Vi racconto le “Soho Masses” di Londra, le messe inclusive per i gay cattolici
Testimonianza di Ventmauvais del 14 novembre 2008
Ho sempre amato poco i ghetti gay: i quartieri gay, le discoteche gay, i bar gay… Certo, li ho frequentati e li frequento anche io di tanto in tanto, ma ho sempre pensato che cercare un posto separato è solo un aiuto per chi ci considera diversi.
E capisco che possono essere un modo per fraternizzare, trovare persone con cui socializzare e condividere un percorso di vita comune, ma spesso ci sono persone che diventano addicted (ndr assuefatti/dipendenti) di questi posti. A me piace essere me stesso, e quindi gay, in mezzo alla gente. Troppo semplice ancora stringere a sé il proprio ragazzo e baciarlo in una discoteca gay e non in un posto qualunque…
Così quando sono arrivato a Londra e ho scoperto che esistevano le Messe per gay cattolici (le Soho Masses dal nome del celebre quartiere gay di Londra), ho avuto un attimo di resistenza. Ho pensato all’ennesima trovata della grande città emancipata. Mi sono chiesto quale poteva essere il motivo di fare una Messa per gay, senza trovare una motivazione abbastanza valida e convincente.
Ma la mia curiosità è quasi proverbiale, e quindi non ho resistito a provare almeno una volta questa esperienza. E alla fine – mi spiace ammetterlo – l’impressione è stata stupenda. E credo che tornerò ogni volta che mi sarà possibile. Perché?
Potrei raccontarvi dell’effetto che mi ha fatto ricevere la comunione da un transessuale, oppure vedere una chiesa stracolma di gay (con l’intermezzo di qualche parrocchiana attempata!), potrei raccontarvi del rinfresco subito dopo la Messa in cui puoi parlare e condividere con gli altri partecipanti alla Messa, trovare libri su omosessualità e fede, o della bella sensazione del benvenuto reciproco subito dopo il segno della croce iniziale (una cosa molto poco british, a dire il vero).
La cosa che mi ha colpito di più, però, è stata sentire la Parola di Dio spezzata per me e per gli altri omosessuali presenti in quella chiesa, in quanto omosessuali. E – Deo gratias – non erano le solite parole di condanna che spesso si è abituati sentire dal pulpito.
Il sacerdote che celebrava sembrava quasi che mi leggesse nella mente: “Perché siete venuti qui?” continuava a domandare durante l’Omelia. “Perché ci sono gli altri gay? Perché alla fine ci sarà un rinfresco? Perché è la vostra parrocchia? Perché l’orario è comodo? Perché poi avete appuntamento con gli amici qui vicino?” e ha continuato per non so quanto tempo a dare delle possibili spiegazioni. “Ve lo dico io perché siete venuti qui: perché Gesù stesso vi ha chiamati per parlare al vostro cuore”. Diciamo che le letture di quella domenica (era il 2 novembre, ma si festeggiavano Tutti i Santi) erano particolarmente belle.
L’Apocalisse affermava che Cristo è la nostra lavatrice (“Questi che sono vestiti di bianco chi sono e da dove vengono” “Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello”, Ap 7,14), Giovanni ricordava “quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!” (1Gv 3,1), e il Vangelo era quello delle Beatitudini: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli” (Mt 5,12).
Ormai sono abituato a vivere in maniera solitaria la mia fede. Sono emarginato dai cattolici perché gay, e sono emarginato dai gay perché cattolico. Ma persevero nelle mie scelte, e in quelle che ritengo le mie due vocazioni qui sulla terra: seguire Dio e amare il mio compagno.
E durante questa celebrazione ho avuto modo di sentire ancora una volta riunificate le mie due parti, quella di omosessuale e quella di cattolico, grazie alle parole del celebrante e di Cristo che parlava in lui. E ho sentito che Cristo stesso mi ha chiamato (sfruttando anche la mia curiosità), ha parlato al mio cuore e mi ha edificato.
E’ stata una vera e propria Eucarestia per me, un rendimento di grazie a Dio per quanto ha operato in me e per quanto continua a operare nella sua Chiesa.