Una vita breve, piena di opere più che di giorni. Balzac e il suo secolo
Articolo di Lavinia Capogna
Tutte le persone che conobbero Honoré Balzac a partire da Victor Hugo, che fu suo amico, fino a quelle meno note, lo descrissero come un uomo con uno splendido sguardo pieno di allegria, affabile e di buon cuore. Non era bello, da giovane era magro, con abiti modesti e disordinati, da adulto invece grasso, con i baffi ed elegantemente abbigliato.
Balzac nacque nel 1799 in un momento storico travolgente per la Francia, il suo paese. Dalla Rivoluzione scoppiata nel 1789 a quasi tutto l’Ottocento l’influenza della Francia sull’Europa fu enorme. Il 1800 fu il secolo francese e non solo politicamente come vedremo ma anche letterariamente con i suoi grandi scrittori come Honoré de Balzac, Victor Hugo, Stendhal, Flaubert, Émile Zola, la scrittrice George Sand, Guy de Maupassant, Théophile Gautier, Alexandre Dumas padre e Dumas figlio per citare solo i più celebri.
Il francese era anche la lingua franca dell’epoca così come oggi lo è l’inglese, in “Guerra e pace” Tolstoj scrive che a Mosca e a Petroburgo non solo gli aristocratici parlavano in francese ma pensavano in francese.
Il 18 brumaio 1799 (sei mesi dopo la nascita di Balzac) un giovane ufficiale di soli 30 anni prese il potere con un colpo di stato: era l’ambizioso Napoleone Bonaparte, figlio di un avvocato franco italiano della Corsica caduto in disgrazia, salito alla ribalta grazie alle sue rapide vittorie contro gli austriaci nel nord Italia.
Così si concluse la Rivoluzione francese, essa era stata un processo storico che era durato ben 10 anni, dal 1789 al 1799 appunto. La Rivoluzione Francese non solo aveva posto prepotente la Francia in primo piano tra tutti i paesi europei ma aveva cambiato radicalmente la visione del mondo. Dopo la Rivoluzione americana del 1776 anche quella francese aveva dichiarato che tutti gli uomini nascono liberi ed uguali, era stata influenzata dalle idee dei filosofi ma probabilmente, come suggerisce qualche storico, più di esse il grande aumento del prezzo del pane, l’alimento base dei poveri, aveva scatenato la Presa della Bastiglia del 1789.
La monarchia assoluta che si dichiarava al potere per volontà di Dio era stata rovesciata, il Re Luigi XVI, che ostinatamente non aveva voluto dare ascolto ai suoi consiglieri più avveduti e progressisti, era stato ghigliottinato.
La Rivoluzione francese, che era una lotta senza quartiere tra le sue fazioni, girondini, giacobini, foglianti, sanculotti, aveva messo in atto grandi ideali e principi, aboliti ingiusti privilegi ma anche commesso crimini come il Terrore di Robespierre in cui furono uccise migliaia di persone innocenti tra le quali la regina trentaseienne, Maria Antonietta. Come aveva ben compreso Johann Wolfgang Goethe, che era stato presente come osservatore alla battaglia di Valmy tra i francesi e gli austriaci, il mondo era completamente cambiato.
Balzac visse proprio in quest’epoca tumultuosa e trascorse la sua infanzia e la sua adolescenza durante l’impero di Napoleone Bonaparte, che da ufficiale si sarebbe trasformato ben presto in imperatore dei Francesi e re d’Italia.
Balzac nacque a Tour, una antica e bella città di provincia sulla Loira, la sua famiglia era una famiglia borghese di origine contadina, non povera ma neppure ricca, quando lui nacque suo padre aveva già 51 anni, sua madre solo 19. Queste estreme differenze di età tra coniugi erano allora molto frequenti in quanto gli uomini si sposavano quando già avevano fatto carriera e le ragazze invece molto presto.
La vita di Balzac iniziò con una grande assenza di affetto da parte dei genitori, infatti appena nato venne abbandonato per quattro anni nella casa di un gendarme e di sua moglie dove venne tenuto a balia, poi venne mandato in collegio fin da ragazzo, collegio che egli descrisse nel suo bel romanzo autobiografico “Louis Lambert”, che fu ammirato da Goethe.
