Vivere “in positivo” con l’HIV. Una storia di fede e di amicizia
Intervista di Mario, volontario del Progetto Gionata
In occasione della Giornata mondiale contro l’AIDS, abbiamo intervistato S., ragazzo che aveva già partecipato a una nostra precedente intervista sulla vita dei credenti sieropositivi. S. ha accettato di aprire ancora di più il suo cuore a noi, mostrandoci uno scorcio su una vita che, nonostante tutto, si alza come una ginestra dalla cenere, grazie alla Fede e all’amore della famiglia e degli amici. Perché la sieropositività non è la fine di nulla.
Caro S., quanto tempo è passato! Grazie mille per essere tornato a parlare con noi
Grazie a voi per l’occasione che mi avete offerto. E’ un’opportunità per testimoniare gioia e speranza.
E un’opportunità per noi di combattere contro paura e stigma. Quanti anni hai?
Ho 34 anni, ma già sono in rotta verso i 35.
Puoi raccontarci i primi momenti, quelli dopo la scoperta della sieropositività?
Solo Dio sa quanto ho pianto… mi sembrava tutto così assurdo. Non era possibile. Ho avuto un crollo interiore, e dentro c’erano solo macerie; senso di fallimento e di smarrimento, che vedevo nei miei occhi, quando riuscivo a guardarmi allo specchio. La vita mi stava facendo male per davvero. Ma ciò che non accettavo era che l’artefice di tutto quello fossi proprio io. Come avevo potuto permettermi di farmi del male? Sono stato sempre un ragazzo rispettoso di tutto e tutti, ma non lo sono stato verso me stesso. È vero pure che di leggerezze ne facciamo tutti, ma quella mi stava presentando un conto troppo salato. Speravo che qualcuno mi sentisse gridare e mi scuotesse, dicendomi che era solo un incubo. Ma quella era la nuda e cruda realtà, dovevo accettarla. Non avevo paura della morte, ma di non poter vincere la battaglia che mi si stava presentando. L’interrogativo che mi distruggeva era: “Riuscirò a perdonarmi? Riuscirò a non provare più questo senso di schifo per me stesso?” Pero credimi, questo non è niente: è impossibile dire in poche parole quello che è scoprirsi sieropositivi.
Come ti senti cambiato, in questi mesi?
Beh è come se fossi quello di prima, ma non sono più quello di prima. Ho accettato il segnetto “+”, sono poi riuscito a riappacificarmi in qualche modo con me stesso, anche se le “giornate no” mi capitano ancora. Tutti le abbiamo, ma le mie portano la sfumatura della “positività”. Ho avuto bisogno di ripartire da me, anche dalla mia immagine. Nei due mesi dopo la scoperta mi ero segregato in casa e mangiavo, mangiavo tanto. Poi mi sono deciso a cambiare un po’ alimentazione, per rivedermi almeno piacente visto che, come ho detto la volta scorsa, avevo avuto un totale rifiuto anche del mio corpo. Per assurdo, mi sono sentito molto più in forma di altri tanti momenti della mia vita. Il cambiamento più grande è però avvenuto, e sta avvenendo, dentro di me. Vivere da sieropositivi cambia il modo di porti verso le persone che da sempre hanno fatto parte della tua vita e verso quelle nuove che conosci, soprattutto quando decidi di non dire nulla. Camminare con questa verità non è semplice, ma mi ha dato la forza di fare passi che prima non riuscivo a fare. L la vita veramente è imprevedibile e quindi la persona più importante da custodire sono proprio io. All’inizio pensavo che essere s+ potesse essere solo un limite, che potesse farmi sentire inferiore agli altri, mentre oggi non è così. Come tutti merito il meglio della vita. Ho i miei difetti certo, ma sono una persona meravigliosa e non permetterò né a me stesso, né agli altri di farmi vergognare per ciò che sono e per ciò che vive in me. E oggi provo a camminare senza maschere, per quanto mi sia possibile.
Puoi raccontarci come vivi la tua quotidianità, dal punto di vista medico? Come hai vissuto o vivi ora la terapia antiretrovirale, il tuo rapporto con il personale sanitario…
Beh devo solo assumere una “pasticca” ogni giorno. Il gesto da fare è semplice, e ci si abitua, anche se alcuni giorni dietro quel gesto ci sono tanti pensieri che rendono difficile anche un gesto banale da fare. Ogni due mesi mi devo recare in ospedale per ritirare la terapia, mentre ogni 4 invece faccio il Day Hospital per verificare come tutto proceda. Nel giro di pochissimo la mia viremia non è stata più rilevabile e il mio sistema immunitario non era stato intaccato. A detta del mio medico il mio è stato un “virus scemo”…
Con il personale sanitario va bene: ho trovato tanta umanità nell’ospedale dove sono seguito, fin da subito, mi hanno sempre tranquillizzato e fatto sentire “normale”. Certo, ci sono medici che abbracciano modi di pensare più di vecchio stampo, altri più all’avanguardia e in linea con l’uguaglianza “viremia irrilevabile = non trasmissibile”. Ma in generale il mio rapporto con loro è sempre stato buono. Persone eccezionali. Tanta umanità.
