Una fede piena di omofobia. Il Rapporto 2011 sulle religioni e l’omofobia
Testo tratto dal Rapporto annuale sull’omofobia 2011, curato da SOS homophobie (Francia), maggio 2011, pp.106-111, liberamente tradotto da Dino
Quest’anno la tematica della religione, al centro della Giornata mondiale di lotta contro l’omofobia e la transfobia , ha suscitato molte e vivaci azioni e reazioni da parte del mondo lesbico, gay, bisex e trans (LGBT) nel suo complesso, della società civile e di una parte del mondo religioso.
SOS homophobie ha ricevuto un numero, certamente ancora limitato ma in crescita costante, di testimonianze (21 dirette e 29 indirette, circa il 2% del totale delle testimonianze) che denunciano l’omofobia e la transfobia presenti nella sfera religiosa.
La mancanza di una esplicita dichiarazione o di una chiara presa di posizione da parte di ciascuna delle diverse confessioni per sancire in modo solenne l’importanza della lotta contro le violenze e le discriminazioni omofobe e transfobe rappresenta sempre un terreno fertile per tutte le derive.
Gli integralisti si servono così della fede per giustificare le loro azioni violente e discriminatorie.
Questo silenzio colpevole da parte delle più alte autorità religiose le rende complici delle azioni violente degli estremisti religiosi e contribuisce a questo silenzioso indietreggiare dei principi della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
Lacerati tra il loro credo, la loro identità sessuale, il discorso e la tradizione religiosa, un certo numero di omosessuali e di trans sono così respinti, disorientati ed anche costretti a vivere clandestinamente la loro identità e la loro sessualità.
Ma per fortuna le religioni e le interpretazioni dei testi sacri non seguono tutte la stessa linea. Così molti omosessuali e trans di tutte le confessioni partecipano ogni giorno alla costruzione di una nuova scena nella quale l’orientamento sessuale e l’identità di genere non costituiscono più un ostacolo alla vita religiosa.
Islam: io sono escluso, quindi esisto
Nel 2010 le politiche in Francia, mentre imperversava la discussione sull’uso del burqa e sull’identità nazionale, non hanno mai smesso di agitare lo spettro della crescita di un integralismo musulmano particolarmente sprezzante nei confronti della donna.
E in circa settantasette Paesi nel mondo omosessuali e trans vengono ancora a trovarsi davanti a sentenze legali di carcerazione, di tortura e persino di morte.
In Iran, Paese governato dagli ayatollah, i due amanti Reza e Alìreza sono stati di recente condannati all’impiccagione allo scopo di “punire” la loro omosessualità in nome della legge islamica. Anche Ebrahim, un giovane iraniano di 18 anni, il 21 giugno 2010 è stato condannato a Tabriz, nel nord-ovest dell’Iran, alla pena capitale per omosessualità ed atti di sodomia.
In questo paese, una persona accusata di sodomia può essere condannata a colpi di frusta, o anche all’impiccagione o alla lapidazione.
La legge islamica prevede diverse sanzioni, ad esempio 99 frustate se due uomini dormono nello stesso letto senza appartenere alla stessa famiglia e senza esservi costretti, anche se non hanno rapporti sessuali.
Nel paese vicino, l’Irak, l’associazione Iraqui LGBT ritiene che settecento omosessuali e trans nel periodo successivo alla caduta di Saddam Hussein, avvenuta nel 2003, abbiano perso la vita a causa del loro orientamento sessuale.
Una delle ragioni di questi disumani comportamenti deriva dal fatto che, nella cultura musulmana, l’omosessualità viene negata: non se ne parla e non si respinge ciò che non esiste… Gli islamici stanno attenti a censurare ogni rappresentazione, ogni manifestazione che possa mostrare l’esistenza di musulmani omosessuali o trans.
Questo stesso motivo, sotto la pressione di una frangia islamica radicale, ha impedito che fosse tenuta in Indonesia la conferenza dell’International Lesbian and Gay Association-Asia, che avrebbe dovuto fare il punto sulle azioni in Asia della principale organizzazione internazionale LGBT, dal 25 al 29 marzo 2010. L’Indonesia è il più grande paese musulmano del mondo.
