Percorsi d’amore. Una coppia gay e cristiana si racconta
Intervista di Lidia Borghi a Dario e Andrea del gruppo Nuova Proposta di Roma, 7 luglio 2012
Andrea e Dario si amano da più di 25 anni. Insieme hanno iniziato un percorso amoroso, di vita e di attivismo cristiano che li ha portati a fondare, insieme a tante altre persone lesbiche e gay, il gruppo di omosessuali cristiani Nuova Proposta di Roma. Qualche mese fa hanno accettato di rispondere a qualche mia domanda.
Andrea e Dario, prima di chiedervi di parlarmi del gruppo Nuova Proposta di Roma, comincio con il domandarvi se vi va di sfatare insieme a me un mito, quello dell’omosessuale credente – maschio o femmina che sia – che vive con sofferenza la sua condizione di cristiano escluso dall’Ecclesia. Che ne dite di raccontarmi come vivete la vostra personale esperienza di persone devote di Gesù da gay?
Andrea: Allora, forse non posso sfatarla del tutto, purtroppo. Devo dire che nel periodo dell’adolescenza e prima giovinezza non è stato facile riuscire a sentirmi veramente parte dell’Amore di Dio. Nasciamo e cresciamo in una società francamente omofoba e, quindi, introiettiamo il messaggio che essere omosessuali è sbagliato. Questo avviene anche nel cammino comunitario di fede. Negli anni ’70 e ’80 non si parlava mai di omosessualità e le possibilità di venire a contatto con questa tematica erano scarsissime.
Quindi, al momento della consapevolezza, purtroppo si era da soli, con l’angoscia di non poterlo dire, di non essere amati, di non poter essere più parte di quella comunità. Per fortuna, però, siamo riusciti a fare un percorso, lungo ma efficace, che ci ha ricondotto al “ritrovamento” dell’immagine di Dio Padre che, per fortuna, mai si era effettivamente distrutta dentro di noi.
Ci siamo riusciti, però, solamente quando ci siamo calati pienamente dentro la nostra “verità” di persone omosessuali e credenti, accettandoci per quello che siamo e per come Dio ci ha fatto. Finché abbiamo creduto di poter essere “qualcos’altro” inconsciamente ci allontanavamo dall’Amore.
E ora riusciamo, con qualche piccolo affanno ogni tanto, a vivere pienamente quel senso di “essere amati da Dio” che, poi, è la molla iniziale per poter amare se stessi e gli altri.
Dario: Certo, non è stato facile conciliare fede ed omosessualità all’inizio. Per lunghi anni mi sono allontanato dalla fede pensando di non esserne degno, credendo che la mia omosessualità m’impedisse di fare parte della Chiesa. Ogni volta che entravo in Chiesa per andare a messa, ricordo che al momento della benedizione pensavo di esserne escluso, che per me non valesse. Non parliamo poi dei sacramenti!
Per anni me ne sono allontanato… Fondamentale per me è stato il cammino fatto con Andrea, la fortuna di aver incontrato sul nostro cammino religiosi che non ci hanno giudicato o condannato ma che ci hanno fatto capire che anche noi eravamo inclusi a pieno titolo nell’amore di Dio.
E, naturalmente, altrettanto fondamentale è stato l’incontro con Nuova Proposta, il confronto con altri omosessuali come noi alla ricerca del giusto modo per coniugare fede ed omosessualità o che, più avanti di noi in questo percorso, ci hanno potuto aiutare.
Prendo spunto dalle due efficaci frasi che aprono il video di Nuova Proposta (visibile su You Tube) preparato apposta per avviare le attività per l’anno 2011/2011 per chiedervi: se la verità ci rende libere e liberi e la libertà ci rende autentiche ed autentici, perché la società italiana fa così tanta fatica, oggi, a garantire anche alle persone gay e lesbiche una vita di grandi sogni liberati dal pesante giogo del pregiudizio, religioso e non?
Dario: Credo che fondamentalmente la società attuale tenda a non voler vedere ciò che non è immediatamente riconoscibile come problematico. Mi sono spesso sentito dire (anche da persone aperte, che mi conoscevano bene) che in fondo non ci sono problemi per gli omosessuali in Italia, quasi a voler dire “di che vi lamentate? Che problema c’è?”.
