Uomini o cavie. Gli esperimenti medici dei nazisti sugli omosessuali
Testo pubblicato dall’Associazione omosessuale francese Les “Oublié(e)s” de la Mémoire il 17 luglio 2009, liberamente tradotto da Dino
Gli omosessuali sono stati le cavie preferite dai nazisti per gli esperimenti scientifici sullo studio della malaria, del tifo, della sterilizzazione femminile e anche della castrazione. “Iniettando ormoni sintetici nell’inguine destro, si sarebbe dovuto ottenere un’inversione delle tendenze dell’individuo. I medici SS non smettevano di scherzare su questa cosa. Vernaet allo stesso modo fece degli esperimenti su uomini castrati” (Eugène Kogon)
“Questi esperimenti hanno avuto come conseguenza la morte di numerosi prigionieri, senza peraltro avere alcun valore scientifico. Spesso i medici e i tecnici di laboratorio non sapevano nemmeno come procedere. Non dosavano i trattamenti e non controllavano neanche la purezza dei farmaci somministrati”. (Richard Plant).
“Ci promettono che tutti gli omosessuali che si faranno castrare verranno rapidamente liberati per buona condotta. Alcuni deportati col triangolo rosa hanno creduto alla parola di Himmler e per uscire dalla stretta mortale dei campi di concentramento si sono fatti castrare.
Ma, malgrado la loro buona condotta, della quale gli unici giudici erano i capi di blocco e i capi di campo, se poterono uscire dai lager, non fu per tornare a casa loro, ma per essere inviati in Russia tra le truppe della divisione disciplinare Dirlewanger per morire da eroi per Hitler e Himmler, nella macelleria della guerriglia”. (Heinz Heger).
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I medici maledetti. Brano tratto da Christian Bernadac, Les Médecins Maudits, Cap IX, pp 97-99
Il principe rumeno Georgiu R. aveva sul corpo centinaia di tatuaggi. Più che una tavola illustrata, una grande esposizione erotica. “Ogni scena è stata schizzata sul posto, in tutti i porti del vecchi e del nuovo mondo, ho visto io stesso i disegni”. La Kommander non conobbe mai questa collezione unica, il principe rumeno era internato a Dachau per ordine di Himmler. I suoi legami amorosi omosessuali negli ambienti nazional-socialisti provocarono la collera del capo del Reich.
Himmler, l’abbiamo visto, aveva voluto salvare le prostitute dalla loro rovina ma nello stesso tempo prese di mira i deportati che sulla loro divisa rigata portavano il triangolo rosa dell’infamia. Riunì i capi di ispezione dei campi e fece loro questa dichiarazione: “Non voglio più vedere rose nei campi”. E raccontò loro la vicenda del principe rumeno, documentando il tutto con dossier medici.
Himmler aveva mandato il principe a Dachau poichè pensava che “il duro lavoro e le penose condizioni dell’esistenza in un campo di concentramento avrebbero contribuito alla sua rapida guarigione” (Rudolf Hoess, così ne parla il il comandante di Auschwitz parla, Julliard, 1959).
Il principe, influente personaggio di Monaco, non poteva certo essere trattato come un volgare ebreo. Il comandante quindi gli va incontro di persona per riceverlo: “Volete andar a farvi una doccia?”. Il principe scoppia in singhiozzi. Evidentemente non vuole che dei profani sfoglino il suo “album vivente”. Il medico lo esamina e redige il suo rapporto ad Himmler. “Il posto di quest’uomo, che confessa egli stesso di ‘provare fin dall’adolescenza dei desideri sessuali smodati che non riesce a soddisfare’ non è in un campo di concentramento, ma in una casa di cura.”
Aspettando la decisione di Himmler, rimane incollato al suo letto. Il giorno dopo si accascia quando gli si vuol far spingere un carro. Morirà due giorni dopo… di noia.
Himmler medita a lungo su questo caso, fa intervenire a Dachau diversi medici, professori di università, richiede rapporti su rapporti. E, dato che tutti gli specialisti affermano che “E’ una malattia che non guarisce”, Himmler decide di prender in mano lui stesso la faccenda.
“Il capo del Reich organizzò a Ravensbruck degli ‘stages di guarigione’. Un certo numero di omosessuali che non avevano dato prove definitive della loro rinuncia al vizio, vennero chiamati a lavorare insieme ad alcune ragazze e furono tenuti sotto stretta osservazione.
Alle ragazze era stato dato l’ordine di avvicinarsi a questi uomini e, senza darlo ad intendere, esercitare su di essi le loro attrattive sessuali.
Quelli che erano veramente migliorati (per effetto dello stage, delle vessazioni e delle minacce) approfittavano dell’occasione senza farsi pregare, invece gli incurabili non gratificavano le donne nemmeno di uno sguardo.
Se queste si mostravano troppo provocanti, essi se ne allontanavano con disgusto ed orrore.” (Rudolf Hoess, Comandante di Auschwitz, Julliard, 1959)
Lo stage terminava con un’ultima prova: i guariti venivano lasciati da soli in presenza dei malati. Se cedevano (al richiamo omosessuale), si doveva ricominciare tutto. Himmler definì questi stages “un mezzo fallimento” e cercò una soluzione più radicale. La trovò nella persona di un comandante danese delle SS, il dottor Vernaet, che aveva inventato un metodo infallibile per guarire l’omosessualità.
Egli chiedeva la “rispettosa” autorizzazione di fare questa sperimentazione in un campo, “avendo sentito che in quei luoghi venivano fatti appunto degli esperimenti”. Himmler prese al volo l’opportunità e gli aprì i cancelli di Buchenwald. Il dottor Vernaet selezionò quindici cavie, “disperatamente” invertiti, ed essi chiesero al dottor Horn, un detenuto, di spiegar loro bene ciò che sarebbe successo…
“Erano molto spaventati, tremavano come foglie. Dissi loro che si trattava di un ormone maschile che sarebbe stato impiantato nel loro corpo e che non sarebbe stato pericoloso.” Il dottor Vernaet, come Rascher, voleva trarre guadagno dalla sua preparazione e propose ad Himmler: “Potremmo vendere all’estero al mercato nero questa invenzione per ottenere dei vantaggi. Potremmo prometterla a delle spie in cambio di informazioni utili.” (Dichiarazione del dottor Poppendick, Norimberga)
Himmler scrollò le spalle e gli diede il consiglio di sperimentare i suoi ormoni prima di “far sogni ad occhi aperti”. La “pila Vernaet” doveva essere impiantata nell’inguine o sotto la pelle dei pazienti. Dei quindici sottoposti all’intervento, due morirono e nessuno “guarì”…
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Fonti consultate:
Eugen Kogon, Der SS-Staat. Das System der deutschen Konzentrationslager (Le SS, il sistema dei campi di concentramento tedeschi), rapporto commissionato dagli Alleati e utilizzato al processo di Norimberga, ed. Alber, München, 1946 (rieditato nel 1995), 407 pagine
Heinz HEGER, Les hommes au triangle rose. Journal d’un déporté homosexuel 1939-1945 (Gli uomini con il triangolo rosa, Diario di un deportato omosessuale 1939-1945 ), ed. H&O, 2006, 160 pagine
Christian BERNADAC, Les Médecins Maudits, ed. France Empire, 1969, 288 pagine
Testo originale: Les expérimentations “médicales”