Una fede originale: la religione e la spiritualità nelle persone omosessuali e bisessuali neozelandesi
Articolo di Mark Henrickson tratto da AEN Journal Vol.2, n.2, Agosto 2007, liberamente tradotto da Lara
Nonostante i loro tesi rapporti con le comunità religiose, alcune persone lesbiche, gay e bisessuali (LGB) sono rimaste vicine alle loro tradizioni religiose, cosa che dimostra la loro elasticità e la loro volontà di non abbandonare le loro tradizioni religiose che invece, in molti casi, hanno abbandonato loro.
Introduzione
La religione rimane un’area contesa nelle comunità di persone appartenenti a una minoranza sessuale, con una vasta letteratura che esprime il senso di alienazione e isolamento provato dalle lesbiche, gay e bisex (LGB) all’interno della maggior parte delle religioni organizzate.
Questo senso di alienamento si rispecchia nella convinzione, largamente diffusa tra lesbiche, gay e bisex credenti, che “sia più facile essere religiosi gay, piuttosto che essere gay e religiosi”; ovvero, che sia più semplice rimanere con un’identità omosessuale occultata o disarticolata all’interno delle congregazioni religiose (o addirittura dichiarata nelle congregazioni che li accolgono), ma la diffidenza e l’approvazione delle lesbiche, gay e bisex nei confronti delle religioni tradizionali sta a significare che lesbiche, gay e bisex che rimarranno affiliati con loro saranno fatti oggetto di curiosità, pietà e scherno.
Questo articolo esplora la religione e la spiritualità a partire da uno studio nazionale su lesbiche, gay e bisex della Nuova Zelanda.
Nel fornire questi dati si spera che questo articolo contribuisca ad una maggior comprensione del significato dei conflitti, dei cambiamenti, delle aspettative e, meno frequentemente, del supporto che lesbiche, gay e bisex ricevono dalla spiritualità e dalla fede religiosa.
In questo studio, i ricercatori hanno definito la spiritualità come qualcosa che ha a che fare con il significato e lo scopo della vita, che possono comprendere le credenze nelle forze spirituali, o più divinità, e la religione come un qualcosa che ha a che fare con delle espressioni strutturate in modo particolare su quel significato all’interno di istituzioni esistenti o tradizionali.
Questi sono concetti fungibili e sovrapposti. I risultati dello studio mostrano che lesbiche, gay e bisex neozelandesi hanno trovato diversi modi di affrontare i conflitti tra le tradizioni religiose e l’identità personale, ma le ferite e le delusioni residue rimangono, soprattutto tra coloro che s’identificano come si identificano come “cristiani”.
Critica letteraria
La letteratura è piena di storie di conflitti tra lesbiche, gay e bisex credenti che tentano di conciliare la loro fede con la loro identità sessuale.
Molti di questi scritti arrivano dalla prospettiva storica americana, (ad es., Boyd, 2000; Glaser, 1996; Kader, 1999; Kearney, 1997; Scanzoni & Mollenkott, 1978; Sherwood, 1987) e in minima parte da quella britannica (ad es., Pittenger, 1976, Yip, 2005). Esiste anche una letteratura australiana su questo argomento contrastato (ad es., Bergin & Smith, 2002; Rosser, 1992).
Un certo quantitativo di studi su religione e omosessualità è stato svolto in un contesto americano dove, più che in ogni altra nazione sviluppata, si trova il maggior numero di persone che professa affiliazione religiosa (Pew Global Attitudes Project, 2002). Lee & Busto (1991), ad esempio, iuno studio ‘non peer-reviewed’ sulla religione e sulla spiritualità tra lesbiche, gay e bisex, ha scoperto che la religione era per loro importante e che il 66% crede in Dio.
Nel loro campionario si è trovato un 42% che sosteniene che non ci sia qualcosa chiamato spiritualità LGB (lesbica gay e bisex), mentre un 33% afferma il contrario.
Il loro modello comprende un 83% di cristiani dalla nascita (36% protestanti, 30% cattolici romani) e un 11% di ebrei; il 10% afferma di non essere cresciuto in alcuna religione. Tuttavia, al momento dell’indagine, solo il 34% ha sostenuto di essere cristiano o ebreo.
