Una donna queer intervista sua madre
Testimonianza di Audrey Benedetto* pubblicata sul sito My Kid is Gay (Stati Uniti), liberamente tradotta da Federica Ottaviano
Mia mamma è da sempre fonte di grande supporto per me. La prima volta che le ho confessato di avere una cotta per una ragazza, quasi sei anni e mezzo fa (wow!), non ero certa delle della piega che avrebbe preso il nostro rapporto. Fino a quel momento siamo state molto vicine, ma saremmo riuscite a rimanerlo anche dopo un così grande cambiamento?
Non solo ci siamo riuscite, ma il mio coming out ci ha permesso di avvicinarci ancora di più, e ad imparare l’una dall’altra. Non è stato sempre facile, ma mia mamma ha sempre fatto del suo meglio per ascoltare ciò che avevo da dirle. Mi ha rispettata, fidandosi dei miei istinti circa la mia sessualità, e mi ha sempre fatto molte domande, in modo da poter capire realmente che cosa stessi provando.
Sono stata davvero molto fortunata ad avere questa donna meravigliosa al mio fianco in questo lungo viaggio. Le ho fatto alcune domande sull’esperienza del mio coming out, e su come l’esplorazione della mia sessualità abbia inciso sul nostro rapporto. Spero che le sue risposte possano suonare famigliari ai genitori di figli LGBT, e magari possano essere fonte di consiglio ed ispirazione per loro.
Sei stata una delle prime persone che ho chiamato dopo aver realizzato di non essere etero. Cosa ricordi di quell’esperienza? Cosa stava accadendo dentro la tua testa in quel momento?
Stavano succedendo un sacco di cose, allora. Stavo cercando di metabolizzare l’idea che tu fossi andata all’università. Eri sola, il primo semestre. Ciò mi rendeva molto triste, ma non c’era praticamente niente che potessi fare. Non avevi nemmeno una compagna di stanza, cosa che mi dispiaceva pure.
Non ricordo di aver avuto chissà quale reazione, quando abbiamo parlato al telefono. Il tuo coming out non era certo qualcosa che mi sarei aspettata, ma, di nuovo, non posso dire che abbiamo avuto conversazioni profonde sull’argomento prima di allora, quindi anche se avessi avuto dei dubbi sulla tua sessualità al liceo, non potevo saperlo. Sentivo però che volevo sapere di più di ciò che stavi passando.
Mi fidavo di ciò che stavi facendo, e di ciò che sentivi. Penso che avessimo molto rispetto l’una per l’altra, nella nostra famiglia.
In realtà non ricordo molto neanche io di quella telefonata. Penso che sia un buon segno, il fatto che non sia stata un evento memorabile. Hai detto che non era ciò che ti aspettavi, potresti spiegarti meglio? A cosa pensi sia dovuto?
Sono certa, nel tentativo di digerire la situazione, di aver pensato “Spero che sia solo una fase”. Voglio che tu abbia un felice avvenire, e la vita migliore che tu possa desiderare. Se “sperare che sia una fase” è una reazione naturale, riflette anche la mia mancata conoscenza della profondità del gender e della sessualità.
Cosa sai ora che avresti voluto sapere all’epoca? C’è qualcosa che senti che avresti voluto fare in modo diverso?
Non credo che avrei fatto qualcosa di diverso. Sicuramente avrei voluto avere una visione più ampia dell’argomento LGBT. La mia conoscenza di base era gay e non gay, etero e lesbica. Tu mi hai aiutata ad essere consapevole di molte altre possibilità per ciò che riguarda il gender e la sessualità.
Questo è fantastico! Parliamo di ciò che sei stata capace di fare bene (come per esempio, essere incline all’ascolto, non giudicare, ecc.). Perché pensi di aver saputo ascoltarmi e accettare la mia sessualità, mentre altri non ne sono capaci?
Tesoro… è perché sono FANTASTICA! Beh, è difficile capire il perché. Io sono così. Penso di sentirmi sicura nella mia vita. So di essere amata e accettata (grazie a papà per questo). Ciò mi rende facile amare e accettare a mia volta. Pure la fede ha molto a che fare con ciò che sento. A parte questo, so bene che essere insicuri e di vedute ristrette può essere estremamente dannoso per se stessi e per gli altri. Perché dovrei voler causare dolore? Facendolo, arrecherei moltissimo dolore anche nella mia vita.
La tua educazione cattolica e la tua fede contrastano con i tuoi sentimenti verso la comunità LGBT? O credi che, almeno personalmente, tu possa trovare un punto d’incontro tra le due?
