Una legge contro l’omofobia serve. I genitori cattolici con figli Lgbt pugliesi scrivono ai loro vescovi
Articolo di Luca Kocci pubblicatao sul settimanale Adista Notizie n°27 del 11 luglio 2020,pp.5-6
Manifestano il proprio sconcerto per la posizione della Presidenza della Conferenza episcopale italiana che lo scorso 10 giugno è intervenuta per bocciare le proposte di legge – ora convogliate in un testo unificato – per contrastare l’omofobia (non servono e mettono a rischio la libertà di opinione di criticare l’omosessualità, ha detto in sostanza la Cei, v. Adista Notizie n. 24/2020).
Si tratta di alcuni genitori cattolici di figli omosessuali (tutti pugliesi, delle province di Brindisi, Taranto e Foggia; per contatti, Albarosa Sanzo: albarosa.sanzo@gmail.com) che hanno deciso di scrivere al referente territoriale della Cei, ovvero mons. Donato Negro, vescovo di Otranto e presidente della Conferenza episcopale pugliese, per comunicare le proprie perplessità.
«Come genitori cattolici di figli omosessuali, la predetta presa di posizione ci ha lasciato molto perplessi perché non comprendiamo come alla Presidenza della Cei sia potuto sfuggire il gran numero di aggressioni verbali e fisiche di cui sono fatte oggetto coppie omoaffettive», scrivono i genitori, i quali ricordano che nel 2019 in Italia si sono registrate 84 aggressioni (di cui cinque in Puglia) nei confronti di persone omosessuali.
Le obiezioni che muovono ai vescovi sono pacate ma nette e, aggiungiamo noi, difficilmente contestabili. «Qui non si discute – scrivono – se la morale cattolica attuale debba accettare o meno una unione tra persone dello stesso sesso, ma semplicemente se commettere o istigare a commettere atti di discriminazione, di violenza o di provocazione alla violenza ai danni di persone omosessuali o transessuali debba essere punito con aggravio di pena come crimini d’odio, così come avviene nell’attuale legge per motivi razziali, etnici, nazionali o, non ultimo, religiosi».
Proseguono: «Non si comprende come si possano verificare “derive liberticide”, come sostiene il comunicato della Cei. A ben vedere, infatti, la proposta di legge 569 in discussione non inserisce alcuna norma incriminatrice “ulteriore” ma si limita a introdurre, in articoli già esistenti, degli elementi e delle aggravanti ulteriori con riferimento ai motivi alla base di reati di discriminazione già esistenti. Detto altrimenti, l’intervento legislativo non amplia la tipologia di azioni sanzionabili, ma inasprisce la pena per reati che sono già sanzionati, per l’ipotesi che la discriminazione sia fondata sull’orientamento sessuale o di genere. Non si capisce dunque quale sia la connessione con i reati di opinione»
Alla lettera sono allegate due testimonianze. Quella di una coppia di genitori (fra i firmatari del testo a mons. Negro), impegnata con gli studenti delle scuole superiori di Foggia per contrastare l’omofobia.
E quella di una coppia omosessuale, già vittima di una aggressione violenta a Manfredonia, che scrive: «Credo che saremo veramente una comunità con senso civile quando riusciremo a prendere un martello tra le mani e iniziare ad abbattere le mura delle nostre chiese e dei nostri palazzi, e saremo capaci di celebrare questa vita dentro la storia umana, tra le persone che sono fatte di carne, come lo era il Cristo e come lo è il Vangelo.
Nel momento in cui ci verranno tolte le nostre sicurezze, i nostri spazi, luoghi, palazzi, usanze, ci sentiremo più persi o più uomini? Ci sentiremo più persi o più donne? Credo che per essere davvero Chiesa e corpo di un Cristo che piange ogni uomo e donna abbandonati e feriti dalla discriminazione a causa del proprio orientamento sessuale, la nostra comunità deve imparare a spogliarsi della propria religione e cominciare a cercare la fede per danzare la vita nella sua diversità.
Se oggi ci sono tanti omosessuali che credono ancora in Gesù e nella potenza del Vangelo è grazie al papa che ha mostrato misericordia, grazie a quei pochi sacerdoti che si fanno portatori della buona novella tra gli ultimi, grazie a quei religiosi veri uomini evangelici, che hanno saputo e continuano a “ri-generare” il Verbo di Dio facendo discernimento sui propri fratelli e sulle proprie sorelle».
«La questione meriterebbe una riflessione più approfondita da parte della Chiesa cattolica, anche per la presenza tra i presbiteri e i fedeli di persone omoaffettive la cui incolumità andrebbe tutelata come quella di tutti prosegue la lettera dei genitori a mons. Negro –.
Un approfondimento che consideri l’assenza di ogni riferimento negativo sull’omosessualità nei Vangeli e la vocazione al rispetto e all’accettazione di ogni diversità da parte delle comunità dei credenti per preannunciare la fraternità del Regno. Soprattutto in una società secolarizzata, omofoba e patriarcale ci aspettiamo dalle comunità modelli di vera fraternità e non riproduzioni delle discriminazioni presenti nella società che si vuole evangelizzare e moralizzare».
Conclude la lettera: «Siamo consapevoli di provenire noi stessi genitori da una cultura della paura per la diversità ma abbiamo deciso di metterci in ascolto dei nostri figli e di imparare alla scuola del rispetto delle differenze che ci danno l’opportunità di frequentare. Perciò crediamo che solo dalla conoscenza reciproca le comunità cristiane potranno superare la paura ed il pregiudizio verso le persone omosessuali e transessuali che le attanaglia»