Una storia di difficoltà e isolamento. Quando l’incontro fa superare la discriminazione
Riflessioni dei volontari del Centro d’ascolto della Parrocchia cattolica di S. Antonio al Romito di Firenze lette nella fiaccolata per il superamento della violenza dell’omotransfobia e di tutte le discriminazioni di Firenze del 17 maggio 2018
Una storia di difficoltà e di isolamento, come tante purtroppo. La storia che vogliamo brevemente riportare qui stasera prende inizio dall’incontro dei volontari del Centro d’ascolto di una Parrocchia della periferia fiorentina (S. Antonio al Romito in via Corridoni) con una mamma rom (kossovara) di 30 anni con quattro figli minori (10, 8, 7, 4 anni) e il padre in carcere. In quel momento la mamma e i suoi figli vivono un’esperienza di isolamento dal contesto sociale (ricordiamoci a questo proposito di quello che pensa in genere la gente dei Rom: “cosa ci importa dei rom? Sono tutti ladri, che si arrangino!”) nonché dai genitori del marito, che non trovano di meglio che cacciarli tutti e cinque fuori di casa. Per loro si apre un periodo di grande difficoltà (dormono per un po’ nei giardini pubblici e poi in case occupate fino ad arrivare nell’occupazione dell’Hotel Concorde).
La costruzione di una relazione
All’inizio abbiamo cercato di interagire con la mamma, vincendo piano piano le sue legittime diffidenze nei confronti del mondo circostante. Non si fidava di nessuno, preoccupata di difendere sempre e comunque i figli e nell’attesa del ritorno del marito. Le abbiamo offerto i pacchi viveri periodici (indispensabili!) e relazioni umane che sono risultate altrettanto fondamentali e risolutive rispetto alla sua situazione di isolamento sociale, di mancanza di speranza, figlia dell’indifferenza e di una sostanziale intolleranza espressa dal contesto sociale. E’ servito pure un invito alla cena annuale della Parrocchia…
Il momento di svolta della storia
Nel frattempo il marito esce dal carcere di Sollicciano, la situazione abitativa e il grave degrado all’interno dell’Hotel Concorde è sempre più critica, specie per i figli. Decidono di andare ad occupare una casa in miglior stato. Il Centro d’ascolto solidarizza con la famiglia, si attiva un progetto di accoglienza del Comune a condizione che l’occupazione si concluda entro le 24 ore. Operatore pubblico e Centro d’ascolto contribuiscono a creare un clima di fiducia con la famiglia, che alla fine accetta il percorso comprendente un periodo di alcuni mesi in una struttura di accoglienza e successivamente un appartamento per due anni. Nel frattempo il marito si è dato da fare e ha trovato lavoro.
Breve commento alla storia
Tante possono essere le considerazioni che potremmo fare su questa storia; ci limitiamo a farne alcune, le più importanti a nostro avviso. La prima, importantissima, è l’incontro con le persone in stato di bisogno, farle uscire dall’invisibilità derivante dall’indifferenza e dalla discriminazione espresse in buona sostanza dalla società attraverso relazioni positive: amicali, di solidarietà e fiducia. La seconda è realizzare un’interazione efficace, capace cioè di creare rispetto, fiducia, cambiamento della realtà, speranza nel futuro. La terza è l’esperienza positiva dell’incontro con operatori dei servizi sociali pubblici che riescono a realizzare progetti di cambiamento delle condizioni delle persone che si trovano in stato di bisogno, a causa anche delle mille forme di intolleranza che avvengono nel nostro paese.