Una benedizione cattolica per le coppie omosessuali. Sei tesi teologiche e uno sguardo in avanti
Estratto dal testo di Georg Trettin* contenuto nel saggio cattolico “Mit dem Segen der Kirche? Gleichgeschlechtliche Partnerschaft im Fokus der Pastoral” (Con la benedizione della Chiesa? Le unioni omosessuali nell’ottica della pastorale), a cura di Stephan Loos – Michael Reitemeyer – Georg Trettin, editore Herder (Germania), 2019, pp.140-157, liberamente tradotto da Antonio De Caro
Quando due persone stringono un legame per la vita, questo nasce da una decisione reciproca, libera e manifesta. Se si tratta di un uomo e una donna, la chiesa cattolica riconosce nella loro unione l’attuazione del piano di Dio per la sua creazione e un segno che produce salvezza, un sacramento. Ma se si tratta di due persone dello stesso sesso, la chiesa cattolica non vede nella loro unione un sacramento: non è previsto dall’ordine della creazione. Che cosa è allora?
Una relazione di ordine inferiore, un’espressione del male? O qualcosa che non è possibile, che non esiste? Certamente, viene interpretato come una persistente violazione della morale sessuale.
Di qualsiasi cosa si tratti, il legame è valido davanti a Dio, poiché tutto ciò che viene subito o compiuto dalle persone ha valore davanti a Dio. Quindi vale anche quello che accade quando due esseri umani si sono consegnati l’uno all’altro per assistersi a vicenda. In questo caso, Dio si rallegra e spera con loro, perché Dio è amore e ci libera per l’amore. Pertanto:
Tesi 1: il legame per la vita, anche fra due persone dello stesso sesso, vale davanti a Dio anche senza la benedizione della Chiesa.
Nel matrimonio tradizionale i ministri sono gli sposi stessi, che attraverso il loro consenso si donano a vicenda il sacramento. Nel caso delle unioni omosessuali, la promessa non può avvenire come sacramento; ma avviene nella coscienza dei partner, e quindi va rispettata. Se una benedizione da parte della Chiesa non è possibile, essa non è nemmeno necessaria. Che cosa serve, allora, in più? Se la coppia percepisce, in coscienza, la propria unione come un matrimonio, la Chiesa non ha il potere di cancellare questa fede.
In effetti, per molte coppie questa benedizione sarebbe importante: per celebrare la loro unione, per condividere la gioia con familiari ed amici, per ringraziare Dio e per percepire il suo assenso. Certamente, i partner possono chiedere direttamente a Dio la sua benedizione. Ma un gesto evidente e pubblico, renderebbe ancora più concreta la benedizione. Sarebbe un gesto autorevole, in linea con lo spirito del Benedizionale.
Nel caso di un rifiuto, però, la validità del vincolo non viene messa in discussione, poiché essa ha significato davanti a Dio e non davanti agli uomini. Non viene meno la presenza di Dio. Tuttavia, una benedizione sarebbe un segno rilevante: di riconoscimento, assenso, forza, empatia e sostegno. La trasmissione visibile dell’amore e dell’attenzione di Dio.
Arriva una coppia e prega la Chiesa di benedirla; più esattamente: prega un assistente spirituale di pregare Dio affinché Egli sostenga la coppia, rafforzi il bene di questa relazione, la fedeltà, il rispetto, l’attenzione l’uno per l’altro per il loro cammino futuro. È un cammino di alleanza, e la benedizione porterebbe forza e consolazione.
Negare la benedizione sarebbe umanamente gentile e spiritualmente saggio?
Tesi 2: le obiezioni per una benedizione delle coppie omosessuali sono troppo deboli perché la Chiesa ne tenga conto.
Il Magistero, alla ricerca di una purità fuori dl tempo, non riese ad ascoltare le donne e gli uomini reali, che dovrebbero essere il luogo dell’incontro con Dio. L’evoluzione dei rapporti umani ha prodotto nuove forme di vita sociale. Possiamo immaginare una creazione divina che vede l’uomo come bisognoso di un aiuto (Gn 2,18) e nello stesso tempo nega, perpetuamente ed irrevocabilmente, questo aiuto alle persone concrete, nella loro realtà personale e storica?
Non sarebbe coerente con l’amore di Dio non accogliere due esseri umani che si prendono cura uno dell’altro, che intendono la loro vita come esercizio di amore che cresce. E l’amore significa non solo desiderio, ma anche amicizia; non sfruttamento egoistico, ma rispetto e assistenza; non strumentalizzazione, ma dedizione. La sessualità qui diviene espressione di accoglienza reciproca.
Chedere la benedizione di Dio è un segno di fedeltà alla creazione e alla relazione con Dio, poiché la benedizione dovrebbe rafforzare l’affetto e la capacità di portare i pesi gli uni degli altri; la benedizione esprime nostalgia per una riconciliazione, anche con la Chiesa che ha sempre ostacolato le relazioni omosessuali, e lode per Dio che ama e sostiene la nostra libertà (p. 144).