Balzac giudicò in seguito la madre come una donna molto dura che lo aveva sempre ostacolato e che non era stata per nulla una vera madre affettuosa. Con questa mancanza di affetto fin dalla nascita egli si sarebbe potuto trasformare in un cupo ed inquieto rappresentante dell’incipiente Romanticismo (i poeti inglesi William Wordsworth e Samuel Coleridge avevano proprio allora pubblicato in Inghilterra le loro bellissime liriche che avevano dato inizio al Romanticismo) ma invece diventò, grazie al suo carattere allegro ed affabile, un amante della vita. Nel triste collegio dove c’erano anche pene corporali per i ragazzi meno asserviti Balzac non si contraddistinse per lo studio ma per la sua passione per i libri. Faceva di tutto per averli e leggeva di tutto.
La famiglia avrebbe voluto ventenne avviarlo alla professione di avvocato e il giovane provinciale si iscrisse a legge, ebbe buoni voti, seguì anche corsi di filosofia ma avendo scoperto la sua vocazione letteraria decise di dedicarsi risolutamente a quella ed iniziò a scrivere molto. Fino ai trent’anni Balzac scrisse romanzi, manuali, testi filosofici, di costume, articoli, una commedia storica, fu un ghostwriter, insomma compì una marea di lavoro letterario che poi considerò di nessun valore ma che gli servì come allenamento per trovare il suo registro e comporre i suoi capolavori.
A 23 anni l’amicizia e poi l’amore con una signora di 45 anni, Madame du Berny, fu il felice incontro tra un timido aspirante scrittore ed una donna eccezionale. Il ritratto che Balzac ha lasciato di lei nel romanzo “Madame Firmiani” è incantevole: comprensiva, intelligente, sensibile, premurosa, ella intuì prima di tutti gli altri il talento di Balzac, fu un’amica, una consigliera prima e poi una compagna nonostante fosse sposata ed avesse otto figli. Si dice che dietro ogni grande uomo ci sia una grande donna e spesso è vero e madame Du Berny fu la grande donna di Balzac. I ritratti di Madame du Berny la mostrano come una donna delicata, raffinata, suo padre era stato un suonatore d’arpa tedesco alla corte di Luigi XVI e di Maria Antonietta e sua madre era stata una cameriera privata della regina, la quale le aveva anche donato una collana.
Anche se Balzac era eterosessuale esiste un mistero nella sua vita. Lo scrittore Octave Mirabeau in un libro del 1907, intitolato “La morte di Balzac”, che venne proibito dalla censura e pubblicato solo 60 anni dopo alluse a ‘debolezze ed inclinazioni” di Balzac che non chiarì, ma lo accostò ad Oscar Wilde. Sembrerebbe un riferimento ad un possibile orientamento bisessuale dello scrittore di cui non rimane traccia. Era sincero Mirabeau?
Judith Lyon – Cahen in una recensione intitolata “Balzac Queer”, relativa ad un saggio su Balzac di Michael Lucey “Le ratés de la famille” (I fallimenti della famiglia) del 2009, citò alcuni personaggi di Balzac in cui vi potrebbero essere elementi omosessuali:
“Il rapporto da compagnoni di Pons e di Schmuke, la passione atipica di Bette per Wenceslas e la sua amicizia appassionata per Valérie Marneffe, l’amore di Vautrin per Lucien o ancora la divorante passione tra due donne è il segreto di “La ragazza con gli occhi d’oro”.
Questo ultimo libro è il più dichiarato ed è la storia di un dandy, un giovane disincantato che non crede a nulla, che si innamora di una bellissima ragazza la quale ha una relazione sentimentale con un’altra ragazza, gelosa e possessiva. Nello stesso anno, il 1835, anche il suo amico Théophile Gautier racconterà nel celebre “Mademoiselle de Maupin” la storia di una ragazza che vestita da ragazzo e scambiata per un bel giovane mette in subbuglio i cuori di una cittadina.
