Storie di giovani cacciati di casa dalla famiglia perché LGBT
Articolo di Megan Williams* pubblicato sul sito dell’emittente CBC (Canada) il 7 marzo 2021, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Due anni fa Francesco, ora diciottenne, è diventato un senzatetto dalla sera alla mattina. Sua madre, cristiana evangelica, ha chiamato la polizia per cacciarlo dalla casa di famiglia, a Napoli, dicendo che la sua relazione con il suo fidanzato stava corrompendo la sorella più piccola: “Sono stato letteralmente cacciato sulla strada senza alcun aiuto da parte della polizia o dei servizi sociali per cercare di risolvere la situazione” racconta Francesco. CBC News ha accettato di non divulgare il suo cognome.
“Io e il mio ragazzo abbiamo cercato di trovare un lavoro per sbarcare il lunario, ma è difficile farsi assumere per dei giovani gay in una città come Napoli. Ti fanno costantemente vivere la tua normalità come fosse anormalità.”
Grazie ad una rete di associazioni italiane LGBTQ, il Gay Center di Roma, uno dei pochi rifugi italiani per giovani LGBTQ in difficoltà, è stato informato della situazione di Francesco e si è fatto carico di lui e del suo ragazzo. Il centro ha fornito loro alloggio, cibo e sostegno per più di un anno, finché sono stati in grado di iniziare una vita indipendente nella capitale italiana.
Ma con l’inizio della pandemia di COVID-19, questo tipo di opportunità per i giovani LGBT, in Italia e nel resto dell’Europa, è ancora più incerto, lasciando migliaia di giovani gay e transgender intrappolati in famiglie che rifiutano di accettarli, sottoponendoli ad un rischio ancora maggiore.
Alessandra Rossi, che coadiuva il centro di Roma nelle sue attività, si occupa dei giovani che chiamano il centro durante il lockdown, angosciati e depressi, chiedendo aiuto: “Con ancora meno lavoro e le residenze universitarie chiuse, molti giovani hanno dovuto tornare a casa. La solitudine, per i giovani LGBTQ che tornano in famiglie che rifiutano [la loro identità sessuale], è molto profonda. La comunità e le reti di solidarietà che li facevano andare avanti prima della pandemia sono impossibilitate ad agire, rendendo la situazione ancora più drammatica”.
Un gran numero di giovani LGBTQ isolati e depressi
In un’intervista che ha coinvolto 2.445 giovani italiani LGBTQ, effettuata dalla Gay Helpline dopo il primo lockdown nella primavera 2020, metà dei soggetti ha affermato di affrontare, in famiglia, problemi per mancanza di accettazione e di sostegno, con il 70% che si sente isolato, e un altro 56% che si sente depresso.
“Abbiamo casi di ragazzi che hanno fatto coming out durante il lockdown, puniti dai genitori con il ritiro dei computer e dei cellulari, con la scusa di proteggerli dalla propaganda gay. Tutto questo ha portato molta sofferenza, specialmente agli adolescenti, che hanno dovuto sopportare da soli il rifiuto e la pressione costante” dice Alessandra Rossi.
Nella sua esperienza come collaboratrice del gruppo, i padri omofobi hanno maggiori probabilità di ricorrere alla violenza fisica verso un figlio che fa coming out; le madri tendono a fare pressione psicologica perché i loro figli gay o trans si adeguino non solo alle norme eterosessuali, ma anche ai ruoli di genere stereotipati.
“Per le figlie lesbiche, è ancora più complicato, perché c’è anche la pressione culturale di sembrare ‘femminili’, con i capelli lunghi, le gonne e così via. È dura specialmente per quelle che stanno facendo la transizione da donna a uomo, in quanto per loro è importante fasciarsi il seno, avere un taglio di capelli maschile, ma le famiglie glielo impediscono.”
Ciò che è altrettanto preoccupante durante la pandemia, affermano gli esperti, sono i politici che prendono di mira le persone gay e trans per distogliere l’attenzione dalle sfide economiche del COVID.
Il mese scorso l’ILGA-Europe, un gruppo che si batte per i diritti LGBTQ, ha lanciato un allarme sull’aumento del linguaggio omofobo e delle dichiarazioni politiche di odio contro le persone transgender in Europa durante la pandemia.
Nel suo ultimo rapporto annuale ha scoperto che i politici di 17 paesi in Europa e Asia centrale, tra cui l’Italia, hanno attaccato verbalmente le persone LGBTQ.