Ecco, trovo molto più difficile e frustrante far capire a queste persone (che si rivolterebbero se venissero tacciate d’omofobia) quanto sia alto l’impatto del loro “non-impegno” in aiuto di chi come noi non vede riconosciuto alcun diritto e che deve ogni giorno lottare solo per riuscire ad essere se stesso.
Essere veri, vivere pienamente ed apertamente la propria libertà credo sia un dovere per noi e credo serva anche in qualche modo a supplire alla mancanza di impegno della società civile su questi temi.
Andrea: Perché ancora sull’omosessualità grava un enorme pregiudizio e moltissime paure. Io personalmente credo che le più grandi paure sull’omosessualità nascano dall’angoscia di poter riscontrare, nella propria vita, qualche scintilla di “omosessualità”. E, quindi, le persone “omofobe” istintivamente tentano di allontanare, combattere tutto ciò che riguarda l’omosessualità. Purtroppo mi sono reso conto che quello che fa più paura dell’omosessualità è proprio il fatto di non poterla riconoscere.
Mi spiego: finché l’omosessualità è presentata come stravaganza, trasgressione, eccesso (anche e soprattutto sui media) è paradossalmente più accettata, proprio perché le persone riescono con facilità a etichettarla come “altro da me”. Ma se le persone omosessuali sono, invece, presentate come “integrate”, “indistinguibili”, “normalizzate”, allora credo scatti la paura di non riuscire a prendere le distanze.
Però sono anche convinto che essere “veri”, “autentici”, sia fondamentale. Solo se ci presentiamo agli altri in trasparenza, nella consapevolezza di essere persone convinte di avere (o poter avere) un progetto di vita pieno, riusciremo a cambiare qualcosa nell’opinione. Il “raccontarsi” è per me lo strumento più efficace per modificare la percezione.
Vi va di raccontarmi quando e come nacque il gruppo romano di Nuova proposta, fatto di donne e uomini omosessuali cristiani? Correva l’anno…
Andrea: Nuova Proposta è nato oltre 20 anni fa, all’incirca nel 1988, dall’iniziativa di un gruppo di ragazzi romani che, faticando a trovare risposte nelle proprie parrocchie e cammini di fede, hanno deciso di creare uno spazio dove poter riflettere su come conciliare due aspetti fondamentali della propria vita, come fede e omosessualità. Quindi, all’inizio, il gruppo era per lo più su base amicale, spontanea; nasceva per rispondere a un’esigenza molto forte personale.
Con il passare del tempo, il gruppo ha assunto una fisionomia più di “servizio”. Nel 2005 siamo diventati associazione, proprio perché esisteva un gruppetto di persone, più anziane nella vita di Nuova Proposta, che avevano maturato la consapevolezza di potersi impegnare per prestare un’opera di servizio a favore degli altri, dei nuovi.
Da allora, la nostra visibilità è decisamente aumentata e il nostro lavoro si è “sbinato” in due filoni: da un lato il sempre prioritario servizio di accoglienza, dall’altro quello di formazione, informazione e testimonianza (rivolto per lo più alla Chiesa, ai movimenti, alle parrocchie) su cosa significa essere omosessuali e cristiani e cosa significa fare accoglienza a una persona omosessuale.
Dario: Oggi Nuova Proposta è una realtà importante che riesce a farsi riconoscere sia in campo religioso che in campo sociale per la maturità delle posizioni espresse, per la coerenza con cui le porta avanti ma anche per la pacatezza del nostro agire che ci permette di essere un interlocutore ascoltato e stimato.
Credo che ciò che abbiamo, tra le iniziative dell’Europride 2011 (12 giorni di presenza continua al Pride Park, un convegno internazionale e l’anteprima europea del film documentario su John McNeill) e la veglia di preghiera 2011, organizzata a Piazza Navona, abbiano dimostrato il livello a cui siamo arrivati.
Ma non saremmo mai giunti così lontano se non avessimo avuto il supporto dell’esperienza, dell’opera e degli sforzi di tutti coloro che ci hanno preceduti e che, anche se a volte hanno preso altre strade, saranno sempre parte integrante di questo gruppo e pezzi fondamentali di ciascuno di noi.