Il dilemma che affligge molte lesbiche, gay e bisex riguarda il fatto di dover rigettare una religione per poter accettarsi, o rigettare se stessi per conformarsi alle tradizioni religiose profondamente mantenute (Buchanan, Dzelme, Harris and Hecker,(2001).
Un’affermazione contemporanea ritiene che la sessualità e la religiosità di lesbiche, gay e bisex siano incompatibili; perciò lesbiche, gay e bisex partecipano meno alla religione rispetto agli eterosessuali e, quando partecipano, la religione può essere nociva per la loro salute psicologica ((Lease, Horne and Noffsinger-Frazier, 2005), seppure esista un’associazione tra spiritualità/religione e salute mentale (MacDonald & Holland, 2003).
Ciò ha portato a un processo di abbandono delle tradizioni religiose da parte di lesbiche, gay e bisex e viceversa ad essere abbandonati da queste.
Da uno studio di Kirkman (2001) su 30 omosessuali neozelandesi è risultato che molte di queste persone erano in conflitto con le loro tradizioni religiose già prima di dichiararsi omosessuali; questo fenomeno è stato identificato come “difetto di luogo”, ovvero mantenere l’apparenza di una partecipazione attiva nell’organizzazione religiosa, fallendo nell’adesione in ciò che afferma.
Dopo che i loro partecipanti sono usciti allo scoperto, queste persone hanno dichiarato di voler essere inclusi sia nelle comunità omosessuali che in quelle cristiane.
La letteratura suggerisce che ci sia un rapporto combattuto e teso tra lesbiche, gay e bisex e la religione organizzata e che molte lesbiche, gay e bisex risolvono queste questioni ricostruendo il significato di spiritualità e religione in un contesto di esperienze di vita personali.
Tuttavia, questo supporta la nozione che ci sia una sorta di desiderio sottoculturale tra lesbiche, gay e bisex di essere inclusi nei discorsi sulla regligione e sulla spiritualità.
Alcune comunità di fede e congregazioni di qualche tradizione religiosa hanno risposto a questo desiderio, sforzandosi di identificarsi come accoglitori delle minorità sessuali nelle loro comunità; ci sono delle organizzazioni orientate all’accoglienza di lesbiche, gay e bisex all’interno di alcune tradizioni religiose e ci sono alcune denominazioni e congregazioni specifiche per lesbiche, gay e bisex (Maher, 2006).
L’esistenza di queste organizzazioni e denominazioni dall’identità sessuale separata serve però a dimostrare che, in molti casi, lesbiche, gay e bisex rimangono emarginati dalle tradizioni religiose principali.
A parte alcune eccezioni, sia i fanatici religiosi, sia le lesbiche, i gay e i bisex capiscono pienamente che l’identità e la loro fede religiosa sono incompatibili.
Per la gente che appartine ad entrambi i gruppi, questo antagonismo è stato causa di difficoltà e ha richiesto un’attenta negoziazione dell’identità individuale e delle credenze religiose/spirituali.
Per lesbiche, gay e bisex che portano a termine con successo queste negoziazioni, l’uscire allo scoperto appare positivo e vantaggioso per il loro essere menale ed emozionale. Alcune lesbiche, gay e bisex, se non la maggior parte, però, sembrano aver scelto di non portare avanti questa negoziazione ed hanno abbandonato la fede di sempre.
Questo studio cerca di esplorare l’identità e la spiritualità di lesbiche, gay e bisex della Nuova Zelanda, dove la maggior parte della popolazione non ha un legame con la religione.
Metodologia
‘Lavender Islands: Portrait of the Whole Family (LI)’ (Le isole Lavender: Ritratto di un’intera famiglia, aprile-luglio 2004), è uno studio sui neozelandesi omo e bisessuali.
Il team di ricerca e il gruppo consultivo della comunità ha deciso di non includere domande su HIV, sesso sicuro, salute mentale, suicidi, alcool o droghe, in quanto queste questioni sono già state ampiamente trattate all’interno di altri progetti più appropriati (ad es. Fergusson, Horwood and Beautrais, 1999; Saxton, Dickson, Hughes, & Paul, 2002; Rankine, 2001; Welch, Howden-Chapman and Collings, 1998).
Lo studio è stato sviluppato da un team di ricerca interdisciplinare in stretta collaborazione con un gruppo consultativo comunitario formato da leader e membri della realtà lesbica, gay e bisex (LGB).
