celebrazioni, della Parola, della pastorale e solo se potranno farlo sentendosi in un’assemblea che decide insieme, c’è speranza di una Chiesa più simile alle prime comunità cristiane. Perché ricordiamoci sempre che l’intento riformista autentico aumenta la fedeltà della Chiesa al Vangelo, non la diminuisce.
Realtà ecclesiali conciliari. Che cosa sono e perché sono importanti?
Dopo molte incertezze ho deciso di definirle come tutte quelle realtà cristiane (gruppi, associazioni, comunità religiose e laiche, singole parrocchie o personalità) che esplicitamente o “di fatto” sviluppano uno o più caratteri innovativi del Concilio Vaticano II.
Una parte di queste realtà deriva direttamente dal periodo post-conciliare, altre sono più recenti e non per forza si rifanno esplicitamente alla volontà di sviluppare il Concilio, ma nei fatti portano avanti questa innovazione che è innovazione soprattutto pastorale per tutta la Chiesa.
Quindi non è un insieme facile da definire, ma è questo il punto: se riusciamo a creare una mappa sempre più ricca e fruibile di questo mondo frammentato e variopinto, possiamo offrire a 50 anni dal Concilio un forte contributo di conoscenza, esperienza e dibattito perché la Chiesa tutta possa rilanciare il proprio rinnovamento.
Chiesa cattolica e comunicazione. Da qualche parte il meccanismo si inceppa. Dove, di preciso?
Nel clericalismo presente in gran parte dei media cattolici ufficiali, nazionali e locali, per cui viene dato spazio e voce soltanto alla parte di Chiesa in linea con gli orientamenti dominanti. Nella tesi ho fatto alcuni esempi: l’Osservatore Romano che stronca la lettera aperta ai Vescovi di Hans Kung senza aver pubblicato la lettera stessa. L’Avvenire che censura l’ultima intervista di Martini sui “200 anni di ritardo della Chiesa”.
Il Cittadino (diocesano di Genova) che pubblica le stroncature di Bertone e Bagnasco alla lettera aperta di Farinella, senza pubblicare la lettera stessa. Si vuole evitare il dibattito ma come ha finalmente ricordato Bergoglio una unità che non è fatta di pluralismi è una unità falsa. E in ogni caso meglio una Chiesa che sbaglia di una Chiesa immobile e stanca.
Dalla tua dettagliata analisi della realtà dei gruppi ecclesiali per così dire alternativi rispetto alla politica d’Oltretevere emerge un quadro desolante, se si pensa alla presenza di quelli sul web. Puoi spiegare meglio?
I limiti principali sono due: molte delle realtà conciliari “storiche” (tante comunità di base, tante riviste, tanti gruppi) stanno fisiologicamente morendo e non è che abbiano fatto granché a mio parere per suscitare un dialogo e una trasmissione con le giovani generazioni; l’altro problema, legato a questa età media avanzata delle persone, è la mancanza di competenze nell’uso della comunicazione web.
Il panorama è costellato perlopiù di siti e canali insufficienti da molti punti di vista: vecchi, non aggiornati, poco accessibili graficamente, che non sfruttano la multimedialità (video, foto, audio), che non sfruttano i social network… Non è da farne una colpa a nessuno, anzi, proprio perché ho visto come a molti manchi la competenza, l’energia e il tempo necessario, ho proposto di ragionare su come rinnovare e implementare a livello nazionale questa comunicazione preziosa.
Fare rete online con tutte le potenzialità dei nuovi media può servire a far conoscere queste realtà, mettere in circolo i loro materiali e dare visibilità a un dibattito ecclesiale plurale che è ancora vivo e più che mai attuale.
Durante i tuoi tanti viaggi alla ricerca dei gruppi e delle associazioni ecclesiali italiane sorte con lo scopo di mostrare ai vertici vaticani che una Chiesa aperta all’innovazione è possibile, ti sei imbattuto nel fenomeno dei gruppi di persone LGBT credenti che, da qualche anno a questa parte, hanno un valido punto di riferimento nel portale del Progetto Gionata su fede e omosessualità. Che idea te ne sei fatto? Anch’essi fanno parte di quell’insieme di innovazione ecclesiale?
Il Progetto Gionata con tutti i gruppi territoriali esistenti è uno dei segmenti ecclesiali che ho indicato come “buoni esempi da seguire”. Sviluppa una tematica assolutamente innovativa, con una concreta ripercussione sulla pastorale della Chiesa, il tutto stimolato dal basso come è possibile, lecito e doveroso a partire dall’idea di Chiesa del Concilio.
Il portale è uno dei risultati migliori dal punto di vista della comunicazione che io abbia trovato nella mia indagine. Forse proprio perché, prima ancora delle grandi disquisizioni – su cui a volte molte realtà si sono rese autoreferenziali – la necessità dei gruppi LGBT è condividere storie, esperienze di vita, di sofferenza ma anche di rinascita e di speranza.
Per riprendere il titolo di uno dei capitoli finali del tuo elaborato di laurea, qualche idea incoraggiante per il domani?
La Chiesa, ovvero l’assemblea di chi crede in Gesù Cristo, è piena di potenzialità e di esperienze positive. Ho incontrato persone di ogni tipo in tante città d’Italia, nelle campagne, sui monti, persone che spendono la vita a servizio di idee forti, concrete, dove si tocca con mano l’autenticità del Vangelo e della “speranza contro ogni speranza”. Per me ventiduenne è la testimonianza viva e innegabile che fare comunità, creare fiducia e provare a vivere come Gesù non solo è possibile, ma è davvero sale della vita e della terra.
Mi spinge a provarci, in un tempo storico in cui sembra non abbia più senso, non da alienato ma nel mondo e nelle forme che riterrò giuste per vivere con i miei amici, credenti e non credenti.
Con tanto senso critico, perché ce n’è di cenere clericale da togliere dalle braci originarie. Ma per edificare, non per demolire. L’unica cosa che non avrà mai fine – diceva Paolo, un altro viandante – è l’amore.