Volete festeggiare un bel Natale? Meritatevelo
Riflessioni del reverendo Roberto Rosso* pubblicate sul sito della Comunione Unitariana Italiana il 24 dicembre 2018
Cari amici, riflettendo con voi su quale aspetto fosse più opportuno mettere in evidenza per questo Natale, abbiamo capito come sia importante pensare a questo momento come alla riflessione su di una luce inestinguibile che si irradia e illumina il prossimo, ogni prossimo; illuminando il prossimo, lo pone sulla nostra strada chiamandoci a una risposta, ad una disponibilità, ad una apertura, testando la nostra capacità a non pensare solo per noi stessi, ma ad essere con l’Altro, ad essere per l’Altro, anche quando quest’Altro risulti disarmante e scomodo.
In fondo, pensateci, che cos’è la nascita di un bambino se non l’invito ad una coppia di smettere di pensare a sé e di iniziare a pensare anche a quell’esserino tenero e rumoroso? Ma appunto, l’Altro a cui siamo invitati ad aprirci non è sempre semplice e comodo, ed è questa la particolarità del Natale. Nel sondare la nostra disponibilità verso l’Altro, verso ogni tipo di Altro, è naturale che si possa trovare una situazione per cui risulti difficile aprirsi.
Ognuno di noi, nel festeggiare il Natale autenticamente, dichiara la propria disponibilità a fare i conti con le proprie difficoltà, con una naturale ritrosia, con una rigidità caratteriale. Il Natale è la dichiarata volontà di voler affrontare se stessi per affermare un valore spirituale, nonostante tutto. Ma questa sfida a noi stessi, a stanare le nostre intime difficoltà, è tutt’altro che facile, e la cosa strana è che ad essa non ci si può sottrarre: quella Luce Divina che oggi festeggiamo è la stessa che alberga in ciascuno di noi, e che ci chiama ad essere una sola grande famiglia spirituale, in un Regno in cui impariamo progressivamente a fare della nostra diversità un valore e una ricchezza. È una luce che ci risuona dentro in maniera molto forte, molto più forte del nostro tentativo di sopprimerla o di ignorarla.
E di tentativi di ignorarla ce ne sono almeno due tipi, che valgono una menzione: la fuga e l’attacco. Quanto alla fuga, è piuttosto semplice, la riconoscete subito: gente che vi dice che a loro non interessa, che sono tradizioni noiose e superate, che è roba vecchia… solo che, siccome quella luce da cui fuggono continua a bussare insistentemente alla loro anima, sono costretti a ripetere la loro cantilena per tutto il tempo, come una personalissima litania natalizia. Ogni famiglia ha il suo particolare Puffo Brontolone, per cui ognuno di voi può trovare benissimo esempi di questo tipo nella propria biografia. Cosa poter fare? Non molto, se non chiederci se sia in nostro potere fare qualche piccolo gesto che possa cambiare le sorti del Natale dei brontoloni, aiutandoli a vivere in maniera meno dolorosa la dissonanza tra ciò che sentono di poter essere e ciò che sono.
