Unioni omosessuali. Un tema controverso nei due Sinodi sulla famiglia
Articolo di Michael Brinkschröder* pubblicato sul mensile cristiano Stimmen der Zeit (Germania), n.6, giugno 2015, pp.363-374, liberamente tradotto da finesettimana.org
Nell’ottobre 2014 il Sinodo straordinario dei vescovi provenienti da tutto il mondo si è occupato di “sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”. Nella fase di preparazione, papa Francesco aveva imboccato una nuova via inviando un questionario a tutte le Conferenze episcopali sollecitando in questo modo la partecipazione e il coinvolgimento di tutti i fedeli. Poiché il questionario comprendeva anche domande sulle unioni omosessuali e sui figli di coppie di genitori dello stesso sesso, se ne desumeva che anche le relazioni omosessuali sarebbero state oggetto delle discussioni sinodali. Come ci si poteva aspettare, questo argomento si è rivelato uno dei più controversi del Sinodo. Come si è svolta la discussione? Quali attori e quali posizioni sono emerse?
Poiché il processo sinodale è organizzato su due anni e giungerà a conclusione solo con il Sinodo dei vescovi ordinario dell’ottobre 2015, il Sinodo del 2014 è solo una pietra miliare sul cammino in atto. Come può riuscire la Chiesa cattolica a trovare risposte nuove e positive che siano condivisibili anche a livello di Chiesa universale?
.
Unioni omosessuali come tema del Sinodo 2014
I risultati del questionario diffuso in tutto il mondo sono stati sintetizzati nell’Instrumentum Laboris (IL) che è servito come base per la discussione durante la prima settimana del Sinodo (1). In maniera appropriata esso descrive, a proposito delle unioni omosessuali, tre diversi contesti geografici:
“un primo è quello in cui prevale un atteggiamento repressivo e penalizzante nei confronti del fenomeno dell’omosessualità in tutte le sue sfaccettature. Questo vale in particolare là dove la manifestazione pubblica dell’omosessualità è vietata dalla legge civile. Alcune risposte indicano che anche in questo contesto ci sono forme di accompagnamento spirituale di singole persone omosessuali che cercano l’aiuto della Chiesa”. (IL 110)
Un divieto espresso per legge di comportamenti omosessuali c’è attualmente in circa 80 paesi. Si tratta soprattutto di paesi in Africa, nei Caraibi e in Asia che appartenevano precedentemente all’impero coloniale britannico, e inoltre di paesi o regioni con una legislazione basata sulla sharìa. Si dice poi:
“Un secondo contesto è quello in cui il fenomeno dell’omosessualità presenta una situazione fluida. Il comportamento omosessuale non viene punito, ma tollerato solo fin quando non diventa visibile o pubblico. […] A sostegno di tale visione si adducono motivi di non discriminazione; atteggiamento che viene percepito dai credenti e da gran parte dell’opinione pubblica, in Europa centro-orientale, come un’imposizione da parte di una cultura politica o estranea”. (IL 111)
Molti paesi dell’ex blocco orientale, dopo il 1989, ebbero un’evoluzione molto veloce nella legislazione antidiscriminazione. Questo non derivava da un cambiamento dell’atteggiamento morale della popolazione nei confronti dell’omosessualità, ma dal fatto che l’UE faceva dell’equiparazione di gay e lesbiche una conditio sine qua non per dar corso alle trattative per l’adesione. Per questo nei paesi che intendevano aderire, essa divenne un argomento sociopolitico di forte impatto. Molti rappresentanti della Chiesa cattolica ed ortodossa si sentirono sopraffatti dalla politica dell’UE in ambito morale. Come reazione, la Chiesa cattolica in Croazia e in Slovacchia ha sostenuto una proposta di legge di iniziativa popolare che stabilisca nella Costituzione che il matrimonio è un legame tra uomo e donna. (2) Il testo dell’IL prosegue poi:
“Un terzo contesto è quello in cui gli Stati hanno introdotto una legislazione che riconosce le unioni civili o i matrimoni tra persone omosessuali. Ci sono Paesi in cui si deve parlare di una vera e propria ridefinizione del matrimonio, che riduce la prospettiva sulla coppia ad alcuni aspetti giuridici, come l’uguaglianza dei diritti e della “non discriminazione”, senza che ci sia un dialogo costruttivo sulle questioni antropologiche coinvolte, e senza che al centro vi sia il bene integrale della persona umana, in particolare il bene integrale dei bambini all’interno di queste unioni… Questo contesto è particolarmente presente nell’area anglofona e nell’Europa centrale” (IL 112)
Nel complesso mi sembra che la distinzione di questi tre contesti delinei un quadro molto realistico. Alcune zone geografiche, ad esempio l’America Latina, non vengono però esplicitamente classificate, benché lì in molti paesi la situazione sociale si sia rivoluzionata in pochi anni. Ad esempio, l’Argentina è il paese con la legislazione LGBT tra le più avanzate al mondo. Certo si presentano al contempo interrogativi critici riguardo alla percezione e all’inquadramento di processi di cambiamenti sociali. Ad esempio appare come una insinuazione piuttosto che come una descrizione di un dato di fatto che il bene dei figli non sia tenuto presente quando si tratta di adozione da parte di coppie omosessuali. O almeno l’IL non è, in questo, all’altezza delle intenzioni degli autori. Nella dichiarazione appare maggiormente l’atteggiamento di rifiuto di tutte le Conferenze episcopali dell’adozione di bambini da parte di coppie omosessuali. Tuttavia esse sono favorevoli al battesimo di un bambino in una “famiglia arcobaleno” se i genitori lo richiedono.