Nella precedente intervista ci hai raccontato che alcuni membri della tua famiglia e alcuni tuoi amici più stretti sanno della tua sieropositività. Puoi raccontarci qualche episodio delle prime rivelazioni?
Si, certo. Non è stato semplice ma sono riuscito a dirlo dopo un paio di mesi a qualche membro della mia famiglia e, dopo un bel po’, a qualche amico: non riuscivo a fingere che tutto stesse andando bene. I miei familiari hanno smentito i tanti timori che avevo: credevo che mi avrebbero tempestato di domande, che per loro sarebbe stato come ricevere uno schiaffo. Invece si sono arrabbiati perché avevo tenuto quel mostro dentro da solo, per due mesi. Sarebbero voluti starmi vicino, accompagnarmi. Non mi hanno fatto nessuna domanda indiscreta sul come o con chi…io temevo questo, loro ad oggi non sanno ancora della mia omosessualità, ma io ormai sto bene con me stesso e quindi anche loro cominciano a capire. Presto farò loro questo altro regalo.
I miei amici mi hanno sorpreso in egual misura. A loro avevo detto della mia sessualità. Il mio più caro amico ha pianto, perché mi diceva che lui non aveva capito ciò che stavo vivendo, che magari sarebbe potuto starmi vicino. Si sentiva in colpa perché non era stato in grado, secondo lui, di trasmettermi quella fiducia capace di farmi aprire fin da subito. In più aveva paura per me, per la mia salute, perché non ne sapeva nulla di HIV. Ma l’ho rassicurato e la nostra amicizia oggi è più vera e forte di prima, senza finzioni. Le altre tre amiche che lo sanno non hanno pianto, ma erano decisamente dispiaciute perché non le avevo coinvolte prima; anche loro erano disinformate, ma mi son preso la premura di spiegare loro tutto quanto. Una di loro, con la quale condivido anche la dimensione della fede, è stata meravigliosa. Ha avuto da subito parole di tenerezza, intrise di quella spiritualità che io ben conoscevo e mi ha fatto sentire il tocco di Dio nel cuore, dopo tanto che mi era mancato. Aggiungo solo questo: il vero Bene è capace di accogliere tutto ed andare oltre, ed io ne ho avuto la dimostrazione”.
E ora, come si è evoluta la situazione?
Ora vivo rapporti più solidi, più veri con chi lo sa e imposto diversamente le nuove conoscenze. Ho il coraggio di essere me stesso almeno e non nascondo più il mio orientamento. Questo è uno dei doni ricevuti dall’HIV, il coraggio di essere ciò che sono. Ovviamente non sbandiero in giro il tutto, come pure non dico a chiunque che sono s+. È superfluo dire che, purtroppo, ancora oggi bisogna essere prudenti. In più oggi ho tanti amici che hanno la mia stessa patologia, persone meravigliose che ho conosciuto grazie al forum in cui sono iscritto.
A proposito di questo, potresti parlarci della tua esperienza nel forum HivFriends?
