Vite pop. Il cattolicesimo complicato di Andy Warhol
Articolo di Mike Aquilina* pubblicato sul portale Angelus News (Stati Uniti) il 20 luglio 2018, liberamente tradotto da Innocenzo Pontillo
“In futuro tutti saranno famosi in tutto il mondo per quindici minuti” (Warhol)
Andy Warhol, l’iconico artista della Pop Art, aveva una relazione complicata con la Chiesa. Ma la fede cattolica era essenziale per la sua arte. … Warhol ha prodotto un’enorme quantità di opere d’arte – dipinti, film e stampe – nella sua vita relativamente breve (1928-1987). È stato profondamente influente non solo nell’arte, ma anche nell’intrattenimento, nella moda, nel design grafico e nel marketing. Gran parte del “look” della cultura americana ed europea dagli anni ’60 porta il marchio di Warhol. Ancora oggi il software di fotoritocco è fornito di una serie di filtri che trasformano le istantanee nello stile che lo distingueva.
Alcuni dei suoi lavori più noti, tuttavia, erano film porno i cui titoli non potevano apparire in una rivista religiosa. E a volte richiedeva, come prezzo d’ingresso nel suo studio, il diritto di fotografare i genitali di ogni visitatore. Eppure, come hanno notato tutti i commentatori più recenti, era profondamente cattolico. In varie testimonianze è stato descritto come “devoto”, “praticante”, “osservante”, “andava in chiesa” e persino che si “confessava quotidianamente”. Alcuni di questi aggettivi sono più precisi di altri. Quello che è certo è che Warhol era molto serio riguardo alla sua fede, come lo era per qualsiasi cosa. Ciò che è discutibile è quanto fosse serio su qualsiasi cosa.
Una famiglia della classe operaia
La sua infanzia ha avuto un’ampia importanza in tutta la sua vita. È nato da operai immigrati, Andrew e Julia Warhola, ed è cresciuto in un quartiere operaio di Pittsburgh. Era il più giovane dei tre figli della coppia (il loro primogenito, una figlia, morì durante l’infanzia). Warhol era spesso malato da bambino. Soffriva di corea di Sydenham (danza di San Vito) e ebbe già tre esaurimenti nervosi, prima del suo 11° compleanno. La sua vita familiare fu piena di amore e di fede. I suoi genitori erano cattolici di rito bizantino provenienti dall’attuale Slovacchia nord-orientale.
Sua madre Julia aveva decorato la loro casa con icone e santini. Era consuetudine dei suoi figli mettersi in ginocchio e pregare con la madre prima di uscire di casa ogni giorno. Ogni domenica la famiglia camminava più di un miglio per partecipare alla divina liturgia nella chiesa cattolica bizantina di San Giovanni Crisostomo. Warhol aveva una vena artistica, era precocemente intelligente e sensibile. Amava i media. Aveva sviluppato un modo per proiettare i fumetti dei giornali sui muri di casa Amava i film e scrisse a Shirley Temple, che gli mandò un
autografo. Quando era adolescente, suo padre morì.
Nessuno dei suoi fratelli era andato al college, ma la famiglia decise che avrebbe dovuto ricevere un’istruzione. Studió arte al Carnegie Institute of Technology di Pittsburgh, e vendette anche frutta per strada per farsi strada. Laureatosi nel 1949, si trasferì a New York per trovare lavoro come artista pubblicitario. Lasciò cadere la “a” alla fine del suo nome, come rottura col suo passato. Ma, appena fu in grado di mantenersi, mandò a chiamare sua madre affinché lo raggiungesse a Manhattan. Lei visse con lui dal 1951 al 1971 e, madre e figlio, continuarono a pregare insieme. Sua madre Julia andava alla messa quotidianamente e spesso lui si univa a lei.
La sua carriera nel tempo crebbe vertiginosamente e venne assai richiesto come illustratore pubblicitario e packaging di prodotti. Le scarpe da donna erano la sua specialità. Iniziò anche ad avventurarsi nell’arte. Nel 1956 i disegni di Warhol furono esposti al Museum of Modern Art. Ben presto trovò il suo posto nell’emergente movimento della Pop Art, i cui artisti si ispiravano alla Iniziò anche a produrre arte apertamente religiosa. La sua ultima serie finale di dipinti che intraprese era basata su una riproduzione di bassa qualità dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci. Lo ha fatto in rosso e altri colori. In alcune versioni sovrappose la santa scena con elementi tratti dalle confezioni del sapone Dove, delle lampadine GE e dello snack Wise, tutti marchi i cui nomi hanno sfumature religiose.