Queste informazioni chiave sono state raccolte nel modo più rappresentativo possibile delle comunità LGB della Nuova Zelanda.
Il gruppo consultativo della comunità ha identificato domande generali quali “Come appariamo?”, per poi sviluppare domini specifici in cui includerle per permettere di avere delle risposte.
Le aree d’interesse multidisciplinare sono state sviluppate dal gruppo consultativo e comprendono temi quali identità e autodefinizione, famiglie d’origine, famiglie scelte, immigrazione e migrazione interna, benessere, politica, occupazione, reddito e spese, carriera e tempo libero, rapporti con la comunità, sfide, religione e spiritualità.
Una completa descrizione della metodologia, i risultati e collegamenti ad altre pubblicazioni inerenti al progetto sono disponibili sul sito web del progetto.
L’ultimo strumento dell’indagine comprendeva 133 domande e ci volevano dai 18 ai 45 minuti per completarle. Limitazioni finanziarie e pratiche hanno fatto in modo che questo strumento fosse disponibile solo in inglese, fatto che può aver portato molti immigranti ad essere esclusi dal partecipare.
Noi ricordiamo che una metodologia ad indagine non è il metodo preferito per la ricerca sui gruppi culturali e, probabilmente, il risultato sarà un sottocampionamento di questi gruppi.
Lo strumento d’indagine è stato reso disponibile sia tramite un sito web, sia in copia cartacea dall’aprile-luglio 2004.
Oltre a distribuire copie cartacee, un link elettronico all’indirizzo URL del sito è stato spedito attraverso il gruppo di consulenza comunitaria e liste di posta elettronica, e così via.
Questa si è dimostrata la strada di reclutamento più efficace e produttiva.
L’unica differenza significativa tra le risposte sul web e su copia cartacea è stata l’età; l’età media di chi ha risposto su carta era circa dieci volte maggiore rispetto a coloro che hanno usato il sito. I dati sono stati esaminati per assicurarsi che avessero i presupposti necessari prima di completare qualsiasi test significativo.
In tutto sono state ricevute 2269 risposte uniche, l’83,6% dal sito web e il 16,4% su carta (riinviata da Freepost).
Se analizziamo i sessi, il 45,3% dell’intero campionario era femminile e il 54,7% maschile. (Ci sono state cinque risposte di transgender e intersessuali, mentre tredici persone non hanno dato alcuna indicazione di genere; queste risposte sono state rimosse dalle analisi di genere di questo articolo). I partecipanti erano perlopiù molto istruiti: il 51,3% ha almeno un titolo di scuola superiore, in confronto all’11% circa della popolazione totale neozelandese (Ministero per lo Sviluppo Sociale, 2005).
Ciò ha anche significato che i partecipanti avevano un reddito elevato rispetto alla popolazione in generale.
Le domande sulla religione e la spiritualità comprendevano se il partecipante credeva in Dio, dèi o in forze spirituali; secondo quale/i tradizione/i religiosa/e sono stati cresciuti e quale/i praticano tuttora; quanto la loro tradizione religiosa/pratica spirituale sia stata una difficoltà o un aiuto per la loro identità sessuale; e quanto soddisfacente sia la loro identità di LGB.
Alla fine dell’indagine, ai partecipanti è stato domandato se volessero dire qualcos’altro sulla loro esperienza di LGB in Nuova Zelanda. Queste risposte qualitative erano facoltative.
Dove rilevanti, al fine di confrontare con i dati del censimento della popolazione generale, il formato di domande e relative risposte era perlopiù conforme allo stile e alla struttura del censimento della Nuova Zelanda.
Per sviluppare dei dati comparativi con i dati del censimento cinquennale neozelandese, abbiamo fatto dei semplici calcoli. L’età media dei partecipanti all’indagine LI era di 38,5 anni (con intervistati dai 18 agli 80 anni; non c’è stata alcuna differenza di genere). Dato che l’indagine è stata completata nel 2004, abbiamo sottratto l’età media dei partecipanti del 2004 per determinare una media approssimativa degli anni di nascita. Quest’anno di nascita medio corrispondeva all’anno del censimento del 1966.
Visto che il numero di risposte al censimento salì dai 2,67 milioni del 1966 ai 3,52 milioni del 2001, per i calcoli sono state usate le percentuali delle risposte rispetto al numero reale dei partecipanti.
