Dialogo con Damiano Migliorini sul rumoroso silenzio del Sinodo sulle persone omosessuali
Dialogo di Luca B. con Damiano Migliorini, autore del saggio “L’amore omosessuale” (Cittadella, 2014)
Il Forum dei Cristiani LGBT (Albano Laziale, 15-17 aprile 2016) è oramai alle porte, e per presentare un po’ meglio quelli che saranno gli ospiti che parleranno nelle varie conferenze in programma abbiamo deciso di intervistarne alcuni.
Cominciamo con Damiano Migliorini, filosofo, specializzato in Scienze Religiose, attualmente dottorando presso l’università di Verona, autore assieme a Beatrice Brogliato del saggio “L’amore omosessuale. Saggi di psicoanalisi, teologia e pastorale. In dialogo per una nuova sintesi” (Cittadella Editrice, Assisi, 2014) che al Forum2016 nel suo workshop tratterà degli “Esiti del Sinodo sulla famiglia. Sull’omosessualità un silenzio rumoroso” a partire da un suo articolo già pubblicato su MicroMega.
Di cosa ti occupi Damiano nei tuoi studi e cosa ti ha indotto ad approfondire la tematica degli omosessuali credenti?
Attualmente sto portando avanti gli studi nell’ambito della Filosofia Analitica della Religione; l’obiettivo della ricerca di dottorato è di sondare la possibilità teoretica di tracciare un teismo che si fondi su un’ontologia relazionale e una metafisica trinitaria sufficientemente coerenti. Questo, almeno, è l’obiettivo a lungo termine, auspicato. I percorsi di ricerca, si sa, seguono molto spesso delle traiettorie impreviste. Prova ne è il libro che ho pubblicato con Beatrice, la cui tematica può sembrare infinitamente distante dalle discussione teistiche o trinitarie. Anche se, chi naviga da tempo nella teologia, sa che non vi è mai una reale distanza tra questioni etiche, antropologiche e teologiche.
Il libro è il risultato dell’approfondimento delle questioni etiche e teologiche legate all’omosessualità e all’esperienza di fede delle persone omosessuali, e nasce da un’amicizia, quella con Beatrice. Nei nostri frequenti dialoghi ci siamo resi conto che questa tematica è oggi cruciale, sia sul lato psicoanalitico che dal punto di vista ecclesiale. Entrambi eravamo giunti a contatto con le sofferenze vive delle persone, dovute soprattutto al contesto culturale in cui vivevano, e che ne avevano condizionato i percorsi di vita. Da questa consapevolezza è nata in noi la pazza idea di mettere al servizio le nostre competenze, proponendo alle parrocchie degli incontri formativi sul tema omosessualità. Alcuni parroci ci hanno dato questa opportunità, e dalle sollecitazioni ricevute durante questo cammino è nato il libro, nel quale abbiamo messo a frutto (speriamo in modo fecondo) le competenze scientifiche, disciplinari e disciplinari.
Per restare nelle traiettorie impreviste: nell’ultimo anno mi sono anche occupato della tormentata “questione gender”, costretto, come molti altri, dalla psicosi generale che il tema ha suscitato, grazie alla manipolazione di cui tutti siamo a conoscenza. Ho fatto una ricerca ad ampio raggio, della quale spero – se Dio vorrà – di dare conto presto in un libro di sintesi e di programma.
Questa nuova ricerca è stata l’occasione per approfondire e ampliare quella precedente, la cui pubblicazione, in più punti, necessita d’argomentazioni ulteriori. Siamo sempre in formazione, ed è bello constatare che il nostro pensiero è in continuo divenire e arricchimento. Il Forum, da questo punto di vista, sarà per me fondamentale.
Nella tua pubblicazione come in numerosi articoli viene affrontato il dibattito sull’omosessualità in relazione al Sinodo straordinario sulla famiglia.
Il dibattito sulla questione omosessuale è assai complesso e mette in gioco l’intera storia di quella che è l’interpretazione dell’omoaffettività dall’Antico Testamento fino ai giorni nostri. Qual è nella tua esperienza il nodo più problematico che impedisce ad oggi di affrontare con una certa serenità la questione omosessuale all’interno della Chiesa?