La mia tolleranza deriva proprio dalla mia educazione. Credo di aver sempre abbracciato la “regola d’oro” della filosofia cristiana (tratta gli altri come vorresti fossi trattato tu).
Non è forse ironico? I cristiani sono spesso coloro che denunciano l’omosessualità come peccato. Ma l’amore è amore. Cristo mi ha insegnato ad amare gli altri. Rispettare gli altri e non giudicare è una forma di amore. Attribuisco molta della mia serenità e comprensione dei problemi legati al gender e alla sessualità a te e alle tue sorelle.
Abbiamo parlato dell’aver attraversato entrambe un periodo di sofferenza quanto ho fatto coming out, puoi spiegarti meglio?
Credo che la maggior parte dei genitori sperano che i loro figli seguiranno i loro stessi passi. Io e papà non abbiamo propriamente stravolto le nostre vite. Abbiamo vissuto quella che si definisce una vita tradizionale. Credo che definire quello un periodo di “sofferenza” sia troppo, ma sicuramente ho dovuto cambiare modo di pensare rispetto al futuro che avevo immaginato per te. (Entrambi l’abbiamo fatto!).
Il dolore implica una perdita, senza avere la possibilità di tornare indietro. Prendiamo il poema “Welcome to Holland”. Questa non è la vita che avevo pensato per te, ma ciò non vuol dire che non sarà comunque una bella vita. Lo dico con piena consapevolezza e sicurezza.
Inoltre, quando dico che questa non è la vita che ho pensato per te, in realtà dico pure che questo non è il posto che avevo pensato per la tua vita. Ti ho dato un’infanzia, una storia, un punto di partenza, da cui puoi prendere la strada per diventare la persona che vuoi essere.
Quando hai fatto coming out, la nostra famiglia stava già attraverso un periodo di cambiamento a causa della malattia di tuo padre (sclerosi multipla). Suppongo che la possibilità di un futuro inaspettato fosse già messa in conto. Volevo soltanto che avessi un futuro felice e alla tua portata. Volevo che avessi la possibilità di avere figli, se questo era ciò che avresti voluto.
Voglio ancora queste cose per te. Da madre, conosco le gioie che la maternità porta con sé, e sono dunque genuinamente preoccupata per qualsiasi cosa potrebbe interferire con i tuoi desideri di diventare una madre.
Avere dei figli quando non si ha una relazione eterosessuale, secondo la mia opinione, comporterebbe una serie di problemi emotivi e finanziari che io e tuo padre non abbiamo affrontato. Come rimarrai incinta? Ricorrerai a un donatore? Sarà uno che conosci, o uno sconosciuto? Opterai per la fecondazione in vitro? Farai tutto questo da sola, o avrai una compagna?
A tutto questo penso anch’io molto spesso, ma ricordo sempre a me stessa che avere un bambino comporta sempre delle grandi sfide, sia se siamo etero, sia che siamo omosessuali. Sei preoccupata per altre cose che dovrò affrontare essendo queer?
Inizialmente ero preoccupata che la nostra famiglia potesse trattarti in maniera diversa. Questo poi non si è rivelato un problema. Tra i nostri parenti ci sono altre tre donne che si identificano come lesbiche. Credo che questo possa sicuramente essere d’aiuto. I miei fratelli, e gli adulti della mia generazione, si supportano a vicenda, e tra cugini succede lo stesso. Sappiamo di poter contare l’uno sull’altro. Sappiamo di poter parlare tra noi, se pensiamo di averne il bisogno.
Il modo in cui io mi identifico è cambiato molto nel corso degli anni, da lesbica a pansessuale, e oltre. Con cosa ti sei trovata ad aver a che fare in seguito a tutti questi cambiamenti e, di conseguenza, a tutta questa terminologia?
In primo luogo, e soprattutto, non sarei stata capace di accettare tutto questo se non avessimo avuto la possibilità di comunicare. Tu sei incline ad ascoltare le mie domande e a rispondere con grande comprensione. Ricordo un paio di volte in cui hai avuto difficoltà a rispondere alle mie domande, perché stavi ancora tentando di capire te stessa. Non ho mai pensato che ti stessi difendendo da me. È sempre stata per me una conversazione molto serena.
Com’è cambiata la tua percezione della comunità LGBT da quando ho fatto coming out?
Mi sento molto tollerante e di larghe vedute. Crescendo, non ho mai conosciuto bene persone omosessuale, non era vicina a nessuna di loro. Quindi la mia tolleranza era più idealizzata che comprovata.