Tuttavia questo velo di oscurantismo sembra poco a poco dissolversi. Così nel 2010 ha avuto luogo a Parigi la prima conferenza delle associazioni GLBT europee e musulmane, dove si sono segnalate in particolare le presenze di Moulana Muhsin Hendricks e Daayiee Abdullah, gli unici imam al mondo a riconoscere pubblicamente la loro omosessualità.
Per i due religiosi “niente nel Corano condanna l’omosessualità e quelli che lo fanno in suo nome sbagliano ad interpretarlo […]. E’ possibile essere un buon musulmano pur essendo omosessuale.”.
Ed è’ in questo impegno a proporre una nuova immagine, primo passo verso l’accettazione, che si è data da fare anche la nuova associazione francese HM2F (Omosessuali musulmani di Francia) che auspica di conciliare al meglio la sessualità, la fede e la cultura degli omosessuali e dei trans di confessione o di origine musulmana.
Forse quest’anno potrà rappresentare una svolta per i musulmani di Francia. Essere omosessuali e musulmani è una realtà, ma il cammino verso l’integrazione delle persone GLBT musulmane nell’Islam, sebbene sia già iniziato, è ancora lungo.
Per loro, il fatto di venir esclusi, forse vuol dire esistere…
Cattolicesimo: la divina commedia
Continuando nella sua posizione conservatrice e refrattaria al riconoscimento dei diritti delle persone LGBT, il Vaticano ha riconfermato in più riprese i valori della “famiglia tradizionale”.
Per la curia romana considerata nel suo insieme, il matrimonio tra omosessuali costituisce “la più insidiosa e pericolosa sfida di oggi” perché “il matrimonio ha senso soltanto se si tratta di una relazione tra un uomo ed una donna”.
Tuttavia, in questo stesso tempo, il Portogallo e l’Argentina, i cui abitanti sono cattolici rispettivamente per l’88% e il 91%, nel 2010 hanno aperto il matrimonio alle coppie dello stesso sesso. Per gli omosessuali argentini sarà anche possibile adottare.
Nello stesso momento la Spagna, altra terra tradizionalmente cattolica che ha già legalizzato il matrimonio tra persone dello stesso sesso, ha appena reso più facile l’aborto.
Allontanandosi sempre più dalla realtà quotidiana, ma anche dalla sua base di fedeli, la Chiesa di Roma predica atteggiamenti ormai sorpassati continuando ad alimentare un’ipocrisia denunciata da lunghissimo tempo.
Sull’esempio di padre Gonzalo Miranda, professore di bioetica presso l’Università Pontificia Regina Apostolorum della Santa Sede, che paragona il matrimonio omosessuale “a un caffè senza caffeina”, ad un’unione di secondo piano, perché non consente di avere lo stesso modo di vita di una coppia eterosessuale.
Egli stesso ha d’altra parte ricordato uno dei canoni omofobi e transfobi della Santa Sede, quello di accogliere “nella compassione gli omosessuli, poiché sono persone che soffrono molto”.
Benedetto XVI nel suo libro ‘Luce del mondo. Il papa, la Chiesa e i segni del tempo’ pubblicato nel novembre 2010, afferma che “in quanto esseri umani [gli omosessuali] meritano il rispetto (…) non devono essere respinti per questo motivo.
Il rispetto dell’essere umano è assolutamente fondamentale e decisivo (…). Ma ciò non significa che per questo l’omosessualità sia cosa giusta. Essa rimane qualcosa che si oppone all’essenza stessa di quello che Dio ha voluto in origine”.
Proclamandosi “l’interprete infallibile” di Dio, il papa rifiuta così l’assunto che l’omosessualità e l’eterosessualità abbiano uguale valore. Offre una giustificazione agli autori di discriminazioni e fa rinascere l’odio nei confronti di chi è diverso, altro da noi.
Allo stesso modo ritiene che “l’omosessualità non è conciliabile con la vocazione sacerdotale. In altre parole si correrebbe un grave rischio se il celibato diventasse in qualche modo un pretesto per far ammettere nel clero persone che in ogni caso non possono sposarsi”.
A questo titolo la Chiesa cattolica paraguayana ha annunciato di sospendere tre preti a causa di “pratiche omosessuali confermate”. Il teologo tedesco cattolico e laico David Berger è stato costretto a dare le dimissioni dalle sue funzioni presso l’Accademia pontificia di San Tommaso d’Aquino per aver rivelato la sua omosessualità.
