Vite nascoste. I gay di origine marocchina prigionieri di due mondi
Riflessioni di Sylvia Zappi tratto dal sito kelma.org (Francia), libera traduzione di Domenico Afiero
Nell’ambiente di origine maghrebina essere gay è considerato un grave disonore , ecco perché i giovani “beur”, ovvero i figli di immigrati arabi in Francia, si sentono persi quando scoprono di essere omosessuali.
Spesso prigionieri di un ambiente familiare in cui il matrimonio e la famiglia, secondo la tradizione musulmana, rimangono i soli modelli possibili, e dove per la religione islamica “l’omosessualità è sempre considerata un peccato grave”. Perciò la maggior parte dei giovani beurs, per sopravvivere, scelgono di vivere vite nascoste. Ecco le loro storie.
Mostrano il corpo a pagina intera nelle riviste gay; hanno un sito internet come qualsiasi altro gruppo gay; vanno nelle discoteche alla moda della capitale francese e alle serate di musica tea-dance ; il loro look da “racaille”, cioè da “maschio rozzo”, che veste tuta e scarpette Adidas e Ellesse e occhiali da sole griffati, fa furore. I gay beur, infatti, sono diventati il simbolo della delle fantasie erotiche nella comunità gay parigina. Eppure, questi gay vivono sempre nascosti.
Nell’ambiente di origine maghrebina, essere gay significa vivere male la propria vita. Questi giovani beur, figli di immigrati arabi in Francia, si sentono spesso persi quando scoprono di essere gay. Incastrati da un ambiente familiare in cui il matrimonio e la famiglia, secondo la tradizione musulmana, rimangono i soli modelli. La fedeltà alla religione islamica rimane forte, ma non si scherza affatto con i precetti islamici.
Abdel T.,studente universitario in lingua e cultura araba, ricorda che: “Islam e omosessualità non sono compatibili. L’omosessualità è sempre considerata un peccato grave”. Sono rari i ragazzi beur che infrangono la paura facendo il coming out in famiglia come è accaduto per Fouad Zeraoui, presidente dell’associazione Kelma (che significa “parola”, in arabo). Invece la maggior parte dei giovani beurs, per sopravvivere, scelgono il silenzio.
Naim A. è uno di questi figli di maghrebini. Il giovane racconta al presidente dell’associazione Youghourta ( il nome deriva da un guerriero algerino) che a 19 anni, prima di avere il primo rapporto sessuale gay, era un ‘eterosessuale che non ci avevo mai pensato’. Poi, si sono succeduti altri rapporti , ma in posti più anonimi del Marais (ndt- quartiere gay ed ebraico di Parigi).
Halim K. ha condotto una doppia vita: aveva un gruppo di amici gay e beur a Parigi città e nella cité (ndr sono le città dormitorio della cintura periferica parigina), cioè nel suo quartiere, di Saint-Denis, alla periferia della capitale, corteggiava le ragazze per depistare il suo orientamento sessuale. Il giorno in cui ha iniziato a lavorare, poi, si è trasferito a Parigi per poter vivere senza ‘sentirsi troppo stretto ’ nel quartiere e fuggire da una specie di galera.
Halim, manager giovanissimo, lavora in una grande catena della ristorazione rapida ed è stato sorpreso dalla sorella. Questa ha scoperto, tre settimane fa, nello storico del pc familiare, una sfilza di indirizzi di siti gay. Sollecitato dalla madre a dare delle spiegazioni, il giovane manager ha confessato. E ricorda , con dolore: “Mia madre voleva farmi sposare, ma ho rifiutato. E’ stato uno strazio . Mi hanno rinnegato e mi hanno costretto ad andar via”.
Karim S., a 18 anni, ha vissuto la stessa esperienza di Halim con la famiglia. Questo giovane, dagli occhi chiari e di professione commerciale ,racconta: “Mio padre pensava che mi sarei fatto guarire. La reazione più violenta è stata quella di mia madre. Quando ha capito che sarei rimasto gay e che non avrei avuto figli, per lei ho smesso di esistere”. L’ambiente dei quartieri popolari, cioè delle cité, pesa come un macigno. “Frocio” e “attay”, che sta per ‘rottinculo’ in arabo, rimangono i peggiori insulti tra i giovani della cité. L’omofobia è molto radicata da queste parti.
Naim A. assicura: “Quando si è diversi, si è bizzarri, strambi e , dunque, si è froci ”. Abdel N. ne ha fatto esperienza sulla propria pelle nella cité di Saint-Denis. “Quando si è saputo a scuola, i ragazzi del quartiere hanno cominciato a insultarmi , ad alzare le mani contro di me e a gridare che ero ‘la vergogna degli arabi’.
Fouad Zeraoui ha raccontato che “I pacs e la visibilità , contrariamente a quello che vanno affermando le associazioni gay, non hanno ancora normalizzato tutto. A margine del mondo gay borghese parigino, vi è una frangia di giovani di periferia per la quale resta ancora molto da fare”.
E’ per rendere visibile questa frangia di giovani gay e beur di periferia che è stata fondata l’associazione Kelma nel 1997. Un luogo di scambio di idee e di incontri , prima di diventare la prima organizzazione a promuovere serate gay black blanc beur (ndt- serate per gente di colore, bianchi e beur).
Ed è proprio in queste serate che il rai ed il rap hanno sostituito la musica house tanto apprezzata dai gay. I gay beur, timidamente, cominciano ad emergere. Così sabato, per la prima volta, due carri preparati da gays beur dovrebbero unirsi al Pride parigino per testimoniare semplicemente che esistono anche i gays beur.
Articolo originale: La vie cachée des beurs gays, partagés entre leur sexualité et leur culture d’origine