Un denominatore comune è anche il fatto che tutte le Conferenze episcopali si sono espresse contro una “ridefinizione” del matrimonio tra uomo e donna. Poiché neanche papa Francesco ha dato alcun segnale per un nuovo modo di pensare su tale questione, un cambiamento in merito è momentaneamente assolutamente escluso.
Finora – stabilisce IL 113 – non c’è una pastorale efficace nell’ambito delle forme di vita di persone dello stesso sesso, poiché si tratta di un fenomeno nuovo e non è chiaro il modo in cui si debba superare il contrasto tra magistero e accettazione misericordiosa, la cui causa è da ricercare nella presenza di posizioni estreme che si sono bloccate reciprocamente.
La strategia di papa Francesco prevede che nel Sinodo sulla famiglia si discuta solo su approcci pastorali, escludendo questioni di dottrina. Qui occorre però riflettere se, senza un superamento delle posizioni che il magistero ha avuto fino ad ora nei confronti dei comportamenti sessuali tra persone dello stesso stesso (cioè la loro condanna come peccato e la richiesta di continenza sessuale per tutta la vita), non sia esclusa a priori, o almeno fortemente limitata, una “pastorale efficace”, poiché le manca la necessaria sincerità. Solo una piccola e scomparente minoranza di gay e lesbiche aderisce a queste premesse morali della Chiesa. Tutti gli altri le considerano inaccettabili.
Più volte l’IL usa il concetto di “ideologia del genere” per individuare una causa dell’atteggiamento socialmente mutato nei confronti dell’identità sessuale:
“Un fattore che certamente interroga l’azione pastorale della Chiesa e rende complessa la ricerca di un atteggiamento equilibrato nei confronti di questa realtà, è la promozione della ideologia del gender, che in alcune regioni tende ad influenzare anche l’ambito educativo primario, diffondendo una mentalità che, dietro l’idea di rimozione dell’omofobia, in realtà propone un sovvertimento della identità sessuale”. (IL 114)
In IL 23 come gender theory viene definita l’idea
“secondo la quale il gender di ciascun individuo risulta essere solo il prodotto di condizionamenti e di bisogni sociali (sic!), cessando, così, di avere piena corrispondenza con la sessualità biologica”.
Diverse Conferenze episcopali (Polonia, Slovacchia, Portogallo, alcune regioni in Italia) e singoli vescovi (ad esempio Vitus Huonder di Coira) negli ultimi anni hanno redatto lettere pastorali in cui mettono in guardia dalla “ideologia del genere”. Che cosa si intende con tale espressione, rimane spesso poco chiaro e per lo più contraddittorio – quando ad esempio Gender-Mainstreaming e Teoria Queer sono mescolati in uno stesso calderone, benché si basino su teorie del genere quasi opposte. Infatti, mentre Gender-Mainstreaming presuppone un ermafroditismo naturale, la Teoria Queer mette questo in dubbio con numerosi argomenti. Neppure è giustificabile l’affermazione secondo cui, con l’eliminazione dell’omofobia, possa venir sovvertita l’identità sessuale (cioè il fatto che qualcuno si consideri eterosessuale, omosessuale o bisessuale). È evidente che il genere di una persona non dà automaticamente informazioni sul genere del suo partner sessuale – come presume il pensiero eteronormativo.
