Voci queer dall’America inquieta di Donald Trump
Riflessioni di Yezmin Villareal pubblicate sul sito del mensile The Advocate (Stati Uniti) il 26 gennaio 2017, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Dopo una settimana passata a Washington a parlare e confrontarmi con le persone queer che stanno resistendo al presidente Trump e quelle che stanno celebrando la sua vittoria, non posso fare a meno di pensare a quanto siano divise le due comunità.
Ho assistito all’inaugurazione presidenziale e mi sono fermata a parlare per strada con le persone queer. Un uomo aveva una bandiera arcobaleno attorno al corpo su cui c’era scritto “Eppure risorgiamo”. Mi ispirava vederlo agitare orgogliosamente quella bandiera mentre stava per immergersi nel mare dei sostenitori di Trump. Era comunque consapevole del pericolo: “Ad essere sincero, sono davvero spaventato. Con questa bandiera mi sento come un bersaglio dietro la schiena. Ma va bene così. Ho una telecamera nascosta, nel caso accadesse qualcosa, che può documentare tutto”. E non è il solo: è la paura di molte persone LGBT. La nostra storia è stata cancellata dal sito della Casa Bianca e il portavoce di Trump, Sean Spicer, ha dichiarato a un giornalista che non sa se il presidente confermerà l’ordinanza anti-discriminazione che protegge gli appaltatori federali LGBT.
Mentre mi facevo largo attraverso la folla dei sostenitori di Trump durante l’inaugurazione, pensavo che quella era probabilmente la prima volta che assistevamo a una forte concentrazione di sostenitori e detrattori del presidente nello stesso luogo. È una divisione che percorre tutta la società, ma possiamo vederla anche nella comunità LGBT. Un contestatario queer con cui ho parlato indossava una tenuta da sci bianca, rossa e blu. Mi disse di sentirsi somigliante a un clown, ma in realtà di essere un’accurata raffigurazione dell’America di oggi: “Mi guardo e sento di impersonare l’America che vedo oggi, questo clown schifoso. C’è solo bianco, rosso e blu. Un grande scherzo!”. Molti sostenitori di Trump l’hanno preso per uno di loro per via del suo aspetto patriottico, ma disse che era un vantaggio perché era un’occasione per discutere, qualcosa che mostrerà a gente come il vicepresidente Mike Pence che si può essere patriottici e gay e che è molto americano contestare un politico anti-LGBT: “Mi vestirò in bianco, rosso e blu e la sai una cosa? Non puoi disfarti di me, perché anch’io sono americano!”.
Ho partecipato al ballo dei sostenitori gay di Trump la sera dell’inaugurazione. C’era aria di celebrazione. Un tizio beveva da una tazza con su scritto “Le lacrime dei guerrieri della giustizia sociale”. I sostenitori di Trump posavano sorridenti per le foto ricordo. Beyoncé cantava dagli altoparlanti e c’erano le bandiere del Pride sui tavoli. Quando risuonò il nome di Trump, tutti brindarono. Un uomo era vestito come il presidente, con parrucca e tutto, e dal palco ridicolizzò Hillary Clinton tra gli applausi della folla.
Solo due giorni prima mi trovavo fuori dalla casa che Mike Pence ha affittato nel quartiere di Chevy Chase: i contestatari ballavano in cerchio attorno all’incrocio che di solito Pence percorre senza fanfare. Sono sicura che di solito Pence è tranquillo mentre passa di lì, ma quella notte i contestatari queer avevano portato il glitter, avevano portato la magia e un’energia che portava la luce nella spessa paura che molte persone LGBT hanno di cosa potrebbe accadere sotto l’amministrazione Trump. È un deposito da cui la comunità queer dovrà continuamente attingere per preservare la nostra sanità mentale.
Dopo essere stata in una sala con repubblicani gay in estasi per la vittoria di Trump e insieme a persone queer che usavano la danza come forma di protesta, ho provato a pensare alla possibile connessione tra questi due gruppi di persone LGBT. I loro interessi politici saranno forse molto diversi ma, alla fine della fiera, indipendentemente da ciò che ciascuna parte dice, fanno ambedue parte della comunità LGBT. Come fa questa comunità a contestare Trump un giorno e poi celebrare la sua presidenza due giorni dopo? È una domanda che pongo ad ambedue gli schieramenti. Al ballo gay ho parlato con Robert Luke Antonek, organizzatore dell’evento per i Gay per Trump, che mi ha detto: “L’unico modo in cui può veramente cominciare a capirlo è smettere di creare questa mentalità giusto-sbagliato, buono-cattivo, Bene-Male e dire che tutti hanno un motivo per credere ciò in cui credono. Perché ci credi? Discutiamone. È una cosa difficile”. Sapendo che la comunità LGBT “liberal” avrebbe protestato vicino alla casa del vicepresidente, e confrontando quella manifestazione con il ballo, chiesi ad Antonek cosa pensasse dello spaccatura nella comunità LGBT: “Sono due gruppi distinti di persone LGBT che esprimono la loro opinione. Noi stiamo esprimendo la nostra in questo ambiente perché abbiamo scelto così, perché è quello che vogliamo fare, ma loro hanno tutto il diritto di fare quello che vogliono”.
Alla Marcia delle Donne di Washington ho chiesto a una donna queer, che stava marciando con le sue amiche queer, cosa pensasse dei repubblicani LGBT che celebravano la vittoria di Trump mentre lei, il giorno dopo, stava protestando: “Sarei curiosa di sapere quanti di loro sono maschi bianchi cisgender, perché penso sia importante: se il tuo unico motivo di marginalizzazione è il tuo orientamento sessuale, l’oppressione di cui soffri ti aiuta poco a identificarti con le altre persone che stanno affrontando la stessa lotta” disse Hillela Simpson: “Quando ci aggiungi un’altra identità oppressa, per esempio se sei una donna, non sei cisgender o sei una persona di colore, tutto questo ti aiuta a capire quanto sono interconnesse le nostre lotte. È un muro che ci separa dalla comunità gay bianca e cisgender”.
Le proteste contro Trump continuano nel sesto giorno della sua presidenza. Alcuni politici hanno minacciato di criminalizzare la protesta, ma che governo sarebbe quello che criminalizza il dissenso? Come mi disse Antonek quando gli parlai dell’unità tra persone LGBT liberal e conservatrici, “Se viviamo in America abbiamo il diritto di esprimerci, e nel momento stesso in cui questo venisse messo in discussione, sorgerebbe un grosso problema”.
Testo originale: What It’s Like Reporting on the Inauguration While Queer