E’ anche vero che il bellissimo e delicato Lucien de Rubempré di “Illusioni perdute” di Balzac ha qualcosa di velatamente omosessuale ed Oscar Wilde scrisse “Chi avrà mai voglia di uscire per andare a una serata mondana ad incontrare il suo amico d’infanzia Tomkins quando può starsene a casa in compagnia di Lucien de Rubempré?”. Infine Vautrin, un personaggio che ricorre in vari romanzi di Balzac, è considerato oggi il primo personaggio gay della letteratura. Può’ anche essere utile notare che una legge francese contro l’omosessualità maschile in vigore da secoli era stata abolita dai rivoluzionari nel 1791 e che la Francia era considerato il paese più spregiudicato al mondo.
Balzac fu anche uno scrittore in un certo senso femminista infatti nella sua immensa opera “La commedia umana”, composta da una novantina di romanzi, e a cui lavorò incessantemente dai 30 ai 50 anni, i personaggi femminili, come vedremo, sono molto importanti e ben descritti psicologicamente a partire dalla celebre Eugénie Grandet dell’omonimo romanzo. Non a caso a Balzac scrivevano moltissime donne, spesso infelici in matrimoni non d’amore, isolate in misconosciute provincie, e trovavano nello scrittore un uomo che rispondeva loro con sensibilità, rispetto ed attenzione. Vedremo quanto una lettera giunta un giorno sulla sua scrivania sarebbe stata decisiva per lui.
Nel corso della sua vita Balzac intraprese anche altri lavori oltre a quello di scrittore dedicandosi a strampalate attività commerciali che ebbero esito fallimentare: allestì una stamperia finanziata da Madame Du Berny che dovette poi chiudere, fondò due giornali che non ebbero molti lettori, importò ananas tropicali a Parigi senza successo, acquistò una miniera in Sardegna che non seppe sfruttare. Per tutta la vita fu circondato, assediato, perseguitato dai creditori a cui doveva grandi somme, arrivò a sfuggire loro vestendosi da donna, abitò in case sotto falso nome.
Dall’età di 30 anni iniziò a lavorare alla sua grande opera, aveva ormai acquisito una grande conoscenza del mondo, aveva conosciuto molte persone di tutti gli ambienti sociali. La sua idea fu di scrivere una “Commedia umana” in cui descrivere minutamente la società della Restaurazione, dopo la sconfitta di Napoleone Bonaparte a Waterloo.
Balzac analizzò una società cinica dove c’era un solo dio: il denaro, una società senza scrupoli, una società di cui descrisse tutti i vizi e tutti i difetti: aristocratici, nuovi borghesi, proletari, contadini, giornalisti commercianti, medici, preti, avvocati, studenti, artisti, ragazze ingenue, cortigiane, tutto un mondo ed una società sfila nei romanzi di Balzac, dalla frenetica Parigi alle cittadine dove non c’era nulla da fare all’ombra dei tigli e delle persiane azzurre delle vecchie case.
Molto giustamente Frederich Engels, saggista e rivoluzionario comunista tedesco, collaboratore di Karl Marx, scrisse che aveva imparato a conoscere la società più leggendo le opere del ‘reazionario’ Balzac che qualsiasi altre. Ma Balzac era anche un raffinato psicologo oltre che uno studioso della società e con trame avvincenti, spesso anche divertenti, e uno stile semplice, scorrevole, non prolisso (raro nel 1800) che rendeva e rende partecipe il lettore fin dalla prima riga, descrisse stati d’animo, emozioni, amori, nella cornice a volte sobria e a volte kitsch del suo tempo.
“In pelle di zigrino” raccontava una ossessione quasi dostoievskiana e Dostoievskij adorava i suoi libri e da giovane aveva tradotto “Eugénie Grandet” dal francese al russo. Balzac scriveva anche 16 ore al giorno, la sua dedizione al lavoro fu veramente incredibile, usava il caffè, come stimolante per non addormentarsi e mantenersi lucido, e ne beveva quantità impressionanti.
Nel mondo letterario pieno di invidie e di gelosie Balzac si comportò mirabilmente: scrisse una splendida recensione a “La Certosa di Parma” di Stendhal in cui rivelò il genio del romanziere. Stendhal era allora quasi misconosciuto, era console francese nella piccola Civitavecchia, cittadina del Regno Pontificio dove non arrivava mai un francese, e ricambiò con una commossa lettera il celebre Balzac che, del tutto disinteressatamente, aveva elogiato il suo romanzo.