Spicca anche l’arcivescovo della Chiesa cattolica di Bruxelles, Mons. André Léonard, accusato di omofobia dopo aver affermato in un libro intervista pubblicato nell’ottobre 2010 che l’AIDS è “una specie di giustizia immanente” che sarebbe legata in particolare al permissivismo sessuale degli omosessuali.
Inoltre, quando la Chiesa cattolica è precipitata in una miriade di scandali dopo la rivelazione di molte vicende di pedofilia che hanno intaccato la sua integrità, il numero due del Vaticano, il cardinale segnatario di Stato Tarcisio Bertone, nell’aprile 2010 ha dichiarato: “Numerosi psicologi e psichiatri hanno dimostrato non esserci relazione tra celibato e pedofilia, ma molti altri hanno dimostrato, e di recente me ne hanno parlato, che esiste una relazione tra omosessualità e pedofilia. E’ la verità, è questo il problema (…).
Questa patologia tocca tutte le categorie di persone e, se guardiamo le percentuali, i preti sono coinvolti solo in minima parte”.
Questa deriva, che volta le spalle alla ragione e ad ogni verità scientifica costituisce un abuso verbale che fa dell’omosessualità il capro espiatorio dell’irresponsabilità, dell’ignoranza e dell’ipocrisia dell’istituzione cattolica.
Questo inaccettabile amalgama si corona di un’ipocrisia che comunque non sarebbe stata totale senza la rivelazione, avvenuta nel luglio 2010, da parte della stampa italiana delle “folli notti dei preti gay romani” così come dell’esistenza di “una zona adatta a rimorchiare” omosessuale all’interno dello stesso territorio del Vaticano…
Oltre ad essere ridicolo, questo oscurantismo incoraggia alcuni rappresentanti della Chiesa cattolica, come Juan Sandoval, cardinale di Jalisco (stato di Guadalajara, Messico) a tenere dei seminari chiamati aventi lo scopo di “guarire gli omosessuali dal peccato in cui essi vivono, proponendo loro una vita di preghiera e di castità”.
Alcuni preti, sul modello del rettore della parrocchia Vergine del Rosario di Barcellona, non esitano ad indirizzare quei giovani che, essendo cattolici praticanti, hanno rivelato in confessione la loro omosessualità, verso “terapie” che spesso li fanno cadere in profonde depressioni, fino a tentare il suicidio.
I fondamentalisti e ultranazionalisti cristiani si basano sull’ambiguità della parola delle istituzioni religiose per legittimare l’uso della violenza contro le persone omo- e transessuali o ad impedire qualsiasi manifestazione che in primo luogo li renda visibili.
Tuttavia quest’anno, nonostante l’accanita opposizione dei fanatici religiosi serbi, la Marcia dell’orgoglio LGBT di Belgrado ha potuto aver luogo grazie al coraggio di uomini e donne che difendevano la libertà di espressione e al sostegno delle democrazie.
Le reazioni di odio con la scusa della religione sono esplose anche in occasione dl kiss-in di Parigi sul sagrato della cattedrale di Notre Dame, durante la manifestazione del mondo associativo GLBT che denunciava le affermazioni del cardinal Bertone al palazzo di Tokyo, e in occasione di un kiss-in a Lione organizzato davanti alla cattedrale Saint Jean.
Fortunatamente le reazioni omofobe e transfobe non sono sempre dello stesso tenore. Di fronte alla minoranza violenta e alla maggioranza silenziosa e complice comincia ad emergere la voce dissidente di un certo numero di credenti eterosessuali che fanno affermazioni più liberali, favorevoli alla tolleranza, come l’accettazione dell’altro in tutte le sue differenze.
Il gruppo musicale cristiano Glorious ha così pubblicato un articolo sulla stampa, “Lettera aperta a nostro fratello omosessuale“, che condanna la violenza degli ultras cattolici:
“Questo non è il Vangelo […] Noi te lo diciamo, fratello mio, abbiamo vergogna e siamo shoccati. La stupidità può fare dei violenti danni.
