Vivere con orgoglio. Ruth Ellis, una donna lesbica in lotta per un mondo inclusivo
Articolo di Katie Vloet pubblicato sul sito della Biblioteca storica Bentley dell’Università del Michigan (Stati Uniti), liberamente tradotto da Silvia Lanzi
La copertina della rivista promette “Segreti”, a lettere cubitali contro uno sfondo sgargiante di ortensie e rose. Allettante! Che segreti possono nascondere queste pagine? “Dopo essermi alzata stamattina e aver fatto colazione…”. Una capatina a Target. Un piatto di zuppa di broccoli. Una TV nuova, che ha bisogno di un nuovo mobile porta-TV.
Hmm. Dove sono i segreti? Forse nelle pagine più interne. Ahimè, sfoglio fino alla fine solo per scoprire che alcune pagine sono bianche. Ma l’assenza di intrighi in questa rivista ha senso. Ruth Ellis* ha ricevuto un regalo per il suo novantottesimo compleanno, e ormai non ha più segreti da raccontarci.
Il centro di Detroit che porta il suo nome la descrive come “una delle più anziane e orgogliose lesbiche afroamericane di Detroit”. Nata nel 1899, secondo alcune biografie fece coming out nel 1915. La stessa Ellis dice di non essersi mai nascosta.
“Non ho mai pensato di nascondere chi ero” ha detto in un’intervista del 1999, “Credo di non essere andata in giro dicendo a tutti che ero lesbica, ma non ho mai nemmeno mentito. Se qualcuno me lo chiedeva, gli dicevo la verità. Ma non era il tipo di cose di cui la gente parlasse molto”.
È stata aperta la sua collezione alla Biblioteca storica Bentley ai ricercatori, agli storici, agli studenti e a tutti quelli che vogliono saperne di più sulla sua storia. La collezione consta di fotografie, lettere e giornali, che dipingono la figura di una donna che ha cambiato moltissime vite essendo semplicemente se stessa.
Il Gay Spot
I primi anni di Ellis a Springfield, nell’Illinois, furono pieni di musica. Era capace di suonare il piano ad orecchio, e, come gli altri membri della sua famiglia, amava ballare. Ma Ellis era anche molto sola. Era una delle poche studentesse afroamericane della sua classe, e da adolescente diventò l’unica donna nella sua famiglia quando sua madre morì.
La segregazione razziale della popolazione scolastica era evidente, ancora di più durante i moti di Springfield del 1908. Ellis, nelle sue note biografiche, ricorda il padre e i fratelli prepararsi all’attacco della sua casa predisponendo le sole armi che avevano: una spada commemorativa degli Knights of Pythias [organizzazione fraterna e società segreta americana, n.d.r.] e una fila di mattoni.
Ellis si accorse della sua attrazione nei confronti delle donne durante la sua adolescenza, quando si innamorò di Grace, la sua insegnante di ginnastica. Con la morte della madre Ellis dovette farsi consigliare da suo padre sulla sua sessualità: fortunatamente, la visione dell’orientamento sessuale del padre era in anticipo rispetto ai tempi: “Credeva che per suo padre fosse un sollievo sapere che era lesbica” racconta un giornale del 1999 in un profilo di Ellis: “Non avrebbe voluto lasciarmi andare con i ragazzi. Ragazzi e libri non vanno d’accordo, diceva. Penso che fosse contento che stessi con le donne, perché così non avrei avuto bambini”.
Se suo padre la sosteneva, o almeno non le era contro, toccava a Ellis saperne di più sulla propria sessualità: “Trovai un libro di psicologia: diceva cose diverse sui diversi tipi di persona. Ecco come ho imparato su di me. Nessuno mi ha detto niente”.
Ellis incontrò Ceciline “Babe” Franklin negli anni ’20, e le due iniziarono una relazione. Andarono a Detroit, dove Ellis, che aveva imparato alcune tecniche di stampa anni prima, diede inizio alla “Ellis and Franklin Printing Company” in Oakland Avenue.
Divenne una fotografa autodidatta e costruì i locali della ditta, tra cui una camera oscura, fuori dalla loro casa, stampando pieghevoli, poster, biglietti della lotteria per le chiese e altre piccole attività a Detroit e nel circondario.
La casa di Oakland diventò anche un punto d’incontro per le persone LGBTQ di Detroit, che all’epoca avevano pochi spazi per socializzare: “Negli anni ’40, ’50 e ’60 la casa di Ruth e Babe era conosciuta come il ‘Gay Spot’. Per generazioni di afroamericani omosessuali (sia gay che lesbiche) del Midwest, la loro casa fornì un’alternativa ai locali che discriminavano i neri. Era un paradiso per gli afroamericani che facevano coming out prima del periodo del movimento dei diritti civili e di Stonewall”.
Ellis e Franklin sono state insieme per trent’anni. Durante quel periodo, centinaia di persone risero, parlarono e ballarono nella loro casa, e tutti erano i benvenuti.
“Sono solo Ruth”
Mentre si avvicinava la fine del secolo, Ellis richiamò l’attenzione a livello locale e nazionale come la più anziana lesbica afroamericana del Michigan, e forse dell’intera nazione. Si pubblicarono profili e foto su riviste, si fecero interviste. Ellis vinse premi nazionali. Per Ellis, che pensava di “essere nient’altro che una persona come le altre”, come disse in un’intervista, tutto ciò era strano e divertente.