I richiami ai cambiamenti nella popolazione generale sotto riportati usano quindi le percentuali per descrivere questi cambiamenti avvenuti a partire dal 1966.
Questo studio ha le solite limitazioni inerenti ai campioni scelti, compreso il fatto che quei partecipanti vogliono identificarsi come LGB per partecipare a questo studio e che si tratta di persone la cui identità si è fusa in tal misura da volere essere identificati con una comunità LGB.
Dato che non ci sono altri studi del genere sugli LGB neozelandesi e che l’identità sessuale non è inclusa tra le domande censimentali neozelandesi è impossibile determinare quanto questo campionario sia rappresentativo di tutte le persone che s’identificano come LGB neozelandesi. Tuttavia, questo campionario unico è abbastanza ampio e, sotto molti punti di vista, conforme ai dati del censimento neozelandese e ad altri studi austrialiani rilevanti (ad es. Pitts, Smith, Mitchell, & Patel, 2006).
Risultati
Risposte quantitative
Delle 2246 risposte alla domanda sulla fede in Dio, dèi o forze spirituali, il 59,8% ha dichiarato di credere in un potere divino.
Le risposte a questa domanda differiva significamente a seconda del genere (p<.001 secondo il chi square).
Tra le donne, il 64, 9% si è dichiarato credente, così come il 55,5% degli uomini; la tavola 1 riassume questi dati. Non sorprende, allora, che le donne giudichino la spiritualità molto più importante nella loro vita (M=4.6, s.d.=1.98, dove 1=il minimo e 7=il massimo) rispetto agli uomini (M=3.9, s.d.=2.07, p<.001 secondo ANOVA), sebbene nessun genere abbia dimostrato un'elevatissima spiritualità.
Anche i partecipanti di età superiore ai quaranta annoverano la spiritualità tra le cose più importanti della propria vita (M=4.4, s.d.=2.07) rispetto a chi è di età inferiore ai quarant’anni (M=4.0, s.d.=2.03, p<.001).
Alla domanda inerente all’appartenenza ad una religione organizzata, il 72,8% dei partecipanti ha dichiarato di essere cristiani e il 22,5% di non avere una religione.
Tutte le altre risposte corrispondono a meno dell’1,7% (vedere Tavola 2).
La tavola 2 riassume anche le risposte sulla religione attualmente praticata. Solo il 14,8% dei partecipanti pratica correntemente il cristianesimo, mentre il 72, 9% non pratica alcuna religione. Mentre il buddismo e le “altre” religioni sembrano in aumento, i partecipanti nati oltreoceano hanno contribuito a queste due risposte, rispettivamente al 38,8% e 21,1% e le proporzioni totali rimangono relativamente basse, sia per le risposte LI, sia della popolazione generale. Dai dati non è possibile affermare quali sono queste religioni “altre”, sebbene questa costituisca un’area per ulteriori esplorazioni. Per queste ragioni, il bilancio dei dati presentati si concentra sulle risposte dei “cristiani” e degli individui “senza religione”.
La differenza tra il 72,8% di persone cresciute nel cristianesimo e il 14,8% di attuali cristiani rappresenta un declino del 79,9%. Allo stesso modo, la differenza tra il 22,4% di coloro che sono cresciuti senza religione e il 72,9% che afferma di non avere religione rappresenta un aumento del 225,4%. Senza esplorare ulteriormente queste differenze, cosa non possibile all’interno della struttura dell’indagine LI, non possiamo attribuire delle ragioni. Tuttavia, le possiamo inserire nel contesto più vasto della popolazione neozelandese.
Nel censimento neozelandese del 1966 circa il 90,1% della popolazione di 2,67 milioni di individui ha dichiarato di essere cristiano, mentre un 1,6% si è dichiarato privo di una religione. (Una media del 7% della popolazione non ha risposto a questa domanda del censo). Ciascuno degli altri gruppi religiosi rappresentava meno dello 0,5% della popolazione del 1966.
Le risposte cristiane sono andate gradualmente in declino ad ogni censimento fino a ragiungere il 59,8% su una popolazione totale di 3,52 milioni di persone del 2001. Le risposte atee sono andate aumentando fino a raggiungere il 29,2% nel 2001.
Ciascuna delle altre risposte rappresentava meno dell’1,5 nel 2001. I partecipanti al censimento che s’identificavano come cristiani sono scesi dal 90,1 al 59,8%, con un declino del 33,6% in 35 anni. Le risposte atee sono aumentate dall’1,6% al 29,2%, con un aumento maggiore al 1700%.
