Uscire dalle catacombe. La testimonianza dei gay cristiani
Articolo tratto da Adista Notizie N. 51 del 4 Luglio 2008
Da maggio a luglio 2008 non sono mancate le occasioni e le iniziative dei gay cristiani per favorire una discussione sull'omosessualità nelle loro Chiese, anche perchè "come non rattristarsi davanti a quella Chiesa, che accoglie le persone omosessuali, ma di nascosto, senza che il resto della comunità sappia niente? […] Invece, non ci si deve vergognare della propria omosessualità perché non c'è niente di 'sporco' in essa e, ancora, quando si accoglie un fratello o una sorella, lo si deve fare senza timore, senza tenere conto del giudizio della gente o dei superiori". Una lettera aperta, un convegno e la testimonianza portata dai gruppi di gay credenti nei vari Pride hanno voluto ricordare il cammino di fede che percorrono nelle loro chiese e nella società italiana.
Un percorso di riflessione sull'accoglienza delle persone omosessuali nella Chiesa cattolica: lo ha avviato Noi siamo Chiesa dell'Emilia Romagna , con la stesura di una lettera aperta diffusa in vista del gay pride di Bologna, svoltosi il 28 giugno scorso.
"Come non rattristarsi – scrive il movimento – davanti a quella Chiesa, che accoglie le persone omosessuali, ma di nascosto, senza che il resto della comunità sappia niente? I preti e il laicato, che si comportano in questo modo, hanno l'obiettivo di sfuggire lo scandalo, le reprimenda dei signori o delle signore benpensanti, senza dimenticare le autorità episcopali competenti.
Ecco allora che gli incontri si fanno 'al buio', come ai tempi della Chiesa catacombale. È il trionfo della paura e dell'ipocrisia. Invece, non ci si deve vergognare della propria omosessualità perché non c'è niente di 'sporco' in essa e, ancora, quando si accoglie un fratello o una sorella, lo si deve fare senza timore, senza tenere conto del giudizio della gente o dei superiori".
Inoltre, ricorda "Noi Siamo Chiesa", è "necessario superare l'atteggiamento di condanna ai danni della condizione omosessuale, degli intimi rapporti fra persone dello stesso sesso. Soprattutto dobbiamo stare vicino e sostenere le relazioni fra lesbiche o gay in un contesto sociale incapace di fornire un modello positivo di coppia omosessuale, in primis a causa degli atavici stereotipi culturali, che si riflettono nelle gravi mancanze del nostro ordinamento giuridico".
"Nelle parrocchie – si legge nella lettera – l'omosessualità è ancora un tabù" e "ci si continua a concentrare in maniera ossessiva sui gusti sessuali della persona omosessuale, dimenticando che ciascuna donna e ciascun uomo non si esauriscono nella, pur se positiva, propria sessualità".
"Il risultato di un simile atteggiamento è l'emarginazione o, nei casi peggiori, l'esclusione dei gay e delle lesbiche dalla vita di fede" prosegue il movimento, senza dimenticare poi che i "pronunciamenti del Magistero in materia si presentano come una serie di divieti e non tengono conto dei risultati raggiunti dalla moderna teologia ed esegesi biblica".
Dalla lettera è scaturito un convegno, dal titolo "Omosessualità nel cristianesimo: approcci alternativi " svoltosi a Bologna il 20 giugno scorso. All'iniziativa hanno partecipato Gianni Geraci (portavoce del gruppo del Guado di Milano), Letizia Tomassone (pastora e teologa della chiesa Valdese), Aurelio Mancuso (presidente nazionale dell'Arcigay), mentre don Franco Barbero (della Comunità cristiana di base di Pinerolo) è intervenuto con un discorso registrato.
Nel corso del convegno è stato inoltre presentato un documento del gruppo omosessuali credenti di "Noi Siamo Chiesa-Emilia Romagna", in cui si invitano i parroci e tutti i responsabili della pastorale comunitaria ad impegnarsi attivamente per il superamento "dei pregiudizi e dell'ingiusto trattamento delle persone omosessuali".
Questo impegno attivo richiede in primo luogo di "evitare qualsiasi allontanamento dagli incarichi o discriminazione dei laici omosessuali (giovani o adulti) nelle attività parrocchiali o diocesane" e di "trattare l'orientamento omosessuale, benché minoritario, come legittimo negli insegnamenti, nelle omelie e nella catechesi a giovani ed adulti, evitando ogni seppur minimo collegamento con il concetto di perversione o la violenza sui minori".
In queste ultime settimane, comunque, le occasioni e le iniziative per superare il ponte tra Chiese e omosessualità non sono mancate: al gay pride di Roma dello scorso 7 giugno (2008) hanno partecipato anche molte lesbiche, gay, bisessuali, transessuali ed eterosessuali cristiani, come quelli che fanno riferimento al gruppo di "Nuova proposta".
Non solo: il giorno dopo, presso la Comunità Cristiana di Base di San Paolo, un culto ecumenico ha unito diverse confessioni religiose, provenienze, orientamenti e identità sessuali nel messaggio di Cristo "Misericordia voglio e non sacrifici". Oltre a "Nuova proposta", hanno partecipato anche la Refo (Rete Evangelica Fede e Omosessualità) e il gruppo di cristiani omosessuali della" Sorgente" di Roma.
Già in maggio, del resto, i gay cristiani non avevano mancato di far sentire la propria voce in occasione della giornata contro l'omofobia del 17 maggio, quando il gruppo di credenti omosessuali del "Guado" di Milano aveva organizzato un dibattito sulla disabilità nelle persone omosessuali e un momento di preghiera in cui si è chiesto a Dio di liberare il mondo dall'omofobia.