Beh, lì ho trovato una nuova e bellissima famiglia. Grazie ad alcune delle persone che ho conosciuto ho vinto la solitudine nella quale stavo cadendo. Ho trovato sostegno, rassicurazioni e tanta informazione. Ho potuto informarmi su tante cose grazie al forum, ma l’aspetto più importante è l’aver trovato braccia tese ad accogliermi. Il forum è arrivato prima delle tante cose che ti ho detto fino e ad ora. Mi ci sono iscritto circa tre settimane dopo la mia scoperta, perché avevo bisogno di qualcuno che mi dicesse che sarebbe andato tutto bene, e così è stato. Il forum mi ha donato le persone più importanti che oggi accompagnano le mie giornate. Meravigliose amicizie, storie che si sono intrecciate, abbracciate e capite. Siamo fortissimi insieme e periodicamente organizziamo week end per stare insieme. Non pensare che in questi week end piangiamo e ci disperiamo. Stiamo insieme, ridiamo di gusto e possiamo parlare apertamente, cosa che purtroppo oggi non si può fare con chiunque. Ognuno di noi deve portare una maschera nella propria quotidianità, nei propri ambienti, perché non possiamo condividere, nel caso ci andasse, il nostro stato. In questi fine settimana ci diamo la possibilità di gioire insieme, di respirare a pieni polmoni. Siamo amici che creano le occasioni per ritrovarsi. Ovviamente non tutti del forum: non è che perché si condivide il segnetto “+” tutti ci piacciamo o tutti siamo affini. Grazie a questo spazio virtuale, poi, ho avuto la possibilità di tornare a sorridere e vivere e per me è più concreto di quello che sembrerebbe e da qui ho trovato quella che potrei definire “me al femminile”. Una donna eccezionale che il “caso” ha voluto che abitasse a pochi metri da casa mia. Oggi io la definisco l “mia persona”, per citare Grey’s anatomy, perché è la mia Amica, la mia più grande confidente, la mia compagna, la mia alleata… insieme ridiamo tanto, e abbiamo anche il coraggio di piangere e sostenerci. Dico questo perché a oggi, e sono sincero, se mi chiedessero di tornare indietro per non avere HIV, molto probabilmente risponderei di no, se dovesse significare rinunciare a tutto questo… Non tutti i mali vengono per nuocere. A volte, e dico a volte, vengono per riportarci alla vita.
Ultimamente riceviamo notizie allarmanti che riguardano l’aumento di contagi da HIV, anche tra chi ha più di 50 anni. Secondo te, a cosa può essere dovuto?
Secondo me è dovuto al fatto che tutti hanno paura dell’HIV, ma in pochi ne parlano. Come ti dicevo prima, la disinformazione regna e per tanti aspetti si è ancora fermi alla mentalità che si aveva negli anni passati. Si associa il rischio di contrarre il virus a determinate categorie (uomini gay, prostitute, tossicodipendenti, ecc. …). In realtà esistono solo rapporti a rischio, senza distinzione. Oggi magari basta ritrovarsi davanti alla brava persona, con un volto rassicurante, per dire sì a un rapporto non protetto. Molti, però, non sanno di aver contratto il virus e se lo portano dentro inconsapevolmente, alimentando quindi “l’epidemia”; poi magari non si sottopongono nemmeno ai controlli periodici, che sono inoltre gratuiti e che sono sempre consigliati per chi ha una vita sessuale attiva con partner occasionali. È così che il virus si espande a macchia d’olio, perché tante “brave persone” e tanti “bei volti” si incontrano senza pensare al fatto che il loro è un rapporto a rischio, se non protetto. Oggi dico questo, ma sono stato anche io uno che era ignorante in materia: le mie sensazioni non mi hanno protetto.
Che tipo di informazione è necessaria, secondo te, per fare prevenzione, fra persone giovani e non, e allo stesso tempo ridurre lo stigma verso le persone sieropositive?
La miglior prevenzione secondo me è cominciare a parlarne liberamente. Mi riferisco anche ai “media”. Non bisogna limitarsi a far passare qualcosina il primo dicembre, o usare lo slogan detto velocemente alla fine della pubblicità dei preservativi. Bisogna parlarne, bisogna informare tutti, e cancellare i fantasmi del passato. Lo stigma è legato al terrorismo psicologico degli anni passati. Bisognerebbe promuovere l’informazione in merito all’HIV e alle altre Malattie Sessualmente Trasmissibili; far capire che oggi la ricerca ha fatto passi da gigante, che oggi chi viene a conoscenza della propria sieropositività e si sottopone a terapia può vivere normalmente, può amare normalmente e ha standard di vita paragonabili a quelli di un sieronegativo. Che oggi coppie sierodiscordanti eterosessuali possono concepire figli sani, e che comunque il partner sieronegativo non si contagia, se quello positivo segue la terapia. Soprattutto, che c’è differenza tra HIV e AIDS.
Puoi parlarci del tuo rapporto con la fede? Nella scorsa intervista ti sei dichiarato cattolico. In che modo la fede ti ha sostenuto?