I nodi problematici sono molteplici, ma convergenti in un’unica questione: se riusciamo a comprendere l’esperienza affettiva di alcune persone come un possibile amore benedetto da Dio. Il che equivale a chiedersi: l’amore (sessuale) omosessuale ha le caratteristiche per essere considerato un amore umanizzante, cristiforme, trinitario-agapico?
So che a qualcuno l’idea che l’amore possa essere “valutato” suona retrograda e incomprensibile; tuttavia, è importante andare oltre al sentimento che soggettivamente constatiamo per coglierne la razionalità, esplicitarla. Questo, in fondo, è ciò che fa la teologia morale, laddove s’interroga sull’appropriatezza di certi comportamenti: cerca una conciliazione tra soggettivo e oggettivo. Se accettiamo questo punto di partenza, possiamo fare il primo passo per comprendere le difficoltà della Chiesa nel suo – a mio avviso improrogabile – aggiornamento dottrinale.
La Chiesa, infatti, ha nel tempo codificato una serie di “caratteristiche” che determinano l’oggettività e la verità dell’amore sessuale, e quindi la bontà degli atti sessuali che ne conseguono, la quale s’intreccia con la definizione (sacramentale e giuridica) del matrimonio.
Il più conosciuto è il famigerato “fine procreativo”, ma non è il solo, ed è solo il vertice dottrinale, l’espressione riassuntiva, di una vasta rete di premesse, olisticamente connesse, che convergono proprio in esso. Ci sono ambiguità e pregiudizi atavici in tale codifica, ma vi è anche una filigrana razionale strutturata e fondante, che va sviscerata, compresa e modificata con ponderatezza.
L’amore omosessuale pone una sfida cruciale a questi dispositivi teologici, chiedendo loro di elaborare in modo nuovo l’antropologia metafisica di stampo aristotelico-tomista, l’etica derivante dalla dottrina della legge morale naturale, alcuni luoghi esegetici (non parlo solo dei passi di apparente condanna dell’omosessualità, ma dell’intera teologia del maschile e del femminile che deriva, più o meno consequenzialmente, dal “maschio e femmina li creò” e da altri passi su cui viene costruita la dottrina dell’unità duale, oggi tanto in voga, e l’antropologia trinitaria-familista su cui molta teologia si sta esercitando); probabilmente anche alcuni schemi ecclesiologici ed ecumenici sono coinvolti (per una panoramica inziale consiglio ovviamente il nostro libro, ma anche il piccolo “breviario” che ho fatto in alcuni articoli: (Articolo 1) (Articolo 2) .
Siamo capaci di proporre un aggiornamento dottrinale capace di mantenere il sistema olistico e la sua solidità, rendendolo però più inclusivo? È questa la sfida che ci aspetta, e che i cristiani omosessuali devono vincere. Solo questo paziente e ingente lavoro può portare ad armonizzare gli aggiornamenti in campo di morale sessuale con la teologia cattolica complessiva. Poi, certamente, vi sono lati umani, psicologici, in alcuni uomini di Chiesa, legati all’educazione, alla paura, alla paranoia, all’isolamento personale e culturale a cui sono soggetti. Ma qui esco dalle mie competenze, per cui mi fermo.