Il rifiuto della teoria del genere sta nell’ IL ampiamente non si concilia con i risultati che hanno avuto le domande sulla legge naturale. La dottrina tradizionale cattolica della legge naturale oggi non è più giustificabile. Il suo astratto “Ordnungsdenken” contrasta con il sentire spontaneo e con l’idea della autodeterminazione dell’uomo, ed anche con il modo scientifico e culturalmente differenziato di intendere la natura. La funzione tradizionale della legge naturale di dare fondamento a norme universali viene invece attribuita alle leggi umane (cfr IL 21-25). Poiché la legge naturale rappresentava una dei più importanti pilastri del rifiuto dell’omosessualità nella dottrina cattolica, il suo rifiuto da parte dei fedeli non poteva che condurre ad una basilare rivalutazione della sessualità omosessuale. Ma l’ IL non trae questa conclusione, propone al contrario di “tematizzare e approfondire il concetto, di ispirazione biblica, di “ordine della creazione” (IL 30). Ciò non contribuirà a fare passi avanti se viene unicamente stabilito e prescritto un ordine statico che esclude la possibilità di contemplare dinamiche antropologiche e sociologiche.
.
La prima settimana del Sinodo: una nuova franchezza
Nella prima settimana del Sinodo i 191 vescovi e i 62 esperti, esperte ed ospiti (tra cui 13 coppie sposate e 30 donne) hanno avuto la possibilità di rilasciare una breve dichiarazione sull’ IL . Alcune coppie sono state invitate a presentare una testimonianza di vita personale. In quel contesto una coppia australiana ha raccontato di aver invitato il compagno del loro figlio gay per Natale, perché ciò rientrava nel loro modo di intendere la Chiesa.
Diversi cardinali e vescovi si sono espressi a favore dell’accoglienza degli omosessuali nella Chiesa e del riconoscimento dei valori positivi che vengono vissuti in una unione omosessuale. Lo hanno fatto ad esempio i cardinali Reinhard Marx (Monaco), Christoph Schönborn OP (Vienna) e Vincent Nichols (Londra), come l’arcivescovo Mario Grech (Gozo, Malta). Nel complesso in questa settimana si è potuta sentire una molteplicità senza precedenti di voci di vescovi che chiedevano un maggiore riconoscimento delle unioni omosessuali.
È stato inoltre significativo che l’arcivescovo Ignatius Kaigama di Jos, presidente della Conferenza episcopale nigeriana, abbia dichiarato pubblicamente che la Chiesa cattolica in Nigeria è contraria alla criminalizzazione di omosessuali. Voleva soltanto una legge che proibisse il matrimonio omosessuale, ma il governo aveva tratto altre conclusioni. Poiché fino a quel momento la Conferenza episcopale cattolica della Nigeria aveva sostenuto la legge, questa presa di distanza segnala un cambiamento di linea.
.
La relazione intermedia: un nuovo linguaggio di considerazione positiva
In conformità con la molteplicità di queste nuove voci, la “Relatio post disceptationem” (relazione intermedia), redatta dal cardinale ungherese Péter Erdö (insieme all’arcivescovo Bruno Forte), sotto
il titolo “accogliere le persone omosessuali” conteneva una serie di nuovi accenti:
“Le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana: siamo in grado di accogliere queste persone, garantendo loro uno spazio di fraternità nelle nostre comunità? Spesso esse desiderano incontrare una Chiesa che sia casa accogliente per loro. Le nostre comunità sono in grado di esserlo accettando e valutando il loro orientamento sessuale, senza compromettere la dottrina cattolica su famiglia e matrimonio?” (Nr. 50) (3)
La relazione intermedia usa un nuovo linguaggio di valutazione positiva: gli omosessuali hanno doti e qualità, le comunità devono accoglierli, garantire loro uno spazio di fraternità. Il “mutuo sostegno” in unioni omosessuali viene riconosciuto come “un appoggio prezioso per la vita dei partners” (Nr 52) (4). Queste espressioni sono poste in un approccio pastorale ed autocritico: le comunità vengono invitate con domande retoriche a valutare se sono disposte ad accogliere le persone omosessuali.
L’integrazione della dimensione sessuale viene così descritta come un compito di maturazione e come sfida educativa per tutti. Anche se nel discorso di una “integrazione della sessualità” nella Chiesa cattolica spesso traspare il significato sottinteso che in ultima analisi si debba rinunciare ad una prassi sessuale (e cioè a qualsiasi esercizio dell’omosessualità), ad una tale interpretazione si contrappone il fatto che qui viene richiesto di ripensare a realistiche strade dello sviluppo della personalità.
