Veglie di preghiera contro l’omofobia. A Cremona le presiede il Vescovo, a Roma invece…
Articolo di Giampaolo Petrucci tratto da Adista Notizie n. 44 del 29 maggio 2010
“Che ironia della sorte: da una parte Ratzinger con le sue scarpette Prada e, dall’altra, questa piccola grande donna con le sue ballerine di vernice laccata. E poi si dice che Dio non abbia il senso dell’ironia”.
Nella chiesa “piena di luci”, racconta la Salamone, sono stati fatti “nomi e cognomi precisi”, e “la parole omosessuale, lesbica, trans, diritti, sono risuonate chiare”, senza scandalizzare nessuno.
A tirare le somme si fa presto: “Due o tre anni fa sarebbe stato impensabile una veglia di questo tipo in una chiesa cattolica. Lentamente, i cuori cambiano e prendono coraggio”.
E questo è un segnale che invita ad una maggiore speranza e premia, secondo la Salamone, chi ha sempre testimoniato uno stile ecumenico, con fatica, ma coinvolgendo anche le componenti più irreggimentate del mondo cristiano: ha vinto “la fatica di avere creduto persino nei peggiori momenti che il dialogo è possibile, che da soli ci muriamo vivi, insieme costruiamo ponti. E per dirla con le parole di un cattolico, ‘il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è la politica, sortirne da soli è l’avarizia’. Don Milani, proprio lui”.
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Ma a queste aperture da parte di alcuni settori dell’episcopato fanno da pendant dichiarazioni e atti che vanno nella direzione esattamente opposta. Il 16 maggio scorso, l’arcivescovo emerito della diocesi di Cosenza-Bisignano mons. Giuseppe Agostino ha dichiarato in un’intervista al sito tradizionalista Pontifex che l’iniziativa di celebrare le veglie contro l’omofobia è “oscena ed anche poco sensata”.
“Non è serio – ha spiegato – celebrare e ricordare una cosa che è palesemente contro la natura e la legge di Dio.
Ma ormai è invalsa una contro cultura, una logica che premia le cose strane che offendono Dio e dunque siamo nella fisiologia di una società malata, che ogni giorno di più si allontana dal Signore”.
Stesso giudizio per i sindaci che hanno deciso di incontrare delegazioni gay: “La ritengo una stramberia, finalizzata solo ad ottenere voti e consensi. Nel Municipio non possono essere ospitati ladri, omicidi e via discorrendo. Il Comune è la casa di tutti e non vedo per quale motivo dare onore e gloria ai gay”.
Infine il prelato, imbeccato dalle domande di Pontifex, ha offerto il suo personalissimo punto di vista sul rapporto tra omosessualità, patologia e peccato: se l’omosessualità è “contenuta nella castità” non si può parlare in senso stretto di peccato: “Non possiamo condannare chi è malato”, ha poi chiarito.
Ma se la pulsione omosessuale “sfocia in atti contro natura e conclamati, allora siamo nella lussuria, che come dice San Paolo, crea un ostacolo oggettivo alla entrata nel regno di Dio, poi valuterà il Signore nella sua misericordia”.
A Roma, no!
Resta molto difficile la situazione nella Capitale. L’appello ai parroci, lanciato dal gruppo Nuova Proposta, di accogliere momenti di preghiera per le vittime dell’omofobia (v. Adista n. 37/10), non è andato giù al Vicariato.
Alcuni parroci raccontano di essere stati contattati direttamente dal Vicariato – con sms, telefonate, e-mail o fax – che avrebbe loro ‘consigliato’ di cestinare la missiva di Nuova Proposta e di non ospitare iniziative all’interno dei locali parrocchiali.
Ai parroci del settore Est lo stop è giunto durante l’ultima riunione mensile del clero. In assenza del vescovo di settore, mons. Giuseppe Marciante (convalescente per un infarto), uno dei parroci prefetti, incaricato di sostituire l’ausiliare, ha richiamato l’attenzione sull’invito di Nuova Proposta, sottolineando che il card. Agostino Vallini e il Vicariato di Roma chiedevano espressamente ai parroci di non affiggere la locandina del gruppo di gay credenti nelle bacheche parrocchiali e di organizzare incontri con loro.
Ciononostante, il parroco di S. Gaetano a Corso Francia ha ugualmente ospitato all’interno della chiesa, il 18 maggio scorso, i credenti omosessuali per un incontro che i promotori hanno definito “molto intenso di condivisione, di comunione, ma anche di comunicazione”.
Oggi in Italia e nelle nostre Chiese cristiane sono ancora molti i casi di emarginazione, ha denunciato il pastore Giorgio Rainelli (ndr Rainelli non è pastore ma è presidente della REFO Nazionale) durante la veglia del 16/5, nella chiesa metodista di via XX Settembre a Roma.
Se è vero quanto afferma Paolo nel passaggio della Lettera ai Romani usato come tema della settimana antiomofobia 2010 – ossia, “né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura potranno separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rm 8,36) – “quale scusa si trova per seguitare ad emarginare, perseguitare quelle figlie e quei figli di Dio, quelle sorelle e quei fratelli omosessuali?
In nome di cosa e di chi quell’accoglienza, tanto spesso ipocritamente sbandierata, viene poi realmente e sottilmente messa da parte e non praticata?
Nel nome di quale dio si impedisce la condivisione di esperienze di fede nella vita comunitaria alle persone omosessuali?
In nome di quale interpretazione della legge divina si parla di diritto naturale e si ostacola l’amore di due persone in maniera più o meno palese?
In nome di quale potere possiamo dire tu si, tu no, tu sei degno tu invece sei fuori.
Ma fuori da cosa? Dalle chiese o fuori dal rapporto con Dio, fuori dal patto che Dio ha fatto con l’umanità e che Lui non spezzerà nonostante le nostre infedeltà, i nostri tentennamenti, la nostra lontananza.
Certamente non nel nome del Dio che ci giustifica per fede e ci salva con la grazia del suo amore”.