Sembra allora che i partecipanti LGB si stiano dissociando dalla cristianità ad un tasso 2,37 volte maggiore rispetto alla popolazione totale, ma che si stia unendo agli atei ad un tasso inferiore alla popolazione totale. (Questo cambiamento apparente, tuttavia, può essere reso meno significativo data la proporzione relativamente piccola della popolazione totale che si è dichiarata atea nel 1966).
Infine, abbiamo scoperto che gli attuali cristiani avevano un’età significativamente avanzata (M=41.4, s.d.=15.06, n=327) rispetto ai partecipanti atei (M=37.9 years, s.d.=12.23, n=1612, p<.001), cosa che suggerisce un effetto generazionale sopracitato, possibilmente connesso con la fede in Dio.
Abbiamo chiesto fino a che misura i partecipanti trovino che la loro tradizione religiosa sia una difficoltà (1 nella scala di valori) o un aiuto (7 nella scala dei valori).
Significativamente, sono stati gli uomini (M=3.5, s.d.=1.45, p<..001) a trovare la religione più una difficoltà che un aiuto rispetto alle donne (M=3.9, s.d.=1.45), sebbene sia uomini che donne abbiano votato la questione con un neutrale 4.0, indicando che la loro tradizione religiosa è stata più una difficoltà per i partecipanti.
Tuttavia, sono stati gli attuali cristiani a trovare la religione più una difficoltà (M=3.2, s.d.=1.76, n=325, p<.001) rispettoa gli atei (M=3.6, s.d.=1.30, n=1,577). Questa differenza è risultata evidente anche ai cristiani di nascita. I partecipanti allevati come cristiani sono quelli che significativamente più di tutti hanno dichiarato che la religione sarebbe una difficoltà (M=3.5, s.d.=1.50, n=1,598, p<.001), rispetto agli atei (M=4.2, s.d.=1.06, n=479).
C’è stata una differenza significativa tra questi due gruppi per quanto riguarda il sostegno ricevuto dalle famiglie d’origine: i partecipanti atei hanno avuto molto più sostegno da parte delle loro famiglie (M=5.1, s.d.=1.81, dove 1 = grado di sostegno minimo e 7 = grado di massimo sostegno) rispetto agli attuali cristiani (M=4.9, s.d.=1.81, p=.033).
Allo stesso modo, sebbene non ci sia stata nessuna differenza tra i due gruppi per quanto riguarda i casi in cui le famiglie d’origine comprendevano il partecipante all’interno della maggior parte delle riunioni familiari, c’è una differenza a seconda che le famiglie d’origine includevano o meno il partner omosessuale del partecipante: la media significativamente alta tra gli atei (M=5.4, s.d.=2.04), confrontata con quella dei cristiani (M=5.1, s.d.=2.15, p=.016) indica che i partecipanti atei hanno familiari maggiormente disponibili ad accettare i partner omosessuali rispetto a quelli cristiani.
Risposte qualitative
I dati qualitativi facoltativi su religione, spiritualità e identità sessuale echeggia e, in alcuni casi, spiega i dati quantitativi ed alcuni sono citati qui in certa misura.
Nella maggior parte dei casi le risposte riferiscono una storia di difficoltà con la religione organizzata e, solitamente, con la cristianità nel caso specifico. Le esperienze dei partecipanti con la religione esprimono quasi universalmente difficoltà, dolore, delusione, alienazione dalle famiglie e dalle reti sociali, nonché una mancanza di sostegno da parte delle fedi religiose. Nessun partecipante ha espresso un punto di visto incondizionatamente positivo sulla religione. (In alcuni esempi, sono stati citati dei commenti o tagliati a seconda della lunghezza o della rilevanza; i tagli sono indicati con […]).
• La cosa più pesante dopo essere diventata omosessuale è stata l’accettazione da parte della mia famiglia e dei miei amici che erano molto religiosi. Abbiamo passato dei momenti davvero difficili – scomunicati dalla chiesa e da molte famiglie per lungo tempo. Piano piano hanno accettato la situazione che però continua a non piacere loro. Sentiamo di essere solo “tollerati”.