Nell’atteggiamento verso le famiglie arcobaleno viene formulato il principio, in caso di insorgenza di conflitti con l’ordinamento ecclesiale, di partire sempre dai bisogni e dai diritti dei bambini. Quindi è escluso che sia loro negato il battesimo o l’accettazione in una scuola cattolica – cosa che è spesso accaduta negli ultimi anni negli USA (5).
Se si confronta la lingua con la maggior parte dei documenti ecclesiali precedenti, è notevole innanzitutto il fatto che si parli con disinvoltura di “orientamento sessuale” (6) invece di parlare, come si era fatto fino a quel momento, di “(profonde) tendenze o inclinazioni omosessuali”. Implicitamente con la scelta di questo concetto viene riconosciuto il fatto antropologico, che ci sono persone che possiedono un orientamento dei loro desideri sessuali verso persone dello stesso sesso che non può essere cambiato con la volontà o con una terapia (7). Che questo orientamento (omo)sessuale debba essere accettato è una novità (nuova valutazione), che rivede il precedente modo di intendere secondo il quale “la tendenza stessa [veniva] considerata oggettivamente disordinata” (8).
Da sottolineare positivamente è anche ciò che nella relazione intermedia non viene ripetuto: di peccato (addirittura peccato mortale) o di disordine intrinseco non si parla più. Purtroppo la relazione intermedia tace sul fatto che l’omosessualità e la trans-esistenza vengono considerate reato penale in circa 80 paesi nel mondo, benché questo rappresenti un fondamentale problema pastorale (cfr. IL 110) (9).
.
La seconda settimana del Sinodo: la reazione conservatrice
Dopo la pubblicazione della relazione intermedia sono intervenuti con grande indignazione i sinodali conservatori, che non potevano ritrovarsi in tale relazione, come i cardinali Wilfrid Fox Napier OFM (Sudafrica), Raymond Leo Burke (USA/Curia), Stanislaw Gadecki (Polonia) e Robert Sarah (Guinea/Curia). La loro prima azione di successo è consistita nel far cambiare la traduzione inglese della parola italiana accogliere da welcoming (“dare il benvenuto”) all’espressione meno precisa providing for (provvedere a) (10).
In questa seconda settimana del Sinodo dieci gruppi divisi per lingua hanno elaborato proposte di cambiamento per il documento finale, che non sono state pubblicate dettagliatamente (11). Come moderatori di questi “Circoli minori”, in questa fase, diversi portavoce dei conservatori avevano una posizione di forza che hanno sfruttato per far revocare i riconoscimenti critici presenti nell’IL e i progressi della relazione intermedia.
Un gruppo redazionale, da queste proposte di cambiamento – in grande fretta e senza la possibilità di poter discutere e chiarire nuovamente nel plenum alcune richieste contraddittorie – ha redatto il progetto della relazione finale sulla quale nell’ultimo giorno del Sinodo si è votato paragrafo per paragrafo. Secondo lo statuto del Sinodo, sono considerati accettati i paragrafi che hanno ricevuto almeno i due terzi dei voti. Tuttavia papa Francesco ha fatto pubblicare anche i tre paragrafi che per poco non hanno raggiunto questo quorum.
.
La “Relatio Synodi”: un mucchio di rovine
Nel progetto della relazione finale (RS) presentato per la votazione erano rimasti soltanto due passaggi sul tema delle unioni omosessuali. Di questi, il primo proprio per poco non raggiunse la maggioranza dei due terzi:
“Alcune famiglie vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con orientamento omosessuale. Al riguardo ci si è interrogati su quale attenzione pastorale sia opportuna di fronte a questa situazione riferendosi a quanto insegna la Chiesa: «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. «A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione»” (Nr 55, 118 sì, 62 no).
Le persone omosessuali vengono qui considerate dalla prospettiva della loro famiglia. Semanticamente non è quindi chiaro se la “attenzione pastorale” debba valere per le persone omosessuali, i loro genitori o le loro famiglie d’origine. È vero che viene concessa l’esistenza di questa esperienza, a cui però la RS non dà una risposta pastorale. Definisce invece l’area di tensione in cui occorre ricercare una risposta, ripetendo due principi della dottrina morale cattolica che si trovano analogamente anche nel catechismo e in altri documenti (13): da un lato le unioni omosessuali non hanno alcuno spazio nell’immagine che la Chiesa ha del “piano di Dio”, e dall’altro si dice che è necessario rispettare e non discriminare le persone omosessuali.
