Viaggio nell’emarginata comunità transgender russa
Articolo di Elizaveta Vereykina pubblicato sul sito del quotidiano The Guardian (Gran Bretagna) il 10 settembre 2015, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
“Chi mi vede per la prima volta al volante è sorpreso dal fatto che una signora possa guidare un camion così gigantesco” spiega Vika, camionista di 48 anni che lavora per un’impresa di costruzioni di Mosca. Vika non ha nessuna controparte russa a cui fare riferimento. Come molte altre transgender russe è obbligata a non farsi notare, preoccupata delle discriminazioni a cui potrebbe andare incontro in una società che fatica enormemente a capire cosa vuol dire essere transgender.
Non esistono statistiche ufficiali sul loro numero, ma gli esperti stimano il loro numero in 15.000 circa: lo 0,1% della popolazione russa. Vika è una di loro. Non vuole dirci il suo cognome, ma spiega che si è trasferita nella capitale dalla città di Novosibirsk, in Siberia, dove ancora vivono sua moglie e suo figlio di dieci anni.
Non aveva intenzione di fare la camionista. Ha lavorato otto anni in un salone di bellezza: dopo la sua chiusura ha passato molto tempo alla ricerca di un lavoro. Nel suo periodo più disperato si è persino piegata a vendere il suo corpo, un’esperienza che descrive come vergognosa e terrificante. Finalmente ha trovato il suo attuale lavoro: il suo capo la sostiene in tutto. “Una volta, due colleghi volevano darmi una lezione perché sono transgender. Quando il mio capo lo scoprì, li licenziò immediatamente.”
Anastasia Gerasimova, 48 anni, ha cercato di fare i lavori più mascolini che potesse concepire da giovane, nella speranza che questo la facesse sentire più a suo agio nel genere maschile in cui è nata. “Fin da piccolissima ho sempre voluto essere una donna ma pensavo che l’esercito e un mestiere mascolino mi avrebbero aiutato a rimanere un uomo” dice Anastasia, che dopo il servizio militare ha lavorato nelle ferrovie. “Volevo confermare l’opinione generale, secondo la quale i tuoi genitali dicono chi sei. Mi sono sposata e ho avuto due figli, ma nulla è cambiato.”
In seguito Anastasia si è unita a un gruppo di sostegno per transgender e ha cominciato a vivere come una donna. Oggi lavora come specialista in epilazione laser. “La mia famiglia si beve tutte le ciance della TV e a casa cerca di rifilarmi tutti i lavori più duri, quelli ‘da uomo’. Sono sempre costretta a portare le cose più pesanti, devo guadagnare di più, devo fare da elettricista e da idraulico qui in casa. Però amo la mia famiglia e non la lascerò mai. Mio figlio ora ha 21 anni e mia figlia 12. Viviamo insieme e mi sento responsabile della loro crescita.”
Per cambiare ufficialmente i documenti di identificazione, compreso il passaporto interno indispensabile per tutti i russi sopra i 14 anni, le persone transgender devono affrontare un lungo iter che comprende la diagnosi di “transessualismo” da parte di una commissione psichiatrica statale.
Tatiana Glushkova, un’avvocato che lavora per il Progetto di Difesa Legale Transgender che offre loro assistenza legale gratuita, spiega che gli ostacoli non scompaiono una volta ottenuta la diagnosi: “Secondo la legge, bisogna produrre un certificato di cambio di genere. Tale certificato, però, non ha ancora una forma ufficiale”.
Glushkova spiega che i responsabili dell’anagrafe utilizzano questa mancanza come scusa per rifiutarsi di modificare i certificati di nascita. Inoltre, pur non esistendo nessuna legge che obblighi alla riassegnazione chirurgica del genere per poter modificare i propri documenti, i giudici spesso non ne tengono conto, creando l’ennesimo (costoso) ostacolo per i russi e le russe transgender.