A Milano, dopo esser stato invitato da tutta la buona società, fece una gaffe su “I promessi sposi” (non si sa quale) che suscitò sdegno tra i milanesi. Balzac non aveva letto il romanzo e si scusò – non tutti lo avrebbe fatto. Tra parentesi incontrò Manzoni ma sembra che l’ansioso scrittore sia rimasto silenzioso e sopraffatto difronte alla inarrestabile parlantina del collega francese.
Infine quando un editore parigino, molto potente ed influente, si comportò molto scorrettamente con lui avendo pubblicato le bozze di un suo romanzo prima che lui le avesse rivedute, lo denunciò. Balzac venne attaccato da ogni parte, da mediocri colleghi, da giornalisti intriganti, vennero fatte vignette satiriche su di lui ma egli non cedette e vinse la causa. Dalla sua parte ebbe solo il sempre coraggioso Victor Hugo e il simpatico Théophile Gautier.
Frederich Engels aveva chiamato Balzac ‘reazionario’ in quanto egli era letteralmente ammaliato o meglio abbagliato dall’aristocrazia: aveva mutato il suo cognome dal troppo borghese Balzac all’aristocratico De Balzac e quando si era innamorato di una nobildonna, che non lo aveva ricambiato ma un giorno pesantemente insultato senza ragione, si era candidato nel partito dei legittimisti. I legittimisti erano coloro che volevano che la Francia ritornasse a prima del 1789. Tutti i suoi amici repubblicani e socialisti lo misero in guardia contro l’ipocrisia dei legittimisti ma Balzac si candidò egualmente ed ottenne… 20 voti ! La Francia in cui visse Balzac fu scossa dalla Rivoluzione del luglio 1830, da quelle del 1848, dalla grande lotta tra conservatori e socialisti, questi ultimi lottavano per l’eguaglianza sociale e l’abolizione dei privilegi.
Eugénie Grandet, che nell’omonimo capolavoro di Balzac è l’unica persona nel suo gretto ambiente con una bellezza interiore, è una nuova figura di donna che irrompe sulla scena: quando si innamora perdutamente del viziato cugino si ribella al tirannico padre, avaro milionario che fa vivere moglie e figlia in povertà, ed è moderna come la Jane Eyre di Charlotte Brontë che rifiuta di sposare il pastore di cui non è innamorata e che le assicurerebbe una rispettabile vita sociale. Un altro capolavoro è “Papà Goriot” con la terrificante ambizione di Rastignac.
In senso religioso Balzac è stato spesso incompreso: c’è chi lo ritenne un fervente cattolico e chi un ateo ma egli non fu nessuno dei due: nei suoi libri denunciò con vigore il bigottismo e il clero privilegiato ma non fu sedotto dall’ateismo francese, che dopo la tragica Vandea in cui rivoluzionari e bigotti si erano scannati a vicenda, faceva frettolosamente di tutta l’erba un fascio: preti immorali ed autentica spiritualità. Egli, come Victor Hugo, era affascinato dallo spirituale e dalla nascente parapsicologia di Allan Kardec, pedagogo seguace del famoso Pestalozzi.
Balzac ammirava Swedenborg, un progressista svedese del Seicento che aveva messo in atto alcune riforme nel suo paese e che aveva narrato di avere vissuto alcuni “viaggi” nell’aldilà. Si interessava al magnetismo di Mesmer allora molto discusso.
Quando Balzac aveva 33 anni ricevette una lettera tra le tante che lo colpì particolarmente: essa proveniva dalla Russia, anzi dall’Ucraina per la precisione che faceva allora parte dell’immenso impero russo dello zar, era una lettera scritta in francese da una donna che si firmava ‘La straniera’. Una ammiratrice dei suoi romanzi su cui però sollevava alcuni dubbi, Balzac non si offese per nulla ma restò affascinato da quella misteriosa lettera, dai suoi pensieri e dalla sua provenienza.
Quale cosa più avvincente per uno scrittore dalla fantasia inesauribile come lui che ricevere una lettera da una misteriosa, anonima straniera che proveniva dalla lontanissima Russia piena di neve? Balzac riuscì incredibilmente a scoprire il nome della sua ammiratrice letteraria. Alla quarta lettera si era già innamorato della scrivente senza averla mai vista di persona, senza sapere quale fosse il suo aspetto, senza sapere chi realmente ella fosse.