Il non raggiungimento della maggioranza dei due terzi può comunque essere interpretato in modi diversi: come rifiuto di qualsiasi pastorale con persone omosessuali o addirittura di rifiuto del rispetto per la loro dignità di persone umane (lettura reazionaria) o come delusione per il passo indietro della relazione finale, poiché rappresenta un regresso rispetto alla posizione della relazione intermedia e non si spinge abbastanza avanti per quanto riguarda la pastorale. Almeno il cardinale inglese Nichols ha chiarito in questo ultimo senso il suo voto negativo.
D’altra parte, è stato accettato il secondo paragrafo sul tema delle “unioni omosessuali”:
“È del tutto inaccettabile che i Pastori della Chiesa subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso” (RS 56, 159 sì, 21 no).
A differenza della relazione intermedia (Nr 51) ora non si parla più di “ideologia del genere”, ma di matrimonio omosessuale. In questo si nota uno spostamento da una prospettiva est-europea ad una prospettiva africana, infatti in molti paesi africani c’è attualmente un timore quasi isterico di fronte
all’introduzione del “matrimonio omosessuale”. Tuttavia non c’è nessuna evidenza del problema a cui si fa riferimento, infatti al di fuori del Sudafrica nessuna organizzazione africana LGBT ha mai richiesto il matrimonio omosessuale. I gruppi hanno obiettivi completamente diversi: la revoca delle leggi che criminalizzano l’omosessualità, la riconciliazione con le loro famiglie, il superamento della stigmatizzazione e della violenza di vicinato, migliori cure per persone con HIV/Aids e migliore prevenzione anche per uomini che fanno sesso con uomini, un’indipendenza economica, così da non essere più esposti a licenziamenti arbitrari, assistenza psicologica, ecc. Tuttavia nei media di questi paesi viene diffusa la voce che i gruppi LGBT abbiano richiesto il matrimonio omosessuale (14).
Alla fine del Sinodo ci si strofina gli occhi stupefatti: sarebbe questo paragrafo il risultato delle discussioni di quasi 200 vescovi e cardinali sul tema “unioni omosessuali”? Mentre tutte le idee costruttive dei documenti precedenti venivano ancora una volta bloccate, i sinodali riuscivano unicamente a mettersi d’accordo su questo: combattere un fantasma.
.
Prospettive per il Sinodo 2015
L’IL ha mostrato che la questione dell’omosessualità viene discussa in tre diversi contesti sociopolitici: nei paesi occidentali liberali, che si muovono nella direzione di un riconoscimento delle unioni omosessuali; nei paesi dell’Europa centro-orientale, nei quali la Chiesa si sente alienata dalla sua tradizione a causa della legislazione antidiscriminazione indotta dall’UE e a causa della dura modernizzazione dopo il 1989; e nei paesi dell’Africa, dell’Asia e dei Caraibi, che criminalizzano l’omosessualità – alcuni in maniera draconiana – e la stigmatizzano socialmente. La formulazione per l’atteggiamento pastorale della Chiesa verso gay e lesbiche nel Sinodo 2015 deve quindi essere accettabile in tutti e tre i contesti. Altrimenti si può temere che le divisioni esistenti finora paralizzino reciprocamente l’azione di entrambi i gruppi, come è successo nel Sinodo 2014.
Consideriamo innanzitutto le due strategie che sono fallite nel 2014: gli autori della relazione finale hanno cercato di cementare lo status quo. Sono ricorsi ai testi delle Congregazione della dottrina della fede, senza superare i contrasti esistenti tra la condanna dei comportamenti omosessuali e il rispetto per la persona omosessuale e senza sviluppare delle linee-guida per la pastorale. Ma un numero abbastanza elevato di vescovi ha dichiarato di non essere più d’accordo con le vecchie posizioni, cosicché un semplice “avanti così” non è più possibile.
Invece la relazione intermedia aveva cercato di dare l’avvio ad un processo di cambiamento di tutta la Chiesa, i cui destinatari, le comunità (o parrocchie) dovrebbero accogliere fraternamente gay e lesbiche. Questo aveva come presupposto l’accettazione dell’orientamento omosessuale e la valutazione positiva dell’amore vissuto in unioni omosessuali. Poiché questa posizione andava evidentemente troppo in là per i conservatori, essa non ha superato la discussione della seconda settimana.
