Unioni gay. In Italia non cambia niente, ma cambia tutto
Articolo di Giampaolo Petrucci pubblicato su Adista Notizie n.38 del 1 Novembre 2014, pp.11-12
Il 18 ottobre (20014) in Campidoglio, a registrare il proprio matrimonio contratto in Canada, c’erano anche due amici di Adista, Dario De Gregorio e Andrea Rubera, quest’ultimo presidente di “Nuova Proposta”, gruppo di omosessuali credenti attivo a Roma da circa 25 anni. Con Andrea, Adista ha scambiato alcune battute a margine dell’evento capitolino.
Cosa cambia d’ora in avanti per voi coppie “registrate”?
Direi nulla, ovviamente. Ma non è del tutto vero che la trascrizione non produca diritti in senso assoluto: se uno dei due partner fosse extra-comunitario, per esempio, potrebbe scaturirne il ricongiungimento famigliare e si faciliterebbero le procedure per il permesso di soggiorno.
In ogni caso, per noi, qualcosa è cambiato e nessuno ce lo toglierà: il sindaco della nostra città, e per la prima volta un’istituzione pubblica italiana, ha dichiarato pubblicamente che siamo una famiglia e che è al nostro fianco.
Alfano parla di “autografi”. Possiamo dire che si tratta “solo” di un gesto simbolico?
Certo. Ma i simboli sono fondamentali per la vita. Come diceva Baudelaire “la natura è una foresta di simboli”. È stata una bellissima festa per noi e per i nostri bambini. A nostra figlia abbiamo raccontato che “il capo della città” aveva organizzato una grande giornata per noi e per altre famiglie.
E lei era elettrizzata. Quindi si, è stato un gesto di riconoscimento pubblico, quindi politico, ma nell’accezione più nobile del termine. Le nostre famiglie esistono qui e ora. Non sono presenze extraterrestri di cui stiamo evitando lo sbarco sulla Terra. Mi sorprendo che la politica non riesca a accorgersene e lasci coppie e bambini in uno stato di cittadinanza mutilata, di ingiustificabile fragilità nell’esercizio dei diritti.
L’evento è stato molto dibattuto anche sui media. Avete riscontrato più solidarietà o più condanna?
Più che altro solidarietà. Di amici, parenti, sconosciuti, giornalisti, sacerdoti, ecc. Ovviamente anche qualche attacco, purtroppo (per loro) quasi sempre in maniera codardamente anonima sui social network. E poi c’erano dei manifestanti sotto la scalinata e in piazza del Campidoglio. Sono sempre molto colpito da chi non riesce a gioire di un momento di festa e trova sempre il modo per protestare contro la felicità altrui.
Per la Chiesa questo è un periodo fecondo, ma forse anche ambiguo: il Sinodo sulla famiglia, con le sue speranze di rinnovamento, e la beatificazione di Paolo VI il 19 ottobre. Una strana coincidenza… Forse la Chiesa di Francesco intende passare per rivoluzionaria senza operare alcun cambiamento nel Magistero?
Anche se a piccoli passi, sicuramente qualcosa sta cambiando. Per esempio è arrivata la “rivoluzione semantica”: la parola gay è stata pronunciata ufficialmente per la prima volta da un papa, la questione delle famiglie omosessuali è stata citata nel Questionario presinodale e nella relazione intermedia del Sinodo stesso.
Nelle dichiarazioni di alcuni rappresentanti della gerarchia (come mons. Mogavero), poi, si intravede la possibilità di un nuovo approccio pastorale capace di rendere la Chiesa una comunità aperta a tutti, dove ci si confronta, ci si aiuta e ci si vuole bene, anche se alcune scelte di vita non vengono condivise da tutti.
Certo, alla fine dovrà arrivare il cambiamento “vero” del Magistero, ancora incapace di prefigurare per le persone omosessuali strade che non siano la castità. Anche la relazione finale del Sinodo dice inequivocabilmente che «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». Beh, nel leggerlo mi è sembrata una netta quanto frettolosa bocciatura di tante vite insieme, costruite con passione, determinazione, tenacia. Anche della nostra.
Secondo mons. Solmi, le registrazioni sono state una provocazione alla Chiesa che lavorava al Sinodo…
No, francamente credo sia solo una coincidenza temporale. Il Comune di Roma da tempo stava lavorando su questo e su altri progetti legati all’emancipazione delle persone omosessuali, e ho percepito chiaramente la buona fede.
L’incastro temporale con il Sinodo, e con le iniziali speranze di apertura, ne ha solo facilitato la notiziabilità. Cei e Vicariato continuano a dire che le unioni omosessuali non sono famiglie in senso stretto… Secondo me esiste già una maggioranza di vescovi che hanno compreso che nelle unioni omosessuali c’è del bene da mettere a disposizione della società.
Il mutuo sostegno, l’amore e un progetto di vita a lungo termine, per molte persone, è condizione indispensabile per vivere serenamente e, di conseguenza, per contribuire maggiormente al bene comune. Trascorrere decenni a nascondersi o a soffocare la propria affettività, come hanno fatto molti omosessuali, implica vivere a metà, non riuscire a sprigionare le proprie energie vitali. Ma Gesù stesso ci ha promesso “vita in abbondanza”.
Da credenti, come replicate agli attacchi di Cei e Vicariato?
Io rifiuto a priori la logica del vedere le dinamiche relazionali sotto forma di “attacco” e “difesa”. Io voglio contribuire al cambiamento della Chiesa. Mi sento parte di essa. Il mio posto è dentro, con trasparenza, visibilità e anche schiettezza nel raccontare le necessità mie e della mia famiglia e i vuoti pastorali in cui ci troviamo. Rimanere in una posizione di scontro non mi è mai appartenuto. Io ho sempre offerto, e chiesto, confronto, cammino insieme.
Mi pare che anche il ddl in discussione rifiuti il termine “matrimoni” per unioni che nella sostanza sono la stessa cosa… Segno che questa difficoltà appartiene al mondo politico?
Come dicevo prima, la semantica non è solo un orpello. Le parole pesano come macigni. Matrimonio ha avuto, sinora, un’accezione ben specifica e posso capire quanto sia difficile applicarla ad altri territori inediti.
Arriverà anche questo, forse. Nel frattempo, francamente, avendo l’urgenza di garantire ai nostri figli un futuro sereno, mi preoccupa la sostanza dei diritti più che la forma con cui vengono assicurati. Ad esempio, vorrei non dover fare la delega a mio marito quando va a prendere nostra figlia a scuola. Mio marito è il papà di nostra figlia, non il suo babysitter. Vorrei non aver dovuto fare il testamento come primo atto della nostra famiglia, costretto a pensare a quando la coppia non ci sarà più…
Avrei voluto anche io iniziare la nostra vita di coppia con una bella festa, come fanno tutte le coppie, dandolo per scontato… Ma per noi scontato ancora non lo è.