Viviamo da morti perché non comunichiamo, perché siamo soli (Luca 7:11-17)
Riflessioni di don Fabio
Luca 7:11-17: “Il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!» […] «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre”.
La compassione è il principio di tutta l’azione di Dio, che sente il nostro male, perché facciamo e ci facciamo del male.
Villaggi e città, nei Vangeli, hanno una connotazione negativa: quasi sempre sono luoghi di chiusura, di pettegolezzo, di attaccamento a delle tradizioni/norme che diventano quasi idoli intoccabili, e che pian piano conducono alla morte.
Non per nulla, ed in maniera simbolica, Luca ci racconta di un incontro fra un corteo di “morte”, che esce dalla città, e un corteo di “Vita”, che è fuori della città e sta per entrare. La Vita entra nella città, la Vita va incontro alla morte.
…“Destati”, e il ragazzo si sveglia. E la prima cosa che fa è parlare, comunicare. L’uomo è uguale a Dio per via della parola, che stabilisce comunione, comunicazione, crea la relazione, la vita nuova. (Silvano Fausti SJ)
La morte è il silenzio. Se non parli sei come uno che scende nella tomba, dice il Salmo. La vera morte è la non comunicazione, la non comunione. Viviamo da morti perché non comunichiamo, perché siamo soli.
Con affetto, Fabio!