La causa di fondo di questa situazione di stallo sta nel fatto che tra i vescovi ci sono due antropologie, che vengono percepite come ideologie teologiche opposte, ma di cui non vengono approfondite le cause sociologiche. Dal punto di vista occidentale, una correzione della dottrina morale cattolica appare inevitabile, per trarre finalmente le conseguenze dell’insegnamento teologico-morale del Concilio Vaticano II sull’uomo come persona e sulla dignità della persona umana. Questo significa che non si vuole più giudicare i comportamenti omosessuali isolati dalla persona che li compie (e dal suo orientamento sessuale). In questa visione, la Chiesa, per continuare ad essere credibile, deve prendere sul serio la soggettività e la costituzione del Sé personale di persone con orientamento omosessuale invece di continuare a interpretarla nel quadro della legge naturale o di un “ordine della creazione” inteso eteronormativamente, e quindi a sbagliare.
Tuttavia in alcuni paesi mancano i presupposti socio-antropologici per questo modo di vedere. Il
filosofo e storico Michel Foucault aveva attribuito la nascita del modo moderno di intendere “l’omosessuale” sociologicamente con la sovrapposizione del “dispositivo della sessualità” al “dispositivo dell’alleanza” (15). Il “sessuale” non viene più inteso come problematico collante che produce alleanze tra due famiglie e le tiene unite e che perciò deve essere severamente controllato, ma come “sessualità”, cioè come componente elementare della personalità e sua espressione. Questo passaggio però può avvenire solo là dove la famiglia e i rapporti di parentela hanno perso la loro funzione sociale come luogo prioritario della produzione e della sicurezza a favore della produzione industriale e dei sistemi di sicurezza dello stato sociale. In molti paesi dell’Africa invece la famiglia – la cui dimensione può essere estesa in modo flessibile in relazione ai bisogni sociali – rimane insostituibile, ora come un tempo, come unità economica e di sopravvivenza nelle crisi. In coerenza a ciò, alla famiglia continua ad essere attribuito anche nella cultura e nella religione un valore centrale. Al contempo ci sono però segnali che indicano che anche in paesi africani comincia a svilupparsi un “dispositivo della sessualità”, soprattutto nel contesto delle grandi città. Questo contrasto strutturale comincia solo ora a rinfocolare la battaglia politico-morale e fa sì che le persone con identità gay o lesbica vengano percepite come minaccia della rete di sicurezza familiare e vengano combattute.
Quale potrebbe essere allora una soluzione accettabile a livello di Chiesa universale? Quali possibilità ci sono di raggiungere risultati positivi di fronte a questa spaccatura nell’antropologia sociale?
1) Un’ovvia possibilità sarebbe la regionalizzazione della pastorale. Facendo uso di formulazioni aperte, che permettano interpretazioni diverse, si potrebbe trasferire la responsabilità dell’atteggiamento concreto nei confronti di lesbiche e gay alla Conferenze episcopali nazionali o regionali o al singolo vescovo. I due gruppi che si fronteggiano a livello di Chiesa universale non si bloccherebbero più a vicenda, ma potrebbero comportarsi a seconda dei contesti regionali in maniera culturalmente adeguata. In una certa misura, c’è comunque già da tempo una tale regionalizzazione che tiene conto delle differenze culturali tra le regioni. Però si pone il problema se la Chiesa universale possa sopportare tale diversificazione nel senso di una “differenza pacificamente accettata”, senza che la sua unità ne sia compromessa.
2) Se si guardano le domande che i “Lineamenta” (il documento preparatorio) per il Sinodo 2015 presentano sotto il titolo “L’attenzione pastorale verso le persone con orientamento sessuale”, si delinea la messa a fuoco di una Pastorale per famiglie con membri omosessuali. Questa linea viene appoggiata in maniera determinante da papa Francesco, che all’inizio di dicembre 2014 dichiarava in una intervista che egli come padre confessore si era più volte confrontato con i bisogni spirituali di genitori di figli omosessuali (16).
