Vite fuori dall’ombra. I gay non saranno più«eterni fidanzati»
Articolo di Delia Vaccarello pubblicato su l’Unità del 12 maggio 2016
«Un caffè insieme? Giovedì non posso, c’è l’unione civile di mia figlia, va a vivere con la compagna». Queste frasi scambiate tra conoscenti diventeranno lessico comune. La notizia di una celebrazione riconosciuta dallo Stato sarà più forte della comunicazione dell’orientamento sessuale. Così la legge, anche a livello di linguaggio, proteggerà l’omosessualità dall’essere un bersaglio. Oggi l’Italia cambia. Coppie, single, famiglie etero avranno come inquilini della porta accanto due signori o due signore con il doppio cognome, i signori o le signore Rossi-Bianchi. I o le Rossi-Bianchi avranno l’auto intestata a entrambi, come la casa, senza più timore che quei beni acquistati insieme possano essere «di diritto» delle famiglie di origine qualora succedesse una disgrazia e uno dei due morisse. Senza il timore, anche, di entrare in un far west dove vince chi è più prepotente, in caso di separazione. Giacché la legge prescrive anche i passi da compiere in caso di scioglimento. Famiglie di origine e famiglie nuove.
I gay e le lesbiche sono stati per decenni non i o le Rossi-Bianchi, ma lo zio scapolo, la zia zitella, o i single della famiglia. Sono rimasti inscritti solo nella rete delle parentele che hanno trovato alla nascita. E mentre gli altri, se etero, si sposavano e facevano figli, mettendo su una casa considerata da tutti la casa della nuova famiglia, gay e lesbiche restavano i premurosi o riottosi, a seconda del caso, accompagnatori del vecchio padre o dell’anziana madre. Quelli con l’appartamento piccolo, senza stanza per i bambini, o senza troppi spazi comuni, tanto per una persona sola non vale la pena. Questa la facciata. Nella realtà in quell’appartamento vivevano due persone spesso con i capelli grigi.
Chiaro: a fare eccezione ci sono stati gli apripista e negli ultimi anni le cose sono cambiate, ma andare a vivere insieme senza regole è stato un rischio corso e, spesso, pagato a caro prezzo. Gay e lesbiche sono stati fino a oggi uomini e donne senza un futuro relazionale riconosciuto. Eterni «fidanzati». La parola fidanzato, molto utilizzata, è quella che più si avvicinava al loro status: in attesa di una legge, la parola esprimeva serietà, promessa.
Gli eterni fidanzati hanno vissuto all’ombra dei legami legittimi e celebrati con le nozze, hanno assistito a battesimi e prime comunioni dei figli altrui. Da oggi non più. La legge sulle unioni civili riconosce alle persone omosessuali la possibilità di fare una famiglia propria e di «uscire» da quella di origine. Traghetta gli eterni fidanzati nel mondo dei Rossi-Bianchi. Riconosce alle persone omosessuali un tempo di vita da spendere essendone i titolari con diritto pieno. È una trasformazione epocale.
Una legge regola e non obbliga, dunque non vuol dire che tutti se ne avvarranno. Oggi non «unirsi» è una scelta tra opzioni, fino a ieri è stata una strada obbligata. Vedremo le coppie di gay e di lesbiche in comune a celebrare, in crociera a festeggiare, in ospedale ad assistersi, o per la nascita del proprio figlio. Ancora: a scuola la figlia di una coppia di donne (o di uomini) potrà scrivere alla lavagna il cognome Rossi- Bianchi. Perché, come la legge consente, la madre biologica (o il padre biologico) attualmente i soli ad essere riconosciuti in Italia avranno preso il doppio cognome. Saltata – ma è una questione di tempo – l’adozione del figlio del partner, resta però questa grande possibilità: i figli avranno il cognome del genitore biologico che, se in unione civile, può prendere il doppio cognome. Un passo importante.
Non solo. È chiaro che le unioni civili porranno gay e lesbiche dinanzi alla gestione di ciò che per loro è nuovo, e che per gli altri è «vecchio», cioè avranno a che fare con suoceri e cognati, con rituali familiari e obblighi estesi. Il loro comportamento non sarà più da outsider, ma verrà valutato come si fa, con tatto o intrusività, nelle famiglie tradizionali. Ci sarà anche, è da auspicarsi, una ricaduta «di pensiero».
Negli ultimi tempi molti gay e lesbiche sono stati colpiti da un grande desiderio di emulazione, spinti dal volere essere la fotocopia degli etero. La corsa a desiderare lo stesso istituto, in nome del sacrosanto diritto all’uguaglianza, ha però sacrificato una approfondita riflessione, che ci si sarebbe aspettatadaun movimento «all’avanguardia», sulla qualità delle relazioni, su cosa voglia dire stare insieme. Abbiamo visto la parola «amore» usata anche in modalità difensiva: noi sì che ci amiamo e abbiamo diritto a una famiglia.
Gli omosessuali non si amano né più, né meno degli etero.
Il diritto alla famiglia lo hanno tutti e la qualità delle relazioni è un bene, spesso incerto, da perseguire con ogni energia. Ebbene la legge mette fine anche ai vittimismi e alle lagnanze che allignano ogniddove. È tempo di festa, dunque: gli eterni fidanzati di ieri sono finalmente i Rossi-Bianchi di oggi. Cittadini e conviventi.