La regista indipendente Yvonne Welbon decise che Ellis era tutto fuorché una persone come le altre. Welbon girò un documentario su Ellis intitolato “Living With Pride” (Vivere con orgoglio), la cui uscita era programmata per il 1999, l’anno del suo centesimo compleanno. Il film sottolinea il ruolo pionieristico di Ellis nel creare uno spazio in cui i neri LGBTQ potessero trovarsi a proprio agio. Mostra anche il suo amore per il ballo, e c’è una scena in cui guida una electric slide [un tipo di ballo degli anni ’70, n.d.t.] in una sala da ballo. Saltellando a destra e a sinistra, ballava sicuramente con più energia delle persone con la metà dei suoi anni.
Nel documentario c’è anche un audio in cui Ellis ride all’idea che qualcuno si interessi ad un film o a un libro su di lei: “Chi vorrebbe leggere un libro sulla mia vita?” ridacchia, “Non sono nessuno. A chi interesserebbe? Sono solo Ruth”.
Venne fuori che moltissime persone volevano conoscerla meglio. Il documentario ebbe una buona accoglienza, ed Ellis ricevette un sacco di messaggi, email e lettere di ringraziamento per essere “solo Ruth”.
“Cara Ruth: felice centesimo compleanno! E grazie di essere una lesbica afroamericana DICHIARATA e ORGOGLIOSA! Che vita hai avuto! Il tua amore e il tuo entusiasmo per la vita sono veramente contagiosi” si legge in una email. “Mi ricordi Sojourner Truth [donna afroamericana abolizionista e sostenitrice dei diritti delle donne, n.d.r.]” scrive un’altra fan. “Ruth, sei la mia eroina. Che Dio ti benedica” dice un’altra.
Una ragazza scrive per un consiglio; sapeva di essere lesbica, ma voleva molto bene al suo ragazzo, e non voleva farlo soffrire: “Se non fosse stato per persone come te, mi sarei sentita molto sola”.
Forse la lettera più straziante è un email del 2000, l’anno di morte di Ellis, nella quale l’autrice, per ovvi motivi, usa nome e indirizzo falsi: “Spero di instillare nei miei bambini la capacità di essere fedeli a se stessi, perciò ho bisogno che conoscano storie come la tua e di altri che hanno vissuto la loro vita coerentemente alla loro identità”. Ma non avrebbe potuto rivelare a suo marito “la mia attrazione verso questa comunità”.
Nel documento su Ellis Kofi Adoma, psichiatra clinica e attivista di Detroit, dice che le lettere centrano esattamente il motivo per cui conoscere la storia della sua vita è stato così importante per molti: “Aiuta le persone a capire che non sono sole, e a vedere quanta strada abbiamo fatto nella società, e anche quanto abbiamo bisogno di andare ancora avanti”.
“Penso sia importante conoscere persone come Ruth Ellis, perché non sappiamo quanti ottantenni, novantenni o persino centenari stiano vivendo alla luce del sole. Ruth è un dono per noi, perché ha fatto coming out, e così facendo ha potuto condividere come ci si sente ad essere tre volte oppressi: donna, nera e lesbica.”
Il Ruth Ellis Center
Negli ultimi anni Ellis viaggiò con un gruppo chiamato “Golden Threads” (Fili d’oro), una associazione di lesbiche anziane: “Penso di essere una delle più vecchie” disse in un’intervista del 1998. Ogni anno, per il suo compleanno, distribuiva Baby Ruth (barrette dolci con cioccolato e caramello) alle fiere e nelle scuole.
Per il suo centesimo compleanno decise di distribuire barrette dolci, ma anche di “festeggiare tutto il giorno. In realtà, vorrei fare festa due o tre giorni: perché no? Alla mia festa ho intenzione di avere ogni tipo di persona, gay ed etero. A volte penso che siamo un po’ troppo divisi. Amo le persone di ogni genere, e ho intenzione di ballare per giorni”.
Oggi il suo nome, la sua eredità e il suo amore per la vita vengono tramandati al Ruth Ellis Center di Detroit, uno spazio residenziale a breve e lungo termine per chi è scappato di casa, per chi una casa non ce l’ha, e per i giovani LGBTQ a rischio, e che offre anche numerosi servizi di supporto. I giovani aiutati dal centro sono consci dell’impatto di Ellis su di loro: “Credo che abbia umanizzato molti dei giovani di Detroit” dice uno di questi ultimi in un video girato per il centro.
Altri, nello stesso video, parlano dei successi nella loro carriera, di come al centro abbiano trovato un posto per sé, e l’importanza di trattare le persone nel modo in cui si vorrebbe essere trattati. E ballano. Ballano con passi morbidi, muovendo le braccia, con abbandono, in completa libertà.
Sicuramente Ruth Ellis ne sarebbe molto orgogliosa.
* Nata nel 1899, l’icona lesbica nera, Ruth Charlotte Ellis, è morta il 5 ottobre 2000, all’età di 101 anni. Ellis è nota anche per il suo attivismo a favorer di gay e lesbiche e contro la segregazione razziale.
Testo originale: Living with Pride