Veglieremo ancora per il superamento dell’omo-transfobia. Perché «tutti siamo uno in Cristo»
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Articolo di Innocenzo Pontillo* pubblicato sul settimanale cattolico Adista Segni Nuovi n° 8 del 29 febbraio 2020, pag.9
«Non c’è qui né Giudeo né Greco; non c’è né schiavo né libero; non c’è né maschio, né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28). Queste parole di Paolo, scelte dopo una partecipata votazione online, uniranno tutti i culti e le veglie ecumeniche per il superamento dell’omo-transfobia 2020. Un’iniziativa ecumenica che, dal 2007, vede pregare insieme i cristiani LGBT e tante realtà cristiane, cattoliche ed evangeliche, in Italia e all’estero, nei giorni precedenti e successivi al 17 maggio (giornata internazionale dell’omotransfobia) affinché la nostra società e le nostre comunità cristiane siano «sempre più santuari di accoglienza e sostegno verso le persone LGBT e verso ogni persona colpita da discriminazione».
Ancora una volta parrocchie cattoliche e chiese valdesi, metodiste, battiste e luterane, sparse in tutt’Italia e all’estero, apriranno le loro porte per ospitare questi momenti in cui, come sottolineano le parole dell’apostolo Paolo, come cristiani ricorderemo che Dio è amore e l’unica legge per l’uomo è la libertà di amare come è amato. Solo così saltano le barriere religiose e culturali, sociali e di genere di cui ci circondiamo. Perché solo così viene tolta ogni divisione e siamo tutti figli dello stesso Padre, fratelli che si accolgono nella loro diversità.
Ma ha senso oggi vegliare, ancora una volta insieme, per il superamento della violenza dell’omotransfobia e di tutte le discriminazioni? Ascoltare le solite polemiche scatenate dai soliti “scribi e farisei” di turno che vivono nelle nostre chiese? Serve ancora ricordare le tante, troppe, vite spezzate dalla violenza dell’intolleranza omofobica e dalla paura del “diverso”, perché migrante, perche povero o straniero? A ognuno il compito di trovare la sua risposta a questa domanda.
La pastora valdese Daniela Di Carlo, nella veglia di Milano dello scorso anno, ricordava che questi momenti d’incontro servono a noi credenti per ricordarci «di essere stati chiamati per nome, di essere stati adottati da Dio e che ciascuno/a noi è prezioso ai suoi occhi! Che Dio ci permetta di vivere senza paura e con la capacità di sognare orizzonti nuovi dove vederci creature amate!».
Aggiungeva la pastora battista Elizabeth Green, durante la veglia di Cagliari dello scorso anno, che in questi momenti «le Scritture riescono a fare ciò che per noi e la nostra società risulta cosi difficile, coniugare uguaglianza e differenza».
Anna Battaglia, una madre cattolica con figlio gay organizzatrice lo scorso anno della veglia di Ragusa, affermava su Avvenire:«A chi se non a noi tocca testimoniare il messaggio d’amore predicato e incarnato da Gesù nel momento in cui i nostri figli (LGBT) ci chiedono di camminare con loro per accompagnarli a vivere alla luce del sole e a farli “nascere” di nuovo?». Mentre Luca, un giovane gay cattolico nella sua testimonianza nella veglia di Parma dello scorso anno, ricordava che «non so dove saremmo a quest’ora se chi è riuscito a togliersi le vesti della vittima non l’avesse fatto, se da lì non avesse iniziato, controcorrente e senza molti sostegni, a cercare di vivere la propria esistenza alla luce del Vangelo, incoraggiando gli altri a cercare quella strada difficile di liberazione che è in grado di renderci più autentici, di essere più vicino a chi si sente escluso, affinché nessuna vittima di una qualche forma di ingiusta discriminazione non diventi a sua volta un altro carnefice. Guardando indietro a quanto è accaduto non posso non essere grato verso coloro che hanno veramente seminato nelle lacrime, senza speranza alcuna, e hanno dovuto attendere decenni prima di vedere qualche apertura. A loro va il mio più sentito grazie».
Perché mai come ora le veglie sono diventate un momento ecumenico importante per far sì che le nostre comunità cristiane si interroghino su temi che ancora dividono la nostra società e le nostre Chiese. Anche nella Chiesa cattolica.
* Innocenzo Pontillo è volontario de La Tenda di Gionata, un’associazione di volontariato cristiano, fondata dai volontari del Progetto Gionata su sollecitazione di don David Esposito, un sacerdote prematuramente scomparso, che “sognava” che le nostre comunitá cristiane diventassero “sempre più santuari di accoglienza e sostegno verso le persone LGBT e verso ogni persona colpita da discriminazione”.