“Zone libere da persone LGBT” in Polonia
La situazione in Paesi come la Polonia, dove il governo nazionalista è apertamente ostile ai cittadini gay, e dove in un centinaio tra regioni e piccole e grandi città sono state approvate risoluzioni anti-gay, creando le cosiddette “zone libere da persone LGBT”, è particolarmente difficile.
Questa settimana un tribunale polacco ha assolto alcuni attivisti accusati di aver offeso il sentimento religioso per aver mostrato un’icona cattolica con un arcobaleno LGBTQ: una forma di protesta, dicono gli attivisti, contro una Chiesa Cattolica polacca omofoba.
Con papa Francesco la Chiesa Cattolica Italiana è diventata più tollerante verso le persone LGBTQ: una parrocchia di Roma ha offerto rifugio alle prostitute immigrate trans durante la pandemia, e lo stesso Pontefice dice ai genitori dei ragazzi LGBTQ che la Chiesa ama i loro figli.
Ma l’Italia, uno degli ultimi maggiori Stati d’Europa a riconoscere le unioni omosessuali nel 2016, non offre comunque una protezione legale contro le dichiarazioni d’odio nei confronti delle persone omosessuali e trans.
È una situazione che il deputato italiano Alessandro Zan cerca di affrontare da diversi anni. Zan, membro del Partito Democratico, ha dato il suo nome ad un emendamento delle disposizioni del codice penale italiano che riguardano l’incitamento all’odio, che aggiungerebbe orientamento sessuale, identità di genere, genere e disabilità alla religione, all’etnia e alla nazionalità già contemplati dalla legge che protegge dai crimini d’odio.
“L’Italia occupa una delle ultime posizioni in Europa per quanto riguarda il riconoscimento dei diritti civili e umani. Ecco perché abbiamo bisogno di una legislazione più avanzata” ha dichiarato Zan.
La proposta ha suscitato un dibattito a livello nazionale, leader religiosi compresi, e ha diviso la nazione. Una petizione internazionale ha raccolto oltre 77.000 firme per sostenerla. I militanti di estrema destra, che si oppongono alla legge, hanno ribattuto che essa viola la libertà di parola.
Se passasse [cosa che, sfortunatamente non è successa, n.d.t.], Zan dice che probabilmente renderebbe illegali attacchi verbali come quelli del senatore di destra Simone Pillon, membro della Lega e organizzatore dei cosiddetti Family Day contro il matrimonio e la genitorialità omosessuale.
Dopo le ripetute accuse di Pillon di “corrompere minori” e “distribuire pornografia” nei riguardi di un gruppo LGBTQ che distribuiva brochures di educazione sessuale per le persone omosessuali, un tribunale l’ha condannato per diffamazione. Alla fine del mese scorso è stato assolto in corte d’appello.
Come Alessandra Rossi, Zan è preoccupato specialmente dalla mancanza di protezione della comunità LGBTQ italiana in un periodo nel quale i suoi membri, in particolare quelli più giovani, sono più isolati che mai. Solo quest’anno l’ILGA-Europe ha documentato 138 crimini d’odio contro la comunità LGBT italiana, inclusi attacchi violenti e omicidi di coppie omosessuali e trans.
Ci sono stati anche alcuni casi di politici che hanno denunciato persone LGBTQ, come il consigliere di Roma Capitale Massimiliano Quaresima, che l’estate scorsa ha dichiarato che “l’omosessualità è una malattia […] causata dai vaccini”.
Sebbene il disegno di legge contro l’incitamento all’odio per cinque volte non sia riuscito a diventare legge, a novembre è stato approvato dalla Camera, e sarà presto votato al Senato. Ma con un nuovo governo guidato dal primo ministro Mario Draghi, che include membri dell’estrema destra, gli osservatori dicono che è tutt’altro che certo che passi [previsione esatta, n.d.t.].
Zan, comunque, dice di credere che lo sosterrà un buon numero di colleghi parlamentari: “È importante approvare questa legge, perché può cambiare la mentalità e il modo di pensare della gente”.
Zan spera che, approvando una legge contro l’incitamento all’odio in Italia, arrivi in Polonia, Ungheria e altri Paesi, in cui i gruppi LGBTQ affrontano ancora più violenza e godono di minori protezioni rispetto all’Italia, il messaggio forte che l’Europa è fermamente dalla parte dei diritti civili.
* Megan Williams è corrispondente da Roma per la CBC. Si occupa, da quasi vent’anni, di tutto, dalla politica italiana alle migrazioni, dal Vaticano alla Biennale di Venezia.
Testo originale: On the street at 18: Young LGBTQ people in Europe share stories of being shunned by families, politicians