Una chiacchierata con don Carrega sull’incontro dei cristiani LGBT+ col Papa e sui vescovi belgi
Dialogo di Massimo Battaglio con don Gianluca Carrega, responsabile della pastorale con le persone omosessuali della diocesi di Torino
Tutti parlano dell’incontro dei centodieci rappresentanti de La Tenda di Gionata con papa Francesco, e del documento dei vescovi belgi a favore delle persone lgbt+. Sul secondo argomento, i più si concentrano sul tema delle benedizioni (forse fa colore, forse fa like più di un discorso più profondo). Sul primo, molti riportano le parole dette al papa da don Gianluca Carrega, il sacerdote torinese incaricato per la pastorale con le persone omosessuali della sua diocesi.
Abbiamo quindi fatto una chiacchierata con lui, per chiedergli le sue impressioni personali e ragionare con lui su quali possano essere le prospettive per il futuro.
Allora, caro don Carrega: le persone lgbt+ credenti hanno scelto te come portavoce dal Papa. Com’è andata?
In realtà è stato un incontro fugace. Eravamo veramente in tanti. Segretamente, ci aspettavamo qualcosa di più. Invece mi sono allenato a dire quella frase in dodici secondi e a raccogliere il suo sorriso, che però era sincero.
Vogliamo ripetere cosa gli hai detto?
E’ giusto quello che scrivono i giornali. Gli ho detto: “Santità, lei ha due mani. Con una ci indichi il cammino e con l’altra ci protegga, perché c’è ancora pregiudizio nella Chiesa”. Lui ha annuito e ha sorriso. Tutto lì.
Penso di aver interpretato il pensiero di tutti: da una parte la gratitudine per un pastore che cerca davvero di costruire una Chiesa in cui ci sia posto per tutti; dall’altra la necessità di un impegno sempre più forte e chiaro. Perché è vero che, nella Chiesa, si coltivano ancora pregiudizi.
Pensi che questo incontro fugace avrà conseguenze?
Può smuovere il dibattito e lo sta facendo. Basta vedere gli articoli su L’Avvenire, su La Stampa (testate che non hanno certo mai sposato fino in fondo le nostre istanze). Qualcuno poi mi ha cercato in privato. Vedremo cosa succederà nei prossimi giorni.
In ogni caso, anche per chi ha partecipato all’incontro, è stato un momento forte, in cui confrontare la ricchezza delle nostre diversità e portarle a sintesi. Sono cose che danno coraggio, sia ai nostri gruppi che al movimento lgbt+ stesso.
Contemporaneamente al vostro incontro romano, arrivava la notizia del documento dei vescovi belgi in cui si apre alle coppie omosessuali e al loro riconoscimento anche attraverso una benedizione. Vogliamo parlarne?
La contemporaneità tra le due cose non ci ha aiutati. L’una ha un po’ oscurato l’altra. Alcuni si sono concentrati sull’incontro, altri sul documento. E qualcuno non ha gradito. In Vaticano, si è scelta la linea del silenzio. In realtà, si tratta di una coincidenza del tutto casuale. I vescovi fiamminghi stavano lavorando a quel documento da almeno un anno; noi ci stavamo muovendo da un bel po’ per organizzare l’incontro di Roma. Nessun complotto, anzi, nessun contatto.
C’è quacosa di buono: chi pensava di poter ignorare completamente le parole dei presuli del nordeuropa, si è trovato, nelle stesse ore, di fronte a un massiccio gruppo di persone a cui quel testo era rivolto. Staremo a vedere.
In realtà, il documento fiammingo non costituisce una rottura con la dottrina ma casomai un suo completamento. Che ne dice don Carrega?
Faccio mie le osservazioni di padre Pino Piva, il quale nota che il linguaggio del documento era molto sobrio ed evitava il confitto. Il ragionamento era incardinato giustamente sui contenuti di Amoris Laetitia, che è in effetti un grimaldello per passare da una Chiesa “dell’onore” a una Chiesa “della dignità”.
La difesa della dignità di ogni persona è effettivamente la cifra principale del pontificato di Francesco: tutti gli uomini, in quanto figli di Dio, hanno pari dignità. Le loro storie, le loro situazioni vanno quindi guardate una per una, discernendo, differenziando, cogliendo il buono di ciascuna.
Questo fa cadere in desuetudine anche tante prescrizioni vecchie, valide per tutti e quindi per nessuno, o fondate su basi ormai fragilissime. Qualcuno non lo ha ancora capito ma i più sì. E i vescovi belgi si muovono in questo solco.
Qualcuno sta dicendo che, con queste novità, i gruppi lgbt+, adesso, si sentono gratificati, hanno ottenuto il loro scopo e spariranno, lasciando il “lavoro sporco” ad altri.
Io non lo penso proprio. Anzi: le novità di questa settimana ci danno coraggio per affrontare con maggior forza i problemi di tutti. Come gruppi lgbt+, credenti o laici che siamo, abbiamo obiettivi comuni e ora ci sentiamo ancora più pronti a combattere, insieme a tutti, le battaglie di tutti.
D’altra parte, se anche il Papa e molte realtà ecclesiali sostengono la nostra causa, non ci sono più scuse per chi ci osteggia, no?
Certo. E noi credenti abbiamo proprio il compito di testimoniarlo.
E don Carrega, grazie a Dio, sempre al nostro fianco.
Già.