La serie di quadri è stata mostrata in città di tutto il mondo, tra cui Milano, sede dell’originale ultima cena di Leonardo da Vinci. Mentre accompagnava le sue opere alle mostre in Europa, comincio a soffrire di nausea e dolori addominali. I problemi continuarono, ma evitò sempre le cure mediche convenzionali, optando invece per l’applicazione di cristalli curativi. Fin dalle sue malattie infantili, aveva avuto sempre paura degli ospedali e dei medici. All’inizio del 1987 era chiaro che avrebbe avuto bisogno di un intervento chirurgico. I suoi medici descrissero l’operazione come “di routine”, ma il cuore di Warhol cedette poco dopo. Aveva 58 anni. Fu sepolto a Pittsburgh dopo i tradizionali riti funebri tenuti nella sua chiesa d’infanzia.
Il 1 aprile di quell’anno, la cattedrale di St. Patrick di New York ospito un servizio commemorativo per lui. Sir John Richardson pronunciò un elogio incentrato interamente sulle attività religiose di Warhol. Attribuí all’artista almeno una conversione al cattolicesimo e citò la sua frequenza in chiesa e il suo impegno nella beneficenza. L’elogio di Richardson è diventato la fonte di tutti i successivi sforzi fatti per presentare Warhol l’artista, come Warhol il santo. Ma è una missione difficile.
I suoi più stretti collaboratori ricordano come fosse crudele, superficiale e sfruttatore. A suo merito, tuttavia va detto che lui non affermò di essere un santo. E non affermò mai di essere la parte lesa nel suo complicato rapporto con il cattolicesimo. Non ha mai agito come se la Chiesa gli dovesse delle scuse, o per un cambiamento della dottrina, o della Santa Comunione. Non sentiva il bisogno degli ex-cattolici arrabbiati e trovava noiosi i loro aneddoti sulla meschinità delle suore.
La chiesa che si prendeva la briga di visitare, molte volte alla settimana, era la chiesa di sua madre. Il suo prete predicava spesso contro lo stile di vita a cui Warhol si aggrappava. Ma per lui aveva poca importanza e continuava a tornare li. Poi il volto di Gesù ha cominciato a perseguitare la sua arte, apparendo, più di cento volte su una singola tela.
Una famiglia della classe operaia
La sua infanzia ha avuto un’ampia importanza in tutta la sua vita. È nato da operai immigrati, Andrew e Julia Warhola, ed è cresciuto in un quartiere operaio di Pittsburgh. Era il più giovane dei tre figli della coppia (il loro primogenito, una figlia, morì durante l’infanzia).
Warhol era spesso malato da bambino. Soffriva di corea di Sydenham (danza di San Vito) e ebbe già tre esaurimenti nervosi, prima del suo 11° compleanno. La sua vita familiare fu piena di amore e di fede. I suoi genitori erano cattolici di rito bizantino provenienti dall’attuale Slovacchia nord-orientale. Sua madre Julia aveva decorato la loro casa con icone e santini.
Era consuetudine dei suoi figli mettersi in ginocchio e pregare con la madre prima di uscire di casa ogni giorno. Ogni domenica la famiglia camminava più di un miglio per partecipare alla divina liturgia nella chiesa cattolica bizantina di San Giovanni Crisostomo. Warhol aveva una vena artistica, era precocemente intelligente e sensibile. Amava i media. Aveva sviluppato un modo per proiettare i fumetti dei giornali sui muri di casa Amava i film e scrisse a Shirley Temple, che gli mandò un autografo. Quando era adolescente, suo padre morì. Nessuno dei suoi fratelli era andato al college, ma la famiglia decise che avrebbe dovuto ricevere un’istruzione. Studió arte al Carnegie Institute of Technology di Pittsburgh, e vendette anche frutta per strada per farsi strada.
Laureatosi nel 1949, si trasferì a New York per trovare lavoro come artista pubblicitario. Lasció cadere la “a” alla fine del suo nome, come rottura col suo passato. Ma, appena fu in grado di mantenersi, mandò a chiamare sua madre affinché lo raggiungesse a Manhattan. Lei visse con lui dal 1951 al 1971 e, madre e figlio, continuarono a pregare insieme. Sua madre Julia andava alla messa quotidianamente e spesso lui si univa a lei. La sua carriera nel tempo crebbe vertiginosamente e venne assai richiesto come illustratore pubblicitario e packaging di prodotti. Le scarpe da donna erano la sua specialità.