Dobbiamo essere capaci di non provocarla. Vogliamo che tu sappia che il Vangelo e la nostra Chiesa ci insegnano ad amare il nostro prossimo come noi stessi (…).”
Se la Chiesa cattolica sembra accettare le persone, pur condannandone gli atti, essa continua ad opporsi e a negare contro ogni logica l’esistenza dei diritti delle minoranze sessuali.
Per omosessuali e trans armonizzare fede ed identità sessuali resta così sempre molto difficile nel 2010.
Cristianesimo: il prezzo della libertà è la vigilanza continua
Il cristianesimo è composto da una pluralità di Chiese, ognuna delle quali si deve confrontare con le questioni sul riconoscimento dei diritti delle minoranze sessuali.
Contrariamente alla Chiesa di Roma, alcuni cristiani sono molto più avanti nell’integrazione dei fedeli omosessuali e trans alla liturgia.
La Danimarca, che è stato il primo Paese al mondo ad autorizzare, nel 1989, l’unione civile di omosessuali, mentre la Chiesa luterana lì è religione di Stato, oggi si interroga sul riconoscimento del matrimonio religioso delle persone LGBT.
Secondo un sondaggio pubblicato nel 2010 da un quotidiano cristiano danese, il 63% degli abitanti è favorevole al matrimonio religioso delle persone LGBT.
Interrogati dalla stampa, sei dei dieci vescovi della Chiesa evangelica luterana di Stato si dichiaravano favorevoli all’unione sull’altare delle coppie omosessuali.
Il Primo Ministro danese Lars Lokke Rasmussen si è allora dichiarato “aperto” ad ogni idea di uguaglianza tra le coppie, ritenendo che sia compito della Chiesa fare il primo passo: “Se la Chiesa danese desidera aver la possibilità di sposare gli omosessuali (…), noi naturalmente accoglieremo positivamente la cosa.”
Anche se va riconosciuto che ci sono stati notevoli progressi, non si deve dar nulla per certo. Il primo vescovo apertamente omosessuale della Chiesa episcopale, branca americana della Chiesa anglicana, ha dovuto rinunciare alle sue funzioni sotto la costante pressione e le minacce di morte da parte dei fanatici.
La sua ordinazione nel marzo 2003, la prima di un vescovo omosessuale in tutta la cristianità, aveva profondamente diviso la Chiesa episcopale americana, portando alcune parrocchie a rompere i loro legami e ad allinearsi sulla posizione dei vescovi anglicani conservatori africani e sudamericani.
La vigilanza e la pronta reazione rimangono così indispensabili, anche all’interno delle Chiese più liberali.
Come gli omosessuali finlandesi che hanno lasciato la Chiesa evangelica luterana dopo che una responsabile del centrodestra, Paivi Rasanen, sposata con un prete, ha dichiarato che “dentro di loro gli omosessuali sanno che stanno facendo qualcosa di male”.
Ebraismo: piccoli passi avanti
L’ostilità che omosessuali e trans suscitano nelle cerchie religiose estremiste ebraiche rimane sempre evidente.
Così, in occasione del Gay Pride di Gerusalemme, a pochi chilometri dall Knesset (il Parlamento israeliano, ndr), nel quartiere ebraico ultraortodosso di Méa Shéarim, circa 2.000 “uomini in nero” hanno recitato preghiere e si sono lamentati deplorando che questa manifestazione avvenisse nella Città Santa, perché alcuni passaggi della Torah considerano l’omosessualità come “un abominio”.
Al contario, il movimento liberale e la Conferenza centrale dei rabbini americani ritengono che la scienza abbia ormai dimostrato che l’omosessualità sia un orientamento sessuale biologico. Ne deducono che la Legge divina debba essere interpretata diversamente.
In alcune comunità ebraiche gli omosessuali sono accettati a pieno titolo e, a partire dagli anni ’80, i candidati dichiaratamente omosessuali possono venir ammessi in alcune scuole rabbiniche.
Tra queste due posizioni estreme c’è una maggioranza silenziosa. Chi tace acconsente?
La parola a… HM2F (Omosessuali Musulmani di Francia). Dalle tenebre verso la luce
Riflessioini di Ludivic Zahed, fondatore e portavoce di HM2F (Collettivo cittadino degli omosessuali musulmani di Francia)
Islam in arabo significa “essere in pace”. Il significato primario di questo termine fa riferimento ad un processo in divenire.