Durante il Forum vorrei confrontarmi con i partecipanti sulle questioni teologiche, pastorali (che sono altrettanto delicate e complesse) e spirituali (sulle quali mi sento carente). Troppo spesso ci siamo fatti scudo delle incapacità umane di molti pastori per non voler andare alle radici teoretico-teologiche più profonde; bisogna invece lavorare sui due fronti, in modo coordinato e costante. Ritengo che ci vorranno persone ben più competenti di me per portare a termine l’operazione…
Ma ognuno deve provare umilmente a fare la sua parte. Ho potuto constatare che qualche importante teologo ha formulato ipotesi nuove (molto interessanti) prendendo come punto di partenza il nostro libro. Allora forse, per quanto sia imperfetto, non abbiamo lavorato invano…
Altri, e spero siano sempre più, avranno l’altissimo compito di testimoniare, con la propria vita di coppia, quell’amore possibile. Si tratta di far conoscere personalmente ai Vescovi e sacerdoti quel momento soggettivo (il vissuto dell’innamoramento e dell’amore di coppia fedele e duraturo) che segna il cammino della persona omosessuale; avvicinare questo momento a quello oggettivo (attualmente codificato), potrebbe portare a sostanziali mutamenti sia nella pastorale, sia nella teologia. Anche i genitori delle persone omosessuali hanno questa enorme responsabilità. Ho saputo che, di recente, proprio i genitori sono stati protagonisti di questo riavvicinamento, e sono felice che al Forum sia dedicato loro un momento particolare.
Il 2016 vedrà la conclusione dell’anno giubilare e la chiusura del Sinodo sulla famiglia, assemblea che ha creato molte speranze, conferme o delusioni nel mondo credente e non solo. Oltre il fenomeno mediatico possiamo sperare in uno sbilanciamento seriamente inclusivo da parte di Francesco?
Non vorrei deludere in partenza i partecipanti al Forum, ma ho l’impressione che no, non ci siano le condizioni per sperare in questo sbilanciamento. Ammesso che il Papa sia personalmente a favore – ma non lo sappiamo, ricordiamoci che è un papa molto fedele al Catechismo – il Sinodo ha mostrato una gerarchia spaccata, una Chiesa lacerata su certe questioni morali, e un’ala riformatrice troppo debole.
Il papa non è nelle condizioni di fare degli strappi (ripeto: ammesso che abbia dei convincimenti personali per farli), anche in vista dei delicati percorsi di riavvicinamento ecumenico con chiese ancor più ferme su certe tematiche. Già lo scrissi: è ancora, dolorosamente, troppo presto (gionata.org). La maggioranza dei Vescovi non sono preparati – né umanamente né teoreticamente – ad affrontare questo tema.
La Chiesa è a un punto di svolta storico circa il suo modo di essere Chiesa; per evitare che la svolta diventi uno scisma (l’aria che tira non è buona, inutile nasconderselo), il papa dovrà indietreggiare parecchio; sul tema omosessualità non vorrei che si facessero addirittura dei passi indietro rispetto al Sinodo stesso.
Certo, un richiamo generico alla misericordia, può giovare anche alle questioni legate all’omosessualità. Ma dubito che possa farlo in modo sostanziale. Credo abbia più efficacia in termini geopolitici e spirituali (anche ecclesiali), piuttosto che dottrinali.
Nell’articolo che avete richiamato – scritto un po’ a caldo, e pertanto parziale – ho cercato di mostrare quali siano le luci e le ombre emerse dal Sinodo. Ora spetta al papa fare delle scelte, e onestamente non so cosa aspettarmi. Sono troppe le variabili in gioco, e le correnti sotterranee di cui non siamo a conoscenza.
Noi comuni mortali possiamo solo cercare di leggere tra le righe dei documenti, e lavorare di teoresi. Il workshop sarà un momento per lavorare su di noi, una condivisione di vissuti e speranze circa l’esito del Sinodo, più che un generico disquisire sui retroscena, a cui non abbiamo comunque accesso.
Che fare, dunque? Pregare, direbbe con saggezza l’amico Gianni Geraci. Pregare e sperare, continuare a farci sentire, e contemporaneamente impegnarsi nel dialogo serrato con i Vescovi e le istituzioni culturali cattoliche. Continuare a fare con perseveranza quel che fate nei vostri gruppi diocesani. Cogliamo l’occasione di una Chiesa in uscita!
Irrobustiamo le mani fiacche, rinsaldiamo le ginocchia vacillanti, coraggio!, ci saranno tempi in cui vedremo zampillare l’acqua nel deserto, «fatti come un prodigio» è la promessa che la gloria è per tutti, i riscattati dal Signore verranno in Sion con giubilo (Is 35).