Dario, non nascondo che le tue parole mi hanno commossa. Ho provato una profonda tenerezza al solo sentire che per tanto tempo ti sei negato la parte più autentica di te stesso. Per paura di non essere degno dell’amore di Dio e dei tuoi famigliari più stretti, ancor prima che delle tue amicizie. Che cosa hai provato nel momento preciso in cui hai sentito forte, dirompente dentro di te la forza di quell’amore, che ti ha spinto a ritrovare la tua libera identità personale?
Dario: Se vivi pienamente la tua vita, fatta di gesti normali, quotidiani, di affettività normale, quotidiana, credo sia impossibile alla lunga continuare a negare te stesso davanti agli altri. Ho rischiato di perdere l’amicizia di molte persone, ho avuto paura di essere rifiutato dalla mia famiglia ma erano tutte false paure auto-generate.
Quando ho capito che non avevo nulla di cui vergognarmi, che la mia vita era uguale a quella di chiunque altro, che mai e poi mai la mia famiglia mi avrebbe rifiutato, allora sono stato me stesso, ho potuto parlar chiaro per primo con mio padre e poi con tutti gli altri. Che bello è stato sentirsi dire “finalmente ti sei deciso a dirlo!” oppure “quando ci fai conoscere Andrea?”. Così ho avuto un’ulteriore riprova di come la verità porti sempre, in ultima analisi, alla libertà.
Inoltre, Dario, quanto è stato difficile giungere all’applicazione pratica della massima gandhiana “la mia vita è il mio messaggio” per te, gay cristiano, schiacciato dalla pressa cattolica del giudizio negativo, senza appello, di ogni persona con orientamento omosessuale? Quanto dolore ha dovuto scorrere nelle tue vene?
Dario: Come ho detto prima, più che dolore c’è stata negazione, quasi un assopimento della mia vita di fede, un negarsi completamente qualsiasi cosa che fosse riconducibile alla Chiesa. Nel far questo ho nascosto la mia vita e non ho comunicato nulla di me stesso, mi sono inaridito…
Dal momento in cui mi sono riappropriato della mia vita sono anche riuscito a metterla a disposizione degli altri, sia attraverso il volontariato che da ormai 10 anni fa parte della mia vita che attraverso la testimonianza della mia esperienza nei confronti di altri omosessuali che non vedono come ritornare nel loro cammino di fede.
Importante per me è stato anche il riuscire a scindere il messaggio di Cristo dal messaggio della Chiesa, ciò che dice veramente il Vangelo dalla reinterpretazione datane dagli uomini nel corso dei secoli. Credo che se tutti avessero la possibilità di sentirsi raccontare, dai tanti biblisti ed esegeti (che spesso sono osteggiati più o meno apertamente dalla gerarchia) il Vangelo per quello che realmente significa, quanti problemi in meno avremmo…
Andrea, all’interno della tua testimonianza, nel video, usi la metafora dell’armatura, un freddo pezzo di ferro che fa a botte con il calore di un cuore illuminato dalla luce salvifica di Dio. Stante la tua profonda consapevolezza attuale, così come viene fuori dalla chiarezza adamantina delle tue parole, delle tue azioni e dei tanti progetti che, insieme alle altre persone di Nuova Proposta, porti avanti da tanti anni, come vedi il tuo personale progetto di vita, se proiettato nel futuro prossimo?
C’è ancora spazio per la bellezza della serenità, in un mondo che si pasce del pregiudizio per dividere e discriminare, facendo venir meno il messaggio d’amore ed accoglienza presente nei Vangeli?
Andrea: Il percorso di liberazione da questa “armatura” è stato molto faticoso, lungo, ma anche risolutivo. Una volta compiuto, non si torna più indietro… Ora vedo con tenerezza, ma anche con distanza, quell’Andrea così preoccupato a controllare tutto quello che succedeva fuori e dentro di sé, a cercare di simulare l’Andrea che pensavo gli altri volessero…
Penso anche che il mio cammino faticoso e lungo possa servire alle altre persone… Penso che la serenità e la bellezza siano diritti di qualunque persona e, pertanto, spero che, anche con le nostre testimonianze, altri giovani omosessuali possano sperare di poter conquistarle. Ho capito, in maniera molto netta, che la serenità nasce al nostro interno in primis… Ovviamente, soprattutto quando siamo adolescenti, il giudizio degli altri è importantissimo e dobbiamo lavorare ancora molto affinché si capisca quanto sia doloroso, violento subire lo stigma degli altri.