Una Pastorale per famiglie con membri omosessuali permette di rispondere alla domanda dell’omosessualità all’interno del quadro sociale delle strutture familiari invece di mettere l’una contro le altre, rendendo ad esempio responsabili gli omosessuali della distruzione delle famiglie o dei valori familiari (family values). Mettendo al centro le famiglie, questa pastorale risponde ai bisogni dei genitori che chiedono un accompagnamento pastorale, che si trovano confrontati, con il coming out del loro figlio, a molte domande e insicurezze e che abbisognano anche loro di un coming out (17). Questo non esclude che la pastorale si rivolga anche ai gay e alle lesbiche, perché in ultima analisi è proprio questo il problema e la richiesta della maggior parte dei genitori. Tuttavia bisognerebbe evitare l’aspetto negativo, cioè che la Chiesa si occupi solo dei genitori, e non prenda invece in seria considerazione gay e lesbiche nel loro specifici bisogni come soggetti e critici partner di dialogo.
3) Le due parti potrebbero anche cercare di mettersi d’accordo su un minimo etico. Dei punti a cui agganciarsi esistono già fin d’ora nella dottrina, là dove si sottolinea la dignità della persona
omosessuale e la sua difesa da discriminazioni ingiuste. Questi concetti potrebbero concretizzarsi in un impegno pubblico della Chiesa cattolica in tutto il mondo a far sì che i comportamenti omosessuali non siano più considerati reati. Da un punto di vista sociopolitico, la Chiesa cattolica potrebbe in questo modo diventare un apripista per una decriminalizzazione universale dell’omosessualità.
4) Papa Francesco, all’inizio del Sinodo 2014 ha invitato alla “parresia”, ad un discorso aperto e sincero, ad esprimere senza timore le proprie opinioni. Da un lato, questo ha scatenato in molti vescovi ansia e perdita di orientamento, ma, dall’altro lato, ha permesso a un gran numero di voci fino a quel momento represse di farsi sentire. Ormai è evidente che tra i vescovi e i cardinali ci sono posizioni controverse sul problema dell’omosessualità. È da notare che hanno preso la parola in senso positivo quei vescovi e cardinali che prima del Sinodo avevano incontrato personalmente lesbiche e gay e che avevano incominciato con loro un dialogo. Questo è un argomento importante a favore della necessità di proseguire sulla via dell’incontro personale, in cui gay e lesbiche possano raccontare la loro storia e in cui si possa dare al problema dell’omosessualità, che scatena ansia in molti, un volto umano.
Il Sinodo dell’ottobre 2015 dovrebbe quindi annunciare una decade del dialogo tra la Chiesa e i gay e le lesbiche ed invitare le due parti all’incontro personale. Questo dialogo dovrebbe comprendere da un lato anche preti, comunità e associazioni e dall’altro lato coinvolgere i genitori e le famiglie di gay e lesbiche. Così il dibattito interno alla Chiesa, che fino ad ora spesso si è svolto senza le “vittime”, potrebbe essere posto su un fondamento solido in una prospettiva a lungo termine.
____________
- Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione, Instrumentum Laboris, Città del Vaticano, 2014, in: http://www.vatican.va/roman_curia/synod/documents/rc_synod_doc_20140626_instrumentu m-laboris-familia_it.html
- Mentre il referendum in Croazia fu accettato, in Slovacchia mancò il quorum.
- “Relatio post disceptationem” (relazione intermedia) del Relatore generale Cardinale PeterErdö della III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi, in http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2014/10/13/0751/03037.html
- Ibidem
- Al di là di questo il principio del bene dei figli non può chiarire sufficientemente tutti i contrasti relativamente a ciò che è utile o dannoso al bene del figlio, perché vi sono in gioco troppe premesse di valore.
- Il testo italiano parla di “orientamento sessuale”.
- Che ci sia un “cambiamento antropologico e culturale” che influisce su tutti gli aspetti dellavita lo afferma espressamente la relazione intermedia (Nr. 5); v. “Relatio post disceptationem” (nota 3) 120.
- Segreteria della Conferenza episcopale tedesca, lettera della Congregazione della fede aivescovi della Chiesa cattolica sulla pastorale per le persone omosessuali (VapSt 72). Bonn 1986, 4 (nr 3). In: www.dbk.de/fileadmin/redaktion/veroeffentlichungen/verlautbarungen/VE_072.pdf. Mentre la redazione originale francese del Catechismo della Chiesa cattolica (1992) parla di “predisposizione”, nella versione latina che fa fede ci sono espressioni che indicano “tendenze (1997); v. articolo Homosexualität und römisch-katholische Kirche, in: de.wikipedia.org/wiki/Homosexualität_und_römisch-katholische_Kirche.