Iniziò anche ad avventurarsi nell’arte. Nel 1956 i disegni di Warhol furono esposti al Museum of Modern Art. Ben presto trovò il suo posto nell’emergente movimento della Pop Art, i cui artisti si ispiravano alla cultura popolare contemporanea: dalla pubblicità ai fumetti, alle etichette dei prodotti. All’inizio degli anni ’60, Warhol si fece notare per una serie di dipinti, ciascuno raffigurante una lattina di zuppa Campbell: 32 dipinti per le 32 varietà di zuppe allora disponibili in commercio. Avrebbe continuato a produrre rappresentazioni simili con le bottiglie di Coca Cola, i cartoni di Brillo, i francobolli verdi di S&H e altri oggetti familiari.
Come altri artisti famosi del movimento Pop Art, Warhol era gay. Ma a differenza dei suoi colleghi non si sforzò mai di nasconderlo. In effetti, gli piaceva giocare con gli stereotipi – “coming on swish”, come diceva lui – per vedere come si scandalizzavano le persone. (I suoi amici dicono che in seguito avrebbe usato il suo cattolicesimo allo stesso modo.) Il successo lo porto ad avere sempre più successo. Sperimentò perciò altri media, compreso il cinema, e dal 1963 al 1968 produsse centinaia di film “underground”. Molti erano taglienti nei contenuti e graficamente sessuali.
Attrasse giovani attori, uomini e donne, a The Factory, il suo studio nel Greenwich Village. Il più promettente e bello con cui ha promosso le sue “superstar”. The Factory divenne noto come un luogo dove si faceva sesso a ruota libera e si faceva uso di droghe pesanti. Con il
passare degli anni ’60, alcune delle star e dei seguaci del suo studio si sono schiantati in modo spettacolare. Ci sono stati suicidi e overdosi. Ma il nastro continuava a girare e la telecamera lampeggiava, mentre Andy continuava a registrare tutti gli avvenimenti.
Punto di assurdità
Warhol era un autore di satira ed il suo metodo consisteva nel prendere cose comuni, mondane e banali, e poi ingrandirle e moltiplicarle fino all’assurdo. Dipinse bottiglie di Coca Cola su scala epica. Ha ricoperto tele colossali con file di oggetti uniformi e con prodotti in serie.
Ha satirizzato Hollywood per il suo intrattenimento per il mercato di massa. Uno dei suoi famosi primi lavori era una pubblicità per un film di Elvis, che venne riprodotta più volte su tela. Ha prodotto “Double Elvis”, “Triple Elvis” e “Eight Elvises”, tra gli altri.
Man mano che la sua reputazione cresceva, divenne sempre più tutt’uno con ciò che ironizzava. Era immediatamente riconoscibile per la sua caratteristica parrucca bionda e gli occhiali con una montatura di plastica. Era una celebrità di serie A e abbracció volentieri il suo ruolo. Il pop, per lui, è diventato più di un approccio all’arte. Era uno stile di vita: passivo, consumista e superficiale. Ora non si limitava a fare satira sulla fama. La desiderava con una passione che rasentava la disperazione.
Nel suo diario annotava ossessivamente quali celebrità lo invitavano alle feste di anno in anno, e pronunciava maledizioni se lo lasciavano da parte. Ribolliva di invidia per gli invitati che lo sostituivano, soprattutto se erano gay. Bramava la compagnia di altre celebrità, e quelle che ammirava di più erano cattoliche: Jackie Onassis, Martin Scorsese, Bianca Jagger. Roteneva che i cattolici avessero uno standard morale più elevato. Nel suo diario registrava dei severi giudizi su Scorsese per il suo divorzio e le seconde nozze. Sgridó un altro cattolico per aver fatto commenti antisemiti. Viaggiava spesso con il suo entourage e la maggior parte dei membri della sua cerchia ristretta erano cattolici.