Ewelina (o Eva come la chiamava lui) Hanska era una aristocratica polacca (la Polonia era allora occupata dalla Russia) sulla trentina, una donna colta, abbonata a tutte le novità letterarie parigine, sposata con un milionario ucraino molto più grande di lei, madre di una figlia.Una miniatura giovanile la ritrae come molto carina. Essi si scrissero segretamente, Balzac inviava le lettere ad una governante svizzera che lavorava per Madame Hanska e che in seguito ebbe grandi rimorsi per il ruolo che aveva svolto in quella relazione adultera, anche se in realtà quella relazione si svolse per anni essenzialmente a distanza.
Balzac nelle sue lettere si aprì completamente emotivamente con Madame Hanska: la sua situazione interiore, la sua solitudine nonostante la giovinezza, i suoi problemi sempiterni con i creditori, il suo lavoro incessante e i suoi grandi progetti futuri. A Balzac sfuggì l’aspetto pericoloso della situazione: affidare il suo cuore ad una sconosciuta. Egli vide in Madame Hanska la sua donna ideale e la pose su un piedistallo.
L’anno dopo l’inizio della loro corrispondenza si conobbero e iniziò una relazione sentimentale ma negli anni a venire si frequentarono pochissimo, per ben sette anni non si videro più nonostante continuassero a scriversi. In un futuro imprecisato si sarebbero forse sposati dopo la morte del marito di lei. Nel frattempo Madame Hanska pretendeva che Balzac le fosse fedele.
Dopo otto anni dalla prima lettera della nobildonna il marito di lei morì ma lei non aveva fretta di sposare Balzac in più la sua famiglia si opponeva a questo secondo matrimonio. Balzac intraprese numerosi viaggi per vederla nonostante la sua (di lui) cattiva salute, problemi cardiaci e terribili dolori di stomaco, e convincerla a sposarlo ed infine nel marzo 1850 ci riuscì. Non era interessato al patrimonio della moglie, i familiari del primo marito si erano impossessati di quasi tutto.
Le 400 lettere di Balzac ad Eva Hanska sono estremamente romantiche. I biografi di Balzac sono incerti riguardo ai sentimenti di Madame Hanska, sembrerebbe quasi che lei fosse affezionata a Balzac ma non innamorata di lui. Addirittura Octave Mirabeau le attribuisce un amante in contemporanea al matrimonio, un mediocre pittore. In realtà Madame Hanska avendo distrutto lei stessa, pare, tutte le lettere che aveva scritto a Balzac, rimane una figura sfumata nella Storia tanto importante nella vita di Balzac e tanto opaca per i posteri. E i meccanismi di un amore – di qualunque amore – sono talmente intimi e delicati che solo i loro protagonisti ne conoscono la verità.
Purtroppo un destino avverso colpì Balzac appena sei mesi dopo dall’agognato matrimonio, le sue condizioni di salute peggiorarono ulteriormente anche a causa di una ferita a cui inizialmente non aveva badato troppo, essa si era infettata e era diventata incurabile, non esistevano ancora gli antibiotici. Aveva inoltre una peritonite.Victor Hugo ha scritto pagine sconvolgenti in cui descrisse la sua ultima visita a Balzac, fino ad una settimana prima allegro e ridente e poi febbricitante e moribondo.
Solo una domestica in lacrime accompagnò l’autore de “I Miserabili” al capezzale del grande Balzac. Assistito dalla madre egli morì quella notte, aveva 51 anni.
Al funerale, in un giorno di gran pioggia a Parigi nonostante fosse agosto, Victor Hugo tenne una orazione funebre che ancora oggi non può che suscitare commozione. Tra l’altro Victor Hugo disse: “La sua morte ha colpito di stupore Parigi. Da pochi mesi era rientrato in Francia. Sentendosi morire aveva voluto rivedere la patria, come alla vigilia di un grande viaggio si va a riabbracciare la madre. La sua vita è stata breve, ma piena: riempita di opere più che di giorni “.