Beninteso voi non troverete da nessuna parte questo significato al primo posto tra le varie traduzioni possibili della parola Islam.
Questo perchè una tale traduzione non sarebbe conforme al credo, sempre più dogmatico, sostenuto dai musulmani radicali, in Francia come altrove.
Dal mio punto di vista è tuttavia chiaro che l’Islam -in quanto cultura e religione- non debba più essere considerato, per sua stessa natura e intrinsecamente, omofobo.
In quanto musulmano e omosessuale, mi riguarda direttamente il sapere se la seconda religione della Francia -che molti pensatori e filosofi francesi o stranieri ci dicono essere in piena fase di riforma- arriverà un giorno ad offrirci il volto di una spiritualità pienamente serena, laica, ugualitaria, progressista, veramente inclusiva e liberata da ogni forma di pregiudizio dogmatico o superstizioso.
Quando si è allo stesso tempo omosessuali e musulmani ci si trova ancora oggi molto spesso ad essere sottoposti a pressioni da parte della propria famiglia o dell’entourage in generale, è un po’ come trovarsi tra il martello dell’islamofobia e l’incudine dell’omofobia.
Eppure più che mai voglio credere che ci sia speranza. L’Islam di Francia senza dubbio dovrà essere in grado di proteggere e difendere i diritti delle minoranze sessuali, specialmente all’interno di una comunità musulmana, che troppo spesso viene a torto considerata come intrinsicamente e irrimediabilmente omofoba.
Questo benchè l’omosessualità, in arabo al-mathliya al-djansiya, non sembra essere condannata in modo chiaro da nessuna parte, nè nel Corano, nè nelle “hadiths” -le parole del profeta dei musulmani. E’ ciò che ricordava il rettore della moschea di Bordeaux, l’imam Tarek Oubrou, presente all’Assemblea nazionale per la Giornata mondiale di lotta contro l’omofobia e la transfobia, il 17 maggio 2010 (1).
Sembra proprio che sia la “tradizione” -la rappresentazione che alcune persone possono avere dei loro ideali islamici- a necessitare di un’evoluzione. In questo, gli omosessuali musulmani francesi sembrano all’avanguardia di una riforma delle due immagini convenzionalmente contrapposte, una legata all’Islam e l’altra all’omosessualità; noi siamo un legame tra la comunità LGBT e la comunità musulmana di Francia.
In effetti è proprio questa una delle principali preoccupazioni di quelli che oggi vengono da alcuni chiamati “gli omo musulmani”: la lotta contro l’omofobia, contro tutte le forme di discriminazione e a favore dell’accettazione incondizionata di tutte le forme di diversità umana.
Nel corso delle riunioni dei HM2F (il collettivo cittadino degli omosessuali musulmani di Francia) è emerso il concetto che sembra molto importante non essere più stigmatizzati da pensatori o da religiosi, spesso autorità autoproclamatesi, che si servono di una “pseudoscienza” che manipolano a loro piacimento, allo scopo di sotto-umanizzarci, di disumanizzarci, di fare di noi esseri umani incompleti e giustificare in qualche modo il fatto che secondo loro noi non siamo abbastanza degni -abbastanza umani?!- per essere in grado di esprimere liberamente una qualsiasi forma di spiritualità.
Alcuni ci descrivono come “pervertiti” o “squilibrati” (2).
Sembra che per alcuni musulmani radicali, dato che l’Islam non ha un clero in senso stretto, l’omosessualità dovrebbe essere considerata un comportamento sessuale contro natura.
Tuttavia appare oggi sempre più chiaramente che questa violenza omofoba, ingiusta e ormai ingiustificabile in questa alba del XXi secolo, non ha altro fondamento che nella tradizione, in usanze che, per definizione, devono evolversi per consentirci di uscire, tutti insieme, dalle tenebre verso la luce.
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(1) Vedi ‘Tous unis à l’assemblée nationale Française contre l’homophobie, la transphobie de certains religieux‘ (18 mai 2010)
(2) Tarik Ramadan, Islam et homosexualité (2009)
Testo originale: Rapport annuel 2011 sur l’homophobie (file pdf)