L’artista Christopher Makos ricordó nelle sue memorie: “Forse si è relazionato meglio a noi cattolici perché abbiamo tutti lo stesso background: messa, preti, suore, scuola cattolica, senso di colpa. La sua religione era una parte molto privata della sua vita”. Divenne improvvisamente più importante per lui nel 1968, quando fu colpito – quasi fatalmente – da una donna squilibrata che aveva cercato di vendergli una sceneggiatura. Mentre giaceva sanguinante in ospedale, promise a Dio di essere regolare nell’andare in chiesa, se fosse sopravvissuto, e mantenne la sua promessa. Probabilmente la frase che compare più spesso nel suo diario “Andato in chiesa” (o i suoi equivalenti come “Andato a messa”).
Si assicurava di arrivare a St. Vincent Ferrer, la sua chiesa parrocchiale, ogni domenica. Quando assisteva alla messa, non prendeva la comunione. Infatti, di solito usciva prima del Segno della Pace, che non gli piaceva dare. Oltre alle visite domenicali, andava in chiesa durante la settimana, anche solo per pregare. Il suo parroco a St. Vincent ha confermó la sua presenza, in diverse interviste con i biografi di Warhol, e anche la sua astensione dalla Comunione. Aggiunse che lo stile di vita di Warhol era “assolutamente inconciliabile” con la dottrina morale cattolica.
Dalla pittura all’editoria
Nel 1969, Warhol ha adottato un nuovo mezzo di comunicazione lanciando la rivista Interview, un mensile di pettegolezzi sulle celebrità. Trovo il suo direttore ideale in Bob Colacello, in precedenza critico cinematografico per The Village Voice. Colacello catturó l’attenzione dell’artista con una recensione in cui definí il film più recente di Warhol un “grande capolavoro cattolico romano“. Colacello accompagnó Warhol alle feste e ai club di Manhattan, ma anche nelle suoi viaggi internazionali. Durante un viaggio in Messico, Warhol insistitè affinché visitassero insieme il santuario di Nostra Signora di Guadalupe a Città del Messico.
Nelle sue memorie, Colacello ricordó che Warhol ha fatto “tutte le cose dei cattolici“: segnarsi con l’acqua santa, genuflettersi, inginocchiarsi, pregare, farsi il segno della croce. Concluse: “Ho capito allora che la sua religione non era una recita“. La “sua religione” spinse Warhol a intraprendere diverse opere di beneficenza. Si offeri silenziosamente come volontario presso la mensa dei poveri gestita dalla Chiesa Episcopale del Riposo Celeste. Decise di trascorrere lì le sue vacanze, il Natale e il giorno del ringraziamento, con i senzatetto di New York.
Versava loro il caffè e si sedeva a parlare con loro. A volte portava degli amici a servire a mensa con lui. Quando un amico ebbe una crisi economica isterica nella mensa dei poveri, Warhol gli ricordó: “Victor, siamo qui perché vogliamo essere qui“.
A Roma, nel 1980, Warhol partecipò a un’udienza papale e incontrò brevemente Papa Giovanni Paolo II, ricevendo la sua benedizione. I suoi nipoti ricordarono che quando andarono a trovare lo zio Andy a New York, si inginocchiò e pregò con loro prima che lasciassero la sua casa di città, proprio come sua madre Julia aveva sempre fatto con i suoi figli. La sua religione sembrava aver lasciato intatte alcune parti della sua vita.
Alcuni membri della sua cerchia ristretta affermano che si asteneva dai contatti sessuali, ma si divertivq a guardare gli altri fare sesso e a filmarli e fotografarli mentre lo facevano. Colacello e altri credono che fosse un sadico-voyeur. Warhol sfrutto le sue superstar mentre si schiantavano e bruciavano a causa delle loro dipendenze e malattie mentali. Lui la spinse ad agire in modo immorale mentre lui guardava (e il mondo guardava).
Più tardi, in privato, li prendeva in giro e spettegolava su di loro.Lo storico dell’arte John Richardson – un suo amico cattolico e gay – ha scusato il comportamento di Warhol definendolo un “angelo nella registrazione“, che “è stato lo specchio rivelatore demlla sua generazione“. Ma Warhol non era semplicemente un osservatore passivo. È difficile negare l’azione morale di un artista così coinvolto nella sua arte, tanto satirico quanto autoironico.