Che Dio sarebbe, se la Chiesa non fosse libera di pregarlo di benedire due persone, perché rafforzi il loro amore e l’intenzione di essere un aiuto una per l’altra? Negare la benedizione di Dio equivale a negare la misericordia del Dio-con-noi, del Dio di Gesù (pp. 145-146). La chiesa cattolica ha davvero bisogno di questo?
Tesi 3: noi benediciamo le coppie omosessuali quando e poiché ci pregano di farlo.
Una Chiesa pronta a pregare Dio perché aiuti una coppia omosessuale e rafforzi il bene che vive in quella relazione, questa Chiesa porta già nel suo cuore la benedizione sperata. Potrebbe e dovrebbe soltanto darle espressione. Sorprende che una coppia omosessuale chieda la benedizione in senso alla chiesa cattolica romana. Essa nella storia ha sempre svalutato, emarginato, negato e perseguitato l’amore omosessuale. Questa storia non è ancora del tutto trascorsa, non è stata superata né raccontata a fondo. Le ferite sono numerose, profonde ed attuali.
Molte persone LGBT per questo hanno abbandonato la chiesa cattolica romana. Se quindi alcune persone omosessuali la ritengono ancora degna e capace di pregare Dio per una benedizione, la chiesa cattolica dovrebbe solo esserne sinceramente grata e cercare una riconciliazione, consapevole della propria colpa e della misericordia di Dio.
Offrire alle coppie omosessuali la possibilità di una benedizione sarebbe un grande segno di conversione da parte della chiesa cattolica per l’ingiustizia commessa. E aiuterebbe a risanare sia la chiesa cattolica sia le persone omosessuali.
Tesi 4: la Chiesa mostra, per mezzo della benedizione, pentimento e conversione.
Questo nuovo atteggiamento pastorale dovrebbe valere per tutti gli emarginati e gli esclusi. La ricerca della pecora perduta e il cammino verso le altre cambia tutti: cambia le altre pecore, cambia anche il pastore, gli dà un’altra prospettiva e un’altra sensibilità. Quindi:
Tesi 5: Una Chiesa aperta anche a lesbiche, omosessuali, transessuali ed intersessuali è una chiesa più vicina al Vangelo.
Diventa cioè una Chiesa capace di incontrare e fare incontrare il Risorto: la creazione e il lieto annuncio crescono nell’aiuto reciproco, nella solidarietà, nell’identificazione con le minoranze. In tal senso, la benedizione per le coppie omosessuali si converte in una benedizione per la Chiesa.
La paura ancora esistente del contatto con il tema LGBT può diminuire per mezzo del contatto e del dialogo con queste persone e con le loro esperienze reali. Il pastore deve infatti “andare alla ricerca” della pecora perduta e caricarla sulle spalle.
Tesi 6: la benedizione delle coppie omosessuali sarà accompagnata, ancora per un po’ di tempo, dall’emarginazione.
È viva nella Chiesa la preoccupazione che la ritualità della benedizione non venga confusa con quella del sacramento del matrimonio. Questa preoccupazione nasconde in realtà la paura di perdere potere, ed è la risposta a domande che non vengono poste più dalla società. Per l’uomo di oggi sono importanti i valori della vita e della relazione. Se la chiesa cattolica romana, per le pressioni dei gruppi conservatori, resiste alla misericordia e all’accoglienza, rimane in una posizione di emarginazione ed incoerenza.
“Quanto è importante per la Chiesa la posizione -precaria in molti paesi- di lesbiche e omosessuali? Quando le preoccupazioni e le richieste delle persone LGBT diverranno le preoccupazioni e le richieste della nostra Chiesa?” (p. 150).
Certo, per la chiesa cattolica le unioni omosessuali non possono essere equiparate al matrimonio. Ma Amoris Laetitia 123-125 stabilisce che l’essenza del legame coniugale è di natura etica e riguarda la disponibilità a fare un progetto di vita insieme. Il dono reciproco, anche delle persone omosessuali, concorda con i valori del Vangelo, e va quindi considerato un riflesso della presenza di Dio nella vita umana e un segno di sviluppo e rinnovamento della creazione.
In forza di questo sarebbe plausibile pensare alla benedizione: senza imporla a nessuno, senza escludere nessuno. Un’occasione di gioia, riconoscenza e speranza. Un modo per restituire alle coppie la loro dignità. Un’esperienza di fede. La Chiesa potrebbe benedire un’unione già avvenuta in sede civile, senza che il matrimonio venga celebrato sacramentalmente (pp. 152-153).
La benedizione comunica la compagnia di Dio; nello stesso tempo, la coppia esprime il suo desiderio di essere riconosciuta e confermata nella Chiesa, casa della fede propria e comune. Da parte della Chiesa, la benedizione sarebbe un gesto di rispetto, accoglienza e fraternità per il legame d’amore e di vita fra due persone.
* Georg Trettin, nato nel 1956, è teologo cattolico e correttore di bozze. Prima ha collaborato, poi si è sposato. E’ uno dei curatori del saggio “Mit dem Segen der Kirche? Gleichgeschlechtliche Partnerschaft im Fokus der Pastoral” (2019).
Testo originale: Segen für gleichgeschlechtliche Paare. Sechs Thesen und ein Ausblick