• Penso che la Nuova Zelanda sia un bel posto per gli omosessuali o per i transessuali. […] Ogni giorno le banche, le compagnie d’automobili, gli appartamenti ecc. […] sono molto accomodanti nei confronti della mia relazione e funziona bene […]. Sarebbe fantastico se la religione giocasse un ruolo minore in tutto questo. Trovo che i cristiani forzino la loro fede nella nostra comunità, giudicandoci semplicemente prima ancora di conoscerci […]. Quante vite dovranno ancora essere confuse dalla religione [?] Ecco perché non professo alcuna religione. […]
• […] Ho lasciato la chiesa in cui sono cresciuta perché i capi spirituali non sostenevano l’omosessualità. Ho lasciato la chiesa all’età di 16/17 anni […].
• Come figlia [omosessuale] di un padre samoano è stato davvero difficile scendere a patti con ciò che, nella comunità cristiana samoana, credevo essere un pregiudizio e una discriminazione contro gli omosessuali.
Si crede che gli omosessuali abbiano demoni dentro di loro e che debbano essere salvati dal cristianesimo; questa cosa è ampiamente accettata e addirittura pubblicizzata all’interno della mia famiglia polinesiana. A causa di queste credenza, probabilmente, non potrò mai dire a mio padre che amo una donna, persino se mi sposassi. Questo mi rende davvero triste […].
• […] Ho avuto un’esperienza positiva della mia dichiarazione, sostenuto da tutti i membri (prossimi e lontani) della mia famiglia, dagli amici e dai colleghi. Fino alla mia rivelazione sono stato un cristiano praticante e, mentre la mia fede in Dio rimane, non posso più partecipare alla messa regolare perché la chiesa e la congregazione non mi accetterebbe come membro a tutti gli effetti della chiesa, al massimo mi “tollererebbero”.
• [La religione] è l’unica sfera della mia vita […]dove ho avuto delle esperienza di difficoltà e di angoscia significativi; ad esempio, nel mio precedente ruolo ministro sono stato vilipeso, ho ricevuto mail e telefonate cariche d’odio ecc. fino a perdere il mio lavoro.
• Dichiarare la mia omosessualità, finora, è stata la decisione più difficile della mia vita. A causa della mia educazione religiosa, ciò ha significato perdere i contatti con gran parte della mia famiglia e dei miei amici. Tuttavia, è stata la decisione migliore che potessi prendere, ora vivo veramente e, nel frattempo, la mia familia sta cominciando ad accettarmi un pò di più.
• Cresciuta in una famiglia rigidamente cattolica, la mia rivelazione è stata traumatica e spaventosa. Per dieci anni mio padre non mi ha più parlato fino a due settimane fa. Questo mi ha reso esitante ad essere onesto con gli altri per molto tempo. Ora sono completamente a mio agio con la mia sessualità e non m’interessa ciò che pensano gli altri […].
• Ho pensato di essere eterosessuale fino a circa 4 anni fa all’età di 54 anni […]. Frequento una chiesa presbiteriana che ha avuto un ministro omosessuale […]. Il parroco è amichevole con gli omosessuali, ma mi sono dichiarato ad una sola persona, la cui figlia è omosessuale. C’è una corrente anti-gay che percepisco mentre non gli altri non sanno che anche io lo sono.
• […] Il mio partner è un esempio di come la cultura e la religione influenzino profondamente la capacità di rapportarsi con un figlio omosessuale; anche se non è ancora andato via da casa, c’è una parte della sua vita in cui non sono ammessa, anzi sono invisibile, io non esisto.
Questa è stata un’esperienza nuova per me e, avendo vissuto tutta la mia vita apertamente ed onestamente, non capisco come alcuni possano vivere la propria vita nell’ombra. Ciò mi ferisce nel profondo e mi fa arrabbiare per la discriminazione e il male che cè ancora nella nostra società.
• Il mio percorso omosessuale è uscito allo scoperto quando ho incontrato il mio migliore amico a 47 anni, dopo 30 anni di matrimonio, di partnership agricola e di quattro magnifici bambini. Sia io che il mio amico/ora partner ci siamo trovati a causa di un bisogno emotivo, spirituale ed empatico – ci siamo semplicemente “innamorati”.
Siamo profondamente innamorati, ma il percorso è stato un’enorme montagna russa alla scoperta della nostra vera identità. C’è stata una gioia inspiegabile e un fortissimo dolore. Il rapporto col nostro Dio è parte integrale delle nostre vite e questo ci ha permesso di affrontare il judgementalism (talvolta) straordinario della Chiesa riconosciuta, sebbene vi abbiamo trovato anche un profondo amore, accettazione e compassione.