Nella seconda settimana del Sinodo il gruppo di lavoro di lingua spagnola “Circulus Hibericus A” ha criticato che si parlasse lì di omosessualità come se si trattasse quasi dell’essere ontologico delle persone omosessuali e chiesto il ritorno all’uso dell’espressione “persone con tendenze omosessuali”. - A proposito della reazione tedesca alla relazione intermedia, mi ha fortemente irritato il fattoche molti non abbiano preso atto dei grandi progressi in essa contenuti e che tali progressi siano stati ignorati per un atteggiamento di una amarezza profonda sulla Chiesa cattolica che “sì però non cambierà mai”. La dichiarazione di David Berger potrebbe essere qui citata come esemplare: cfr: www.huffingtonpost.de/david-berger/vatikan-scheinheiliger-schlag- ins-gesicht-von-schwulen-und-lesben_b_5981984.html. Purtroppo l’ulteriore sviluppo del Sinodo ha dato finora ragione ai disfattisti. Le reazioni di delusione mostrano però anche che nel nostro paese il criterio in base al quale vengono valutati i cambiamenti dell’atteggiamento cattolico, è alla fine la piena equiparazione. Tutto ciò che è al di sotto di questo livello non potrà suscitare grande entusiasmo in gay e lesbiche.
- Cfr. Joshua J. McElwee, Vatican retranslates synod document, muddles openness to gays, in: ncronline.org/news/vatican/vatican-retranslates-synod-document-muddles-openness-gays.
- Rapporti sui risultati dei lavori di questi “Circoli Minori” sono accessibili online: Synod14 – 12a – Congregazione generale: Relazioni dei Circoli minori, 16. 10. 2014, in: press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2014/10/16/0763/03042.html#Relatio%20-%20Circulus%20Gallicus%20″A”.
- “Relatio Synodi (relazione finale) della III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi: Le sfide pastorali (nota 3).
- Le citazioni in questo paragrafo furono già usate in IL 110 e si riferiscono ad un testo della Congregazione per la Dottrina della Fede: Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, nr 4, cfr. www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_20030731 _homosexual-unions_it.html.
- In Nigeria, ad esempio, questo deve essere successo in occasione del Convegno ICASA nel 2005. Un attivista implicato confermò che allora si era dimostrato solo contro la criminalizzazione dell’omosessualità (dovuta alle leggi coloniali sulla sodomia). Il governo aveva preso questo a pretesto per presentare dei progetti legislativi che in definitiva avevano ulteriormente inasprito la criminalizzazione. – In Malawi furono arrestati due uomini che volevano promettersi fedeltà in una cerimonia privata, furono condannati a 14 anni di prigione. Ci fu poi una forte pressione internazionale, che alla fine portò alla revoca di questa condanna. Ma ci si è impegnati contro la criminalizzazione e non a favore dell’introduzione del matrimonio omosessuale.
- Cfr. Michel Foucault, Histoire de la sexualité. Vol 1: La volonté de savoir. Paris 1976.
- El sínodo sobre la familia: „Los divorciados vueltos a casar parecen excomulgados“: Interview von Elisabetta Piqué mit Papst Franziskus, in: La Nación, 7. 12. 2014, in: www.lanacion.com.ar/1750245-el-sinodo-sobre-la-familia-los-divorciados-vueltos-a-casar- parecen-excomulgados.
- Cfr. su questo Joseanne Peregin, „Fears and hopes as a Catholic mother of a gay son – a parent’s perspective“. Presentation for „The Ways of Love. International Conference towards pastoral care with homosexual and trans people“ (Rome, Italy, October 3, 2014), in: waysoflove.wordpress.com/2014/10/03/joseanne-peregin-fears-and-hopes-as-a-catholic- mother-of-a-gay-son-a-parents-perspective/
.
* Michael Brinkschröder, nato nel 1967, è un teologo cattolico e sociologo che vive a Monaco (Germania) ed è professore di religione cattolica a Monaco di baciera. Fondatore del “Gruppo di lavoro sulla teologia gay“ e stato per molti anni curatore della rivista “Werkstatt Schwule Theologie“.
Ha scritto la sua tesi di dottorato sulle radici bibliche dell’omofobia Cristiana: “Sodom als Symptom. Gleichgeschlechtliche Sexualität im christlichen Imaginären – eine religionsgeschichtliche Anamnese“ (Sodoma some sintomo. Omosessualità nell’immaginario Cristiano – Una anamnesi storico-religiosa, Berlino/New York 2006).
.
Testo originale: Gleichgeschlechtliche Partnerschaften. Ein Thema auf den Familiensynoden