L’inevitabilità della morte
Sopravvissuto all’attentato alla sua vita, l’arte di Warhol prese una piega forse più seria. Dipinse una serie di dipinti con teschi prodotti in serie, come sempre, quasi un insistente promemoria sull’inevitabilità della morte. Iniziò anche a produrre arte apertamente religiosa. La sua ultima serie finale di dipinti che intraprese era basata su una riproduzione di bassa qualità dell'”Ultima Cena” di Leonardo da Vinci. Lo ha fatto in rosso e altri colori . In alcune versioni sovrappose la santa scena con elementi tratti dalle confezioni del sapone Dove, delle lampadine GE e dello snack Wise, tutti marchi i cui nomi hanno sfumature religiose.
La serie di quadri è stata mostrata in città di tutto il mondo, tra cui Milano, sede dell’originale ultima cena di Leonardo da Vinci. Mentre accompagnava le sue opere alle mostre in Europa, comincio a soffrivre di nausea e dolori addominali. I problemi continuarono, ma evitò sempre le cure mediche convenzionali, optando invece per l’applicazione di cristalli curativi. Fin dalle sue malattie infantili, aveva avuto sempre paura degli ospedali e dei medici.
All’inizio del 1987 era chiaro che avrebbe avuto bisogno di un intervento chirurgico. I suoi medici descrissero l’operazione come “di routine”, ma il cuore di Warhol cedetto poco dopo. Aveva 58 anni. Fu sepolto a Pittsburgh dopo i tradizionali riti funebri tenuti nella sua chiesa d’infanzia. Il 1 aprile di quell’anno, la cattedrale di St. Patrick di New York ospito un servizio commemorativo per lui. Sir John Richardson pronunció un elogio incentrato interamente sulle attivita religiose di Warhol.
Attribuí all’artista almeno una conversione al cattolicesimo e citó la sua frequenza in chiesa e il suo impegno nella beneficenza. L’elogio di Richardson è diventato la fonte di tutti i successivi sforzi fatti per presentare Warhol l’artista, come Warhol il santo. Ma è una missione difficile. I suoi più stretti collaboratori ricordano come fosse crudele, superficiale e sfruttatore. A suo merito, tuttavia va detto che lui non affermó di essere un santo. E non affermó mai di essere la parte lesa nel suo complicato rapporto con il cattolicesimo.
Non ha mai agito come se la Chiesa gli dovesse delle scuse, o per un cambiamento della dottrina, o della Santa Comunione. Non sentiva il bisogno degli ex-cattolici arrabbiati e trovava noiosi i loro aneddoti sulla meschinita delle suore. La chiesa che si prendeva la briga di visitare, molte volte alla settimana, era la chiesa di sua madre. Il suo prete predicava spesso contro lo stile di vita a cui Warhol si aggrappava . Ma per lui aveva poca importanza e continuava a tornare li. Poi il volto di Gesù ha cominciato a perseguitare la sua arte, apparendo, come nei primi S&H Green Stamps, più di cento volte su una singola tela.
Il pop diventa sacro
Gli studiosi notano spesso le somiglianze tra l’arte di Warhol e le tradizionali icone bizantine della sua infanzia. Preferiva gli sfondi dorati e le figure umane appiattite. Le sue immagini di Elizabeth Taylor e Jacqueline Kennedy sono state paragonate alle Madonne. I suoi motivi ripetuti sono come le molteplici Ave Maria nel rosario.
Come le icone, le opere di Warhol non sono storicamente accurate, ma ricche di simboli. Laddove gli iconografi usavano libri, uccelli ed edifici, Warhol usava i loghi dei prodotti. Se Cristo è la luce del mondo, Warhol lo presenta con il logo delle lampadine della General Electric. Se il Redentore incarna la saggezza divina, Warhol lo ritrae con il logo delle patatine Wise. Se Cristo riceve lo Spirito Santo con una colomba, Andy prende in prestito la sua colomba da un pacchetto di sapone.
Cosa intendeva facendo questo? Non lo sappiamo. Alcuni critici sostengono che stesse intenzionalmente sminuendo l’arte cristiana, deridendo il sacro. Altri interpretarono il suo lavoro come un suo commento sulla tendenza del mondo moderno a svilire tutto attraverso la produzione di massa, trasformando anche persone e idee sacre in merci commerciabili. Altri ancora sostenevano che esprimesse devozione nel modo che gli veniva naturale come artista pop.
* Mike Aquilina è un redattore e collaboratore di Angelus News ed autore di oltre 40 libri, tra cui “Keeping Mary Close: Devotion to Our Lady through the Ages“.
Testo originale: Pop heart: Andy Warhol’s complicated Catholicism