Vite dimenticate. Gli omosessuali nei campi di concentramento di Hitler
Testimonianza di B. M. (Bert Micha) pubblicata sul periodico Arcadie** (Francia) n. 82 dell’ottobre 1960, pp.616-618, liberamente tradotta da Lorena
Quando i campi di concentramento tedeschi aprirono in forma massiccia nel 1945, un’ondata di terrore travolse la Germania e il mondo intero, ma la pietà, l’indignazione e l’orrore presto sono stati cancellati dalla miseria generale che seguì la guerra, dalla preoccupazione quotidiana di trovare cibo e un posto dove vivere. I processi di Dachau rimasero sconosciuti a gran parte del pubblico, e non ci volle molto tempo prima che alcune persone iniziassero a dubitare sulla reale gravità degli orrori che sono avvenuti nei campi. Troppe persone avevano un forte interesse a minimizzare le atrocità che erano state commesse e a farle cadere nell’ombra il prima possibile.
Si pubblicarono alcuni libri, ma non erano sempre obiettivi, e spesso avevano uno scopo sensazionalista.
Per quanto riguarda i sopravvissuti agli orrori dei campi, erano impegnati a trovare il loro posto nella nuova società che a quell’epoca era in corso di formazione, una società che essi speravano sarebbe stata in linea con i principi umanitari fondamentali. Di tanto in tanto, le organizzazioni che rappresentano gli interessi delle vittime, in particolare degli ebrei, che furono i più colpiti, così come i comunisti, i socialisti e gli stranieri deportati, hanno cercato di chiedere risarcimento, ma il più delle volte senza molto successo.
I delinquenti comuni: ruffiani, assassini e ladri professionisti che erano stati così numerosi nei campi e che avevano in un primo momento danneggiato molto la reputazione degli internati liberati, rapidamente ritornarono alla loro vecchia vita e scomparvero dalla vista.
I legami di amicizia che già non erano molto forti nei campi, dove la condivisione della miseria troppo spesso mette in evidenza i più vili istinti, rapidamente scomparirono.
I recenti processi dei medici degli ex campi di concentramento hanno a malapena suscitato una rinnovata, debole, curiosità ed un interesse per questi eventi del passato. Eppure c’è un gruppo fra tutte le vittime che non ha mai ricevuto nessuna attenzione, non ha presentato nessun reclamo per i danni subiti, e non ha trovato alcuna comprensione da parte dei giornali, dalle agenzie governative o da organizzazioni che difendono gli interessi degli ex internati: queste persone sono gli omosessuali.
Perché il paragrafo 175 del Codice Penale tedesco – proprio il Paragrafo 175 che è stato oggetto di dibattito per decenni – converte gli omosessuali in criminali e non suscitano pietà nella gente e, naturalmente, non potranno fare alcuna richiesta di risarcimento danni. Fino ad oggi, nessuno ha cercato di sapere quanti omosessuali sono stati perseguitati dai nazisti, né di sapere se i superstiti hanno potuto recuperare le loro vite e i loro beni.
I processi ai medici degli ex campi di concentramento hanno portato alla luce il fatto che migliaia di omosessuali furono castrati forzatamente, spesso in condizioni bestiali. Nei campi, gli omosessuali spesso furono scelti per maltrattamenti speciali.
L’autore di questo testo è stato testimone di come un giovane effeminato è stato fatto danzare più volte davanti alle SS, solo per essere poi appeso a una trave nel corpo di guardia con mani e piedi legati e picchiato orribilmente.
L’autore ricorda anche le “parate latrina” in uno dei primi campi (Sonnenburg), per le quali il comandante scelse sempre omosessuali. Non dobbiamo dimenticare che gli omosessuali in questione spesso erano cittadini onesti e colti che detenevano posizioni importanti nella società e nel governo.
Durante i sette anni che trascorse in diversi campi, l’autore di quest’articolo conobbe un principe prussiano, importanti atleti, professori, insegnanti, ingegneri, artigiani, lavoratori di ogni tipo e, naturalmente, anche prostituti.
Certo, non tutti erano persone importanti, ma la maggior parte di esse erano completamente perse e sole nel mondo dei campi di concentramento. Durante le rare ore di svago, vivevano per lo più in isolamento. Fu così che venni a sapere della tragedia di un addetto molto colto di un’ambasciata straniera che rimase totalmente rinchiuso e inavvicinabile in una disperazione infinita e ineluttabile. Egli non riusciva a dare un senso alla crudeltà atroce che vedeva intorno a lui, e un giorno, senza una ragione apparente, cadde a terra morto.
Ancora oggi, mi è impossibile ricordare tutti i compagni, tutte quelle violenze, quelle morti senza cadere nella più profonda disperazione. Niente di tutto ciò sarebbe stato possibile senza le opportunità giuridiche che il Paragrafo 175 offrì ai macellai sadici del Terzo Reich. Ora sono un uomo vecchio. Quando ero giovane, sapevo delle attività e delle lotte dei circoli omosessuali che allora erano uniti sotto la guida di Magnus Hirschfeld, Adolf Brand, Fritz Radszuweit e altri, uomini che hanno associato i loro nomi importanti alla lotta per i diritti.
Lavorai e mi unii a loro nella speranza di comprensione e di giustizia. Se il Paragrafo175 è in vigore o è stato abrogato personalmente non m’interessa molto. Ma spero per tutti quegli esseri umani conosciuti o sconosciuti che vivono ancora sotto il peso della sua costante minaccia che – nonostante tutto – la ragione, il progresso, la scienza e il coraggio della professione medica abbiano finalmente il sopravvento. Se ciò accade, le vittime di tutti i campi di concentramento non sono morte invano.
* Sul memoriale per le vittime gay del regime nazista in Nollendorfplatz, a Berlino (Germania) nell’iscrizione sul triangolo di granito si legge: “Picchiati a morte. Silenziati a morte. Le vittime omosessuali del Nazionalsocialismo”.
** Arcadie è stato il principale periodico omosessuale francese degli anni 50. Dà poche indicazioni sulla fonte del testo qui tradotto: solo le parole tedesche “Die Runde” (“il giro”, “il cerchio” o “il partito”) che seguono le iniziali dell’autore.
Anche se la fonte non è certa, l’articolo è stato tradotto in francese da un testo tedesco che è apparso sotto lo pseudonimo di “Bert Micha”, nel numero autunnale del 1958 del bollettino ciclostilato di ‘Die Runde’, un gruppo sociale informale di uomini gay nella città di Reutlingen, vicino a Stoccarda.
Dettagli su Die Runde e dell’articolo Micha si possono trovare in Karl-Heinz Steinle, Die Geschichte der Kameradschaft die Runde 1950 bis 1969, Hefte des Schwulen Musei, no. 1 (Berlino: Verlag Rosa Winkel, 1998), pagine 12-13, e Andreas Sternweiler et al. (ed.), Goodbye to Berlin? 100 Schwulenbewegung Jahre (Berlino: Verlag rosa Winkel, 1997), pagina 199.
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Testo originale: Homophiles in Hitler’s concentration camps