La riassegnazione chirurgica del genere va da 35.000 rubli (450 euro) per la rimozione dei testicoli nel caso di una transizione da maschio a femmina fino a 1.2 milioni (18.000 euro) per la costruzione del pene nel caso di una transizione da femmina a maschio, spiega un membro della comunità transgender. Igor Gulyayev, chirurgo plastico alla clinica K+31 di Mosca, spiega, che nonostante il costo, nella sua clinica sono maggioritarie le transizioni da femmina a maschio. “Da noi sono la maggioranza mentre in Europa, per esempio, è il contrario, forse perché, psicologicamente, in Russia è più facile vivere da maschio.”
La recessione economica della Russia ha reso più difficile per le persone transgender risparmiare il necessario per gli ormoni e la chirurgia ricostruttiva. Gulyayev spiega che la sua clinica ha visto calare le richieste: “Nel 2014 abbiamo compiuto circa cinque operazioni al mese; quest’anno ne stiamo compiendo circa tre al mese. Penso che il calo sia dovuto alla crisi: la gente non ha più tanti soldi”.
Eva, una farmacologa transgender che non ha voluto svelare il suo cognome, offre ai pazienti consulti gratuiti in merito agli ormoni, ma ammette che il denaro rende tutto più facile: “Se hai i soldi, puoi risolvere qualunque problema: puoi operarti, affittare un appartamento e modificare i tuoi documenti”.
Però, secondo le stesse persone transgender, il loro problema più pressante non è quello economico bensì la mancata comprensione di cosa voglia dire essere transgender: “Nell’opinione generale i travestiti, le persone transgender e i gay sono la stessa cosa. Questo davvero mi rende estremamente triste” dice Vika. Anastasia le fa eco: “Mi dispiace per la Russia quando sulla TV di Stato in pratica dicono che le persone transgender sono pedofile e ci chiamano sodomiti. Ci sono persone transgender che non hanno mai avuto nemmeno un rapporto sessuale!”.
I legislatori russi non hanno fatto nulla per educare l’opinione pubblica, afferma Demedetskij: “Le autorità russe vogliono sempre mettere tutto fuorilegge invece di affrontare i problemi e dare loro una soluzione legale. Oggi, con la legge che protegge i bambini dalla propaganda gay, non possiamo aiutare gli adolescenti che stanno lottando con la loro identità di genere. Mi si spezza il cuore a vedere i giovani che non hanno ancora l’età legale e quindi non possono andare da uno psichiatra o da uno psicologo, che non possono chiamarci… Posso dire soltanto di aspettare e di essere pazienti. Ma questo rende molto grande il rischio di suicidio”.
Andrej Demedetskij, 32 anni, si è operato a 19 e ha vissuto come uomo per quasi metà della sua vita: “Sin dai tempi della scuola volevo essere un ragazzo. Sono fortunato perché i miei genitori mi hanno accettato e mi hanno anche pagato l’operazione. Vivo nello stesso quartiere dove andavo a scuola.
I miei ex compagni non mi riconoscono per strada”. Andrej e sua moglie nel 2004 hanno fondato Transgender.ru per fornire informazioni, consigli e sostegno alla comunità. Lavora in un negozio che vende articoli speciali: “Qui si possono comprare cose tipo corsetti, stivali alti, parrucche. Abbiamo articoli speciali per permettere alle donne di fare pipì nei bagni degli uomini, scarpe da donna fino al numero 46, pantaloni push up e reggiseno. Vendiamo speciali t-shirt per non far notare il seno”.
Il negozio, chiamato Transdostavka, è molto discreto: “Quando abbiamo aperto, i nostri clienti hanno insistito perché non avessimo insegne all’ingresso, perché la gente non sapesse dove stavano entrando. I nostri clienti famosi hanno paura di rovinarsi la carriera e ci chiedono di impacchettare le loro cose in modo che nessuno capisca cosa c’è dentro. Ci affidiamo a un corriere qui in città” dice Andrej.
Anastasia concorda sul fatto che lo stigma sociale non aiuta i Russi ad accettare finalmente quelle come lei: “La Russia è un grande Paese, ci sono tante persone buone e intelligenti. Ma è difficile per le persone transgender essere pienamente integrate nella società”.
Testo originale: ‘When I hear high heels, my soul soars’: meet Moscow’s shunned transgender community