Verso la costruzione di ponti tra la Chiesa cattolica e la comunità LGTB
Riflessioni di Juanjo Peris pubblicate sul suo blog Cristianisme i Justicia (Spagna) il 2 maggio 2017, libera traduzione di Dino
“Sono nato nell’ultima generazione di omosessuali che sono cresciuti chiedendosi: sono il solo in tutto il pianeta a provare i sentimenti che provo io?“. Questa frase di Cleve Jones è nelle sue memorie sugli anni di militanza nel movimento “che mi ha salvato la vita” nella San Francisco di Harvey Milk, ma potrebbe essere attribuita a me dato che, una generazione più tardi, continuano ad esistere contesti di esclusione.
Crescere in un contesto di mancanza di riferimenti e nel rifiuto non è facile. E’ noto che i tassi di depressione e di suicidio sono più alti nella popolazione omosessuale che nel resto della popolazione. Alan Downs (psicologo clinico di Los Angeles) in base ai colloqui con i suoi pazienti, sostiene che molti maschi omosessuali passano attraverso tre tappe: una prima, nella quale sono invasi dalla vergogna e imparano a dividersi in pezzi, mostrando agli altri un’immagine che possa essere accettata, autocensurandosi e nascondendo ciò che non è considerato accettabile nell’ambiente sociale (alcuni suoi pazienti durante questa tappa sono arrivati anche ad occupare ruoli dirigenziali in organizzazioni e Chiese omofobe). Una seconda tappa, di compensazione, solitudine e assuefazione. E una terza di accettazione completa, sforzo di disimparare quello che era stato erroneamente imparato e di apprendere a far crescere autenticità.
In un recente studio riguardante i professori LGBT degli Stati Uniti, alla domanda se i loro alunni erano a conoscenza della loro identità sessuale, per la maggior parte affermavano di aver ben chiara la separazione tra vita pubblica e vita privata.
Tuttavia, interrogati su cosa pensavano del fatto che i loro colleghi eterosessuali in ufficio avevano foto dei loro partner, con cui partecipavano alle riunioni e alle feste della scuola, se si rendevano conto che quando dicevano di “aver chiara la separazione tra vita pubblica e vita privata” facevano riferimento esclusivamente alla popolazione LGTB.
Non si tratta solamente di un fattore di autoaccettazione personale, si tratta di vivere in autenticità, di andare oltre la fuga dalla tentazione di ottenere l’approvazione degli altri, si tratta di vivere in spazi di libertà. Da qui l’errore di quelli che, apparentemente tolleranti nei confronti delle persone LGTB, chiedono che essi vivano “con discrezione” incoraggiando la “doppia vita” e la mancanza di autenticità.
Quando cominciai ad entrare in rapporto con i gruppi LGTB, per me costituiva un richiamo il fatto che molti dei loro capi provenivano da ambienti cristiani. Molti di essi erano state persone attive nelle loro comunità, con dei ruoli di responsabilità finchè un giorno, alla scoperta o alla rivelazione della loro omosessualità, erano stati espulsi o sollevati dai loro incarichi.
Alcuni decisero di iniziare un percorso di militanza in altri campi della difesa dei diritti umani. Non trovando spazio nelle strutture ecclesiali, alcuni decisero di dare inizio a gruppi di preghiera o di riflessione sul Vangelo in locali dei gruppi LGTB, fatto non sempre compreso dal resto dei membri che lo vedevano come una specie di autoesclusione interiorizzata.
Attualmente a Londra, prevalentemente nelle Chiese cristiane, ho potuto incontrare persone LGTB che “per coerenza” hanno abbandonato la Chiesa cattolica per abbracciare altre tradizioni cristiane “inclusive“. Personalmente ho potuto comprendere che attualmente facevano parte di comunità nelle quali si sentivano accolti; ma vale davvero la pena cambiare [confessione, ndr] a causa di qualcosa che in futuro potrà cambiare?
In una classificazione, che ho letto tempo fa, sull’atteggiamento di vari gruppi cristiani di fronte all’omosessualità, troviamo una prima posizione che nega la stessa esistenza dell’omosessualità: “l’attrazione verso persone dello stesso sesso” è una patologia e di conseguenza gli “atti mosessuali” sono cattivi.
Una seconda posizione ammette l’esistenza di persone LGTB ma non accetta la relazione sessuale tra persone dello stesso sesso (le persone LGTB sarebbero pertanto chiamate ad una vita di celibato). E una terza che ammette l’esistenza di persone LGTB e anche accetta le loro relazioni, benedicendo le unioni tra persone dello stesso sesso.
Le Chiese “cristiane” che hanno patrocinato campagne come “Dio odia i finocchi” o cliniche per la cura di persone omosessuali apparterrebbero alla prima posizione. Exodus International era una di queste realtà che, dopo aver offerto per 37 anni programmi di “cura e riconversione” ha chiuso i suoi battenti, non senza prima aver riconosciuto l’inutilità delle sue terapie e aver chiesto perdono alle vittime per “il danno e la sofferenza provocati“.
La posizione della Chiesa cattolica non è univoca, oscilla con una certa ambiguità tra il primo e il secondo gruppo. La nota frase di Papa Francesco, “Chi sono io per giudicare un gay?” mi ha rallegrato in modo speciale perchè personalmente la consideravo un riconoscimento dell’esistenza delle persone LGTB e pertanto una presa di distanza dall’atteggiamento più escludente. Ma la frattura tra la comunità LGTB e la comunità cristiana si è accentuata, per molto tempo, senza che nella Chiesa cattolica sorgessero voci che promuovessero un avvicinamento.
Non mancavano coloro che in privato accettavano, ma in pubblico non difendevano. L’accettazione e la visibilità costituiscono il primo passo. La costruzione di ponti tra le persone LGTB e la comunità cristiana è urgente. E’ necessario camminare verso una Chiesa che assolutamente non escluda e che comprenda che ci sono diversi modi di amare.
Dobbiamo bandire i fantasmi e favorire l’incontro. Il comportamento opposto priva le persone LGTB della comunità cristiana e la comunità cristiana dei doni rappresentati dalla comunità LGTB. In ultima analisi si tratta, per le persone LGTB, di vivere, di riconoscersi e abbracciarsi così come il loro creatore le aveva sognate, a sua immagine e somiglianza, vivendo in autenticità e verità. E per il resto della comunità cristiana si tratta di aprirsi alla diversità, facendo sì che la Chiesa sia una vera oasi di verità e amore.
Testo originale: Hacia la construcciòn de puentes entre la iglesia y la comunidad LGTB