La mia vita la vedo ancora molto, molto proiettata in avanti… Per me è stato sempre così, devo avere sempre uno stimolo nuovo. Sono convinto che una persona omosessuale debba poter aspirare, se lo vuole, ad avere un progetto di vita pieno, inclusa la dimensione affettiva. Dobbiamo però metterci in gioco, cercare di uscire dalle dimensioni nascoste, fare un lavoro in primis di accettazione di noi stessi e di rimozione degli aspetti di omofobia interiorizzata che troppo spesso sono il vero ostacolo al nostro “volo”.
Dario, Andrea, le rispettive vostre storie personali si sono intrecciate in modo indissolubile un giorno di tanti anni fa. Mi piacerebbe che mi raccontaste in che modo siete riusciti a costruire un rapporto di coppia così solido. C’entra forse, anche, quell’identità personale vera, infine ritrovata, che alberga nella mente di Dio e che Lui ha consegnato nelle mani di ognuna ed ognuno di noi?
Dario: Quando racconto che io ed Andrea stiamo insieme da più di 25 anni, mi dà fastidio e m’imbarazza il sentire commenti sorpresi (Complimenti! Che storia! ecc.), in fondo i nostri genitori, mediamente, hanno avuto tutti una storia simile. Non credo di costituire un’eccezione, un caso particolare. E come i nostri genitori questi 25 anni ce li siamo dovuti sudare, giorno per giorno e ce li suderemo ancora nei prossimi anni e per tutto il tempo che vivremo insieme.
Certo, noi abbiamo avuto la difficoltà, come dice Andrea, di non avere intorno una cultura, dei modelli che ci hanno potuto aiutare e guidare. Certo, l’esser riusciti finalmente ad essere se stessi ci ha permesso di affrontare con normalità tutti i problemi che abbiamo incontrato ma ci ha anche permesso di condividerli con tutte le persone care che abbiamo intorno, come una qualsiasi coppia!
Andrea: La nostra è una storia particolare ma, se vuoi, anche molto normale. Sembra un ossimoro ma non lo è. Ci siamo conosciuti il primo anno di università. Era la prima storia per entrambi e da allora siamo stati sempre insieme. Non è stato facile capire cosa significasse “essere una coppia”, proprio perché di modelli non ne avevamo. Ci siamo dovuti, quindi, “inventare” lo stare insieme, il crescere, il fonderci, il dare spazio a un soggetto più grande che non fosse solo la semplice somma di Andrea e Dario.
In 25 anni (da tanto stiamo insieme) abbiamo fatto un percorso lungo, non sempre facilissimo. Ci sono stati momenti complicati, momenti di crisi che ci sono serviti a rompere qualche cristallizzazione in cui eravamo imprigionati…
Ricordo quando, nel 1995, avevamo maturato la convinzione che giammai saremmo potuti andare ad abitare insieme, perché non avremmo mai retto al peso del giudizio sociale derivante dall’essere giudicati come coppia gay convivente. Quindi ci eravamo comprati e ristrutturati una casa ciascuno. Quell’anno, dopo aver terminato i lavori a casa mia, mi sono trasferito.
La prima notte, in cui ho dormito da solo lì, mi è insorto un terribile attacco di panico. La cosa è continuata, crescendo in intensità, per molto tempo. Ho deciso di fare un percorso di psicoterapia, alla fine del quale è stato chiaro che quell’angoscia derivava dal fatto che mi ero rinchiuso in una gabbia, che non volevo in realtà vivere da solo: volevo dividere la mia vita con Dario. Quel periodo doloroso è servito moltissimo: è stata la molla che ha favorito la conoscenza di me e la guarigione di alcuni aspetti sofferenti.
Ecco, in sintesi, il nostro percorso è stato un po’ un continuo di “guarigioni” continue che ci hanno portato oggi ad aver maturato la nostra dimensione di coppia, a vederci l’uno come l’estensione dell’altro, ad impegnarci per un progetto di vita comune e, speriamo, a riuscire anche a trasmettere un po’ delle nostre conquiste agli altri, sperando che si possa beneficiare del nostro cammino.