Siamo una coppia davvero “nuova” e stiamo scoprendo molto su noi stessi e sulla reazione della società. Alcune persone, omosessuali da sempre, hanno dovuto patire difficoltà e persecuzioni fin da giovani – noi non necessariamente. Le nostre principali preoccupazioni sono i nostri 8 meravigliosi figli, coi quali ci sforziamo giorno dopo giorno di costruire un rapporto nuovo e maturo – molto diverso rispetto a quello che avevamo da giovani.
• Sebbene io m’identifichi un cristiano, frequento una chiesa omosessuale e come Maori, il punto è che c’è una differenza tra spiritualità e religione […].
• Sono un ministro ordinato in uno dei principali gruppi cristiani. Lavoravo come tale quando uscii allo scoperto con me stesso e la mia famiglia, stabilendo un rapporto col mio partner. Alcune persone, così come la struttura della chiesa, hanno reso il percorso incredibilmente faticoso. Non ho mai dubitato del fatto che la mia scelta di essere lesbica fosse giusta. Ho lottato per difendere questo diritto nel lavoro che mi ero scelta e da cui ora mi sto allontanando.
• Ho avuto difficoltà a volte, mentre altre volte è andato tutto bene.
• La cosa più difficile è stata quando alcuni della comunità cristiana AOG ecc. hanno tentato di esocrizzare i miei “demoni”, è stata davvero un’esperienza dolorosa. Ho perso i lavoro e i posti dove abitavo perché sono sia ebrea che omosessuale. Sono stata sfruttata e ferita profondamente, ma sono sopravvissuta per vivere e lottare un giorno in più. Di fatto, potrei addirittura dire che questo mi ha resa più forte di prima.
• Ho avuto un rapporto omosessuale per più di 4 anni. Posso dire in tutta onestà che io e il mio partner eravamo uniti su più livelli. Sì, sono stata allevata con rigidi valori cattolici e, all’inizio, non avrei mai creduto che avrei fatto qualcosa contro tutto ciò che mi era stato insegnato e in cui credevo. Non mi sono mai sentita più felice e sicura con una persona. […].
In tutti i casi in cui un partecipante si sia trovato a dover scegliere tra la sua tradizione religiosa e la sua identità sessuale, il partecipante ha scelto l’identità sessuale. Alcuni partecipanti hanno deciso di mantenere un rapporto negoziato, ma ambiguo con una tradizione religiosa basato sulla dissimulazione o su un’informazione sbagliata.
È altrettanto evidente che un certo numero di partecipanti non ritiene la “tolleranza” un’attitudine positiva o sufficiente. In molti esempi, tuttavia, un partecipante chiarisce di essere stato in grado di separare il suo rapporto con Dio dal suo rapporto con la tradizione religiosa. Questa fede negoziata è diventata una pietra angolare nel costrutto spirituale dei partecipanti.
Discussione
I dati suggeriscono che le persone lesbiche, gay, bisex lottano a fondo con la religione e la spiritualità. Le donne sono più portate degli uomini a credere in forze spirituali, così come i partecipanti più anziani rispetto ai più giovani.
In generale, i partecipanti hanno trovato la chiesa come una difficoltà più che un sostegno, sebbene questo valga più per gli uomini che per le donne. Molti cristiani omosessuali e bisessuali (in particolare) di varietà etnica lottano con le loro tradizioni religiose.
Lesbiche, gay e bisex sembrano allontanarsi dalla cristianità 2,37 volte rispetto alla popolazione totale neozelandese. Gli LGB atei hanno avuto molto più sostegno da parte delle loro famiglie per sé e per i loro partner rispetto a quelli cristiani.
In un modo molto generale e non specificato, costretti dall’ampio livello delle domande in uno studio così vasto, i cristiani sembrano lottare per riconciliare le loro fedi religiose alla loro identità sessuale. Questa lotta è conforme alla letteratura.
Le religioni cristiane (e le altre) hanno fatto un un lavoro abbastanza eccellente, comunicando che l’appartenenza alla fede cristiana e l’identità omosessuale sono incompatibili, o comunque molto difficili da conciliare. Un grande numero di cristiani sembra aver risolto la dissonanza tra le due lasciando la religione. Altri continuano a lottare per riconciliarle.