Ammetto di aver pensato a un “loro e noi” nel passato, ma credo che sia più una questione generazionale. “Loro” erano diversi. Non capivo davvero perché e come un uomo potesse amare un altro uomo, e una donna un’altra donna.
Credo che questa sia la natura umana. Non possiamo davvero capire le cose a fino a che non ci mettiamo nella posizione di comprenderle (le persone che sono diverse da noi). Non avevo comunque la possibilità di pensarci troppo, perché non avevo persone queer attorno a me.
A dire il vero, penso che alcune persone si impuntino troppo sui problemi relativi al sesso, piuttosto che all’amore. Conosco membri della nostra famiglia, ed anche altri, che provano “disgusto” per il sesso omosessuale. Se questo è un muro nella relazione genitore-figlio, dev’essere individuato e abbattuto.
Proprio come nelle relazioni eterosessuali, il sesso è solo una delle componenti di una relazione sentimentale. Il sesso tra due persone non è affare di nessuno, se non della coppia in questione. Un figlio non vuole sapere della relazione sessuale dei genitori. Prendi l’idea della relazione sessuale di tuo figlio, e buttala fuori dai tuoi pensieri. Focalizzati piuttosto sul benessere generale di tuo figlio.
Onestamente non sono certa di come la prenderò se e quando ti innamorerai di una donna, la porterai a casa e diventerà parte della nostra famiglia. E allo stesso modo non so come la prenderò quando tua sorella porterà a casa un ragazzo perché diventi parte della famiglia.
Il concetto rimane comunque un po’ strano per me, l’aprire il mio cuore a qualcuno che ami. Se quella persona sarà grande “abbastanza” per me perché mi possa fidare di lei. Non è una questione di gender, ma di essere una madre.
Come riesci a gestire la situazione in cui qualcuno (un tuo amico o qualcun altro che non conosco) pensa che io sia etero?
La maggior parte delle volte chiedono se hai una relazione. Se non ti conoscono bene, dico semplicemente di no. In realtà, anche a chi già sa che non sei etero, dico semplicemente di no. Anche se chiedono se per caso hai conosciuto un bel ragazzo, non sento il bisogno di scendere nei dettagli. Quando troverai qualcuno di speciale, non avrò nessun problema a condividere la notizia.
È giusto che tu abbia la tua privacy. Se mi trovo davanti una persona che vuole informarsi sulla tua situazione sentimentale per curiosità, piuttosto che per un sincero desiderio di informarsi sul tuo benessere, virerò la conversazione su un altro argomento. Non mi piace che si entri nel personale.
D’altra parte, se un amico si interessa davvero a te e ti sostiene, sarò contenta di parlarne con lui o lei. Ho parlato a molte persone di te e del tuo coming out quando eri al college, nel corso di una normale conversazione. Se c’è un genuino e rispettoso interesse nel proseguire la conversazione, lo farò.
Che consiglio daresti a genitori di ragazzi che fanno coming out, o stanno lottando per accettare l’identità dei loro figli?
Il mio consiglio non aiuterà nessuno di loro se prima non avranno una mente aperta e una buona disposizione d’animo. Noi non possediamo i nostri figli. Anzi, sono i nostri figli che devono prendere la loro strada. Devono fare le loro scelte, molte delle quali noi non avremmo scelto per noi stessi.
Forse noi genitori abbiamo bisogno di tornare indietro negli anni, a quando eravamo dei ragazzi o dei giovani adulti, e a come ci sentivamo quando i nostri genitori non sempre ci capivano. Dobbiamo ricordare quando da giovani dovevamo spiegare o difendere le nostre scelte personali.
Dobbiamo ricordare come era spaventoso rivelare i nostri pensieri e sostenere le nostre convinzioni davanti ai nostri genitori. Ricordare come desideravamo come loro ci ascoltassero e non ci giudicassero. Ricordare come volevamo che ci amassero e supportassero nonostante non fossero d’accordo con noi.
Dobbiamo tornare a quando eravamo giovani, in modo da poter capire meglio la posizione dei nostri figli oggi. Dobbiamo ricordare di amarci l’un l’altro.
* Audrey Benedetto è scrittrice, artista e una donna che attualmente vive a Manhattan. La sua passione per il gender, il sesso e le questioni razziali inizia al college, e influenza il modo in cui vede il mondo e si muove in esso. Le piacciono il karaoke, le lunghe passeggiate e i bulldog francesi. Audrey è entusiasta di imparare sempre cose nuove, e le piace condividere cosa ha imparato lungo il suo percorso.
Testo originale: “Interviewing My Mum”