Nella scorsa intervista ti ho detto di essere credente e praticante, ricordo. Oggi mi ritengo un credente, pratico un po’ meno. Io sono stato uno che si è impegnato tanto per la fede, ne avevo fatto la mia ragione di vita. Però in questo anno quasi trascorso ho sentito la necessità di ascoltarmi di più, di distaccarmi un po’… Non nego che un po’ di rabbia dentro di me è emersa: nel mio cuore ho discusso un bel po’ con “Lui”, che già un po’ di anni fa aveva stravolto la mia vita. Io ero un non credente, ma poi qualcosa mi portò ad avere il mio incontro con Dio e da lì tutto fu diverso. La mia vita ha avuto vari stravolgimenti e quest’ultimo, di quasi un anno fa, mi ha fatto tremare la terra sotto ai piedi. Dentro di me porto tutta la bellezza dell’incontro avuto con Dio, che mi ha fatto conoscere il valore dell’amore. Quindi ora è un po’ in atto la mia lotta con Gesù, ma ti assicuro che anche questo battagliare è una forma di preghiera. La fede è stata la mia ancora di salvezza, perché quelle mie lacrime ininterrotte versate un anno fa erano tutte un continuo dialogare con Lui. Chiedevo di farmi capire perché ciò fosse capitato. Chi crede può capire questo “dialogo diretto”. Dopo qualche giorno già cominciai ad affidarmi e mi ripetevo che, probabilmente, c’è qualcosa di più grande che devo capire. Col tempo darò una collocazione anche a questo dolore. Essere qui a dare una forma di testimonianza per me è già un segno.
C’è qualche figura religiosa vicina a te a conoscenza della sieropositività? Se sì, potresti dirci come ha reagito?
La prima persona che ha saputo di me è stato il mio amico sacerdote, che da subito mi ha sostenuto ed è stato un’intera giornata al mio fianco in silenzio ad accogliere le mie lacrime e la mia rabbia. Poi è stato lui ad accompagnarmi le prime volte in ospedale. Lui ha saputo ancora una volta portarmi per mano senza giudicarmi.
E questo sacerdote è anche a conoscenza del tuo orientamento sessuale?
Sì, lui di me sa tutto. Non mi ha mai fatto sentire un diverso: tra me e lui c’è lo stesso rapporto che dovrebbe esserci tra padre e figlio. Mi ha sempre aiutato ed è stato per me un punto di riferimento in tanti momenti. Non si è mai tirato indietro dall’aiutarmi. Lui non ha mai né condannato, né criticato l’omosessualità. Certo, non è d’accordo con il fatto che molti vivano una vita sessuale dissoluta, ritenendo che gestire i propri istinti in vista di un sentimento più elevato sarebbe migliore, ma dice questo anche alle persone eterosessuali. Questo, sinceramente, lo penso anche io. Il succo, comunque, è che non mi ha mai chiuso le porte della chiesa, né lui né altri sacerdoti che negli anni ho avuto modo di conoscere, e ai quali in confessione ho raccontato di me. È vero che il marcio è ovunque, ma grazie a Dio io ho conosciuto soprattutto persone che veramente mi hanno fatto capire e vedere quanto è bello vivere un livello più elevato dell’amore.
La volta scorsa ti abbiamo chiesto che cosa avresti detto a un ragazzo sieropositivo. Ora, invece, possiamo domandarti che cosa diresti a un ragazzo o una ragazza che accetta di avere rapporti non protetti?
Direi loro di non fidarsi delle “brave persone” che possono conoscere, ma non perché non siano brave: probabilmente anche loro potrebbero essere state vittime della disinformazione. Non esiste solo HIV, ma ci sono tante altre MST, e quindi proteggersi nel sesso è fondamentale, soprattutto se si vive un’attiva vita sessuale con partner occasionali. Consiglierei anche di fare la “revisione periodica ” come la chiamo io, e cioè di fare il test HIV e per le altre MST con regolarità. Poi magari, se si è in coppia stabile e si vogliono avere rapporti non protetti, possono prima fare insieme i vari controlli e vivere serenamente.
Grazie mille per aver parlato con noi, S., e per la tua stupenda testimonianza.
Grazie a voi per avermelo chiesto. Sono felice di trasformare tutto questo in un dono per gli altri.
* L’intervista è stata possibile grazie al forum HivFriends una comunità per persone sieropositive e non, dove chiunque può chiedere informazioni ed entrare in contatto con persone che convivono con la sieropositività.Per chi volesse saperne di più, consigliamo anche di visitare il sito di LILA. (Lega Italiana per la Lotta contro l’Aids).
** Nota dell’amministratore e dello staff di HivFriends: E’ grazie a forum come il nostro che si contribuisce a dare la giusta informazione, e i giusti consigli, a chi si ritrova a dovere lottare e comprendere cosa gli è capitato; visto che lo Stato è molto assente, in questo modo possiamo aiutare le persone che sospettano, a causa di un loro comportamento scorretto, di avere preso l’HIV. Ci auguriamo che il nostro sforzo gratuito contribuisca a far capire, specialmente ai giovani, l’importanza di vivere la sessualità con serenità e felicità, ma soprattutto con la consapevolezza che comportamenti errati possono comportare rischi. Grazie a Progetto Gionata per averci dato modo di poter contribuire alla conoscenza di questa realtà.