Le tradizioni di fede possono anche influenzare il modo in cui famiglie e comunità cristiane accolgano o includano oppure no gli LGB e i loro partner. I dati LI suggeriscono che molti LGB non si sentono i benvenuti in queste comunità.
Se le tradizioni religiose cristiane vogliono allontanare gli LGB dalle loro comunità, allora ce la stanno facendo; se con un messaggio negativo vogliono far cambiare identità o “stile di vita” agli LGB, non ci stanno riuscendo, perché la maggio parte degli LGB sembra preferire abbondonare le loro tradizioni religiose piuttosto che le loro identità.
Rimane, però, un numero di LESBICHE, GAY,BISEX evidentemente impegnati a vivere questa tensione tra identità tradizione religiosa in maniera creativa, riconciliando la loro esperienza individuale con la loro fede. Mentre non si possono tirare delle conclusioni sostanziali dai dati LI su come accade questa riconciliazione, questa è sicuramente un’area da continuare ad esplorare.
I gruppo e le agenzie per i diritti umani sono generalmente riluttanti a mettere piede nell’arena religiosa, perché si crede che i punti di vista e gli insegnamenti delle organizzazioni religiose siano essenzialmente questioni private che vanno ben oltre lo scopo legislativo pubblico e, in parte, perché le organizzazioni religiose vengono ritenute come volontarie, i cui membri possono andarsene in qualunque momento.
Le organizzazioni internazionali per i diritti umani esprimono schock al pensiero che in Iran due ventenni di cui si presume una relazione omosessuale possano essere impiccati con la benedizione della legge della Sharia (Human Rights Watch, 2005), tuttavia la continua e forse più subdola persecuzione lesbiche, gay, bisex da parte di alcuni gruppi religiosi occidentali rimane o sotto monitoraggio costante, o è stata accettata come norma sociale.
Eppure la letteratura ha dimostrato un’associazione tra religione/spiritualità e salute mentale; ciò che i dati li suggeriscono è che l’influenza delle organizzazioni religiose sulle lesbiche, gay,bisex è profonda e, in certi casi, crea una lotta per il raggiungimento di un’identità integrata che dura tutta la vita.
Appartenere ad una particolare organizzazione religiosa non è un “diritto” pubblico per essere sicuri, ma è un diritto poter vivere liberamente in una società giusta ed equa.
L’accesso ad una buona salute mentale e la libertà dalle forze con impatto negativo sulla salute mentale, compreso il bullismo religioso, è un diritto in Nuova Zelanda.
Mentre i partecipanti LI sembrano suggerire che la pura tolleranza non basta, l’intolleranza è assolutamente inaccettabile.
Dove le organizzazioni religiose insegnano l’intolleranza sull’arena pubblica e pronunciano discorsi che attaccano la dignità, l’uguaglianza e la sicurezza di lesbiche, gay, bisex, quello è il luogo dove si sono messi essi stessi nell’arena quindi potrebbero trovarsi al centro degli obiettivi degli interessi dei diritti umani.
Nonostante il loro gravoso rapporto con le comunità di fede, tuttavia, alcune lesbiche, gay e bisex sono rimasti fedeli alle tradizioni religiose e a Dio.
Il fatto che questo accada è testimonianza della volontà di non abbandonare le tradizioni di fede che, in molti casi, hanno abbandonato loro.
Riferimenti bibliografici
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* Mark Henrickson ha lavorato per molti anni sull’HIV, sull’uso di sostanze, sulla salute e sulla cura e la gestione della salute mentale prima di unirsi all’Università di Massey come conferenziere senior durante i lavori sociali del 2003.
Ha pubblicato lavori sulla prevenzione dell’HIV, sull’apporto di aiuti e su progetti e valutazioni programmatiche. È a capo del progetto attuato sulle Isole Lavender: Ritratto di un’intera famiglia (Lavender Islands: Portrait of the Whole Family), studio nazionale sugli omosessuali e bisessuali neozelandesi, nonché autore di numerose pubblicazioni che prendono spunto da questo studio. MarK è laureato in Servizio Sociale presso l’Università della California a Los Angeles.
Testo originale
A Queer kind of faith: Religion and spirituality in Lesbian, Gay and Bisexual New Zealanders