Ma ci sono anche quelli che, per non sentire l’intimo disagio per la loro mancata apertura, attaccano. In questo caso il disagio per l’apertura può manifestarsi in contesti diversi, ne cito tre
c’è chi non riesce a pensarsi alla stregua dell’Altro in un contesto sociale, non può sopportare l’idea di non sentirsi superiore, non può sopportare l’idea che per il nostro Padre celeste siamo tutti uguali, e allora fa a botte per un posto in prima fila alla recita del figlio… non importa l’idea di rovinare la festa e l’infanzia a una decina di bambini che sono scappati piangendo, ciò che conta è allontanare da se stessi l’idea di non essere meglio dell’Altro, che è un peso intollerabile, soprattutto a Natale;
c’è poi chi non riesce a sopportare i parenti nemmeno per 3 ore, non riesce a non sindacare sulla vita di zia Ildegarda o a non sentirsi da essa chiamato in causa ogni minuto. L’idea di amare e accogliere l’Altro per quello che è, anche se non è ciò che vorremmo che fosse, è troppo insidiosa, meglio una bella faida familiare, che almeno ci consenta di preservare la nostra immagine piccola, egoista e autoreferenziale, dalla quale ci sentiamo almeno apparentemente rassicurati e pacificati. Solo che, anche qui, quella lucina non si spegne, e per quanto siamo diventati esperti di litigi natalizi, non riusciamo a compiacercene del tutto;
ci sono, infine, quelli che stasera andranno a messa in pompa magna, biasimando i personaggi del Vangelo che han chiuso le porte a Maria, facendo finta di ignorare che fino a poche ore prima hanno osannato chi si vanta di chiudere i porti ad Altri in difficoltà.
E l’aspetto del bambinello di Betlemme fosse quello del bimbo nella foto, a conti fatti cosa assai più probabile dell’iconografia che lo vuole biondo con gli occhi azzurri… visto il posto in cui è nato… quanti tra noi potrebbero davvero dirsi cristiani e disporsi ad accoglierlo? Quanti tra noi sarebbero disposti ad accoglierlo non solo oggi, che fa figo, ma anche il 27, il 28 ed ogni altro giorno? Guardate questo bambino, che nella sua dolcissima ingenuità è disposto a condividere quasi tutto quello che ha, quanti tra noi sarebbero disposti a fare lo stesso? Io per primo ho dei dubbi su quanto io possa dirmi coerente rispetto ai valori che professo e stasera festeggio…
Ma anche qui, la dissonanza tra il valore della festa professata a parole e la piccolezza dei loro gesti si fa sentire, e allora devono reagire in qualche modo per mettere a tacere il disagio della coscienza: e si arriva all’insulto e alla derisione… Una volta mi sarei arrabbiato a sentirmi insultato per avere professato valori cristiani, oggi invece no… per il discorso che vi ho fatto fin qui… nell’insulto e nella derisione degli uomini piccoli vedo il loro intollerabile disagio nel sopportare l’intima e calda luce della loro coscienza, e allora credo che proporre con educazione e gentilezza valori di inclusione sia il modo migliore per lasciare che queste persone si consumino con la loro stessa rabbia, e che alla fine si aprano alla carità autentica, pur fra mille proteste. Per cui ho fatto un esperimento: ho postato la foto che vedete sopra accompagnata da quelle poche righe che leggete in italico, aspettando il commento del primo disturbato dalla propria luce… che non è tardato… dopo pochi secondi un mio amico, mi ha scritto: “Basta con questa propaganda immigrazionista!” e da tutto il giorno cerca di placare il proprio intimo disagio intasandomi il cellulare di post razzisti…
Cosa fare dunque con questi disturbati? Il mio consiglio è di non tacere i valori del Vangelo, ma di proporli col garbo e col sorriso, considerando i loro insulti espressione di un disagio interiore che intimamente li consuma, e che questa sia la peggior pena possibile per un’anima che si rifiuti di aprirsi all’intima radice comunitaria da cui nasce, al Regno.
Per cui vi invito, se volete, a ripetere il mio esperimento e a condividere queste poche righe collezionando insulti e considerando l’insulto come una pena che si autoinfligge chi ve lo porge.
Chi vuole passare un Natale sereno deve imparare a moderare la propria rabbia e il proprio egoismo, altrimenti verrà da questi torturato per tutto il tempo. Chi vuole passare un Natale sereno deve imparare che la serenità non si guadagna eliminando o ignorando l’Altro, il diverso, ma accogliendolo e cercando insieme un contesto di armonia…
In due parole chi vuole festeggiare il Natale se lo deve meritare.
Allora impariamo a meritarcelo, condividendo davvero i valori del Vangelo
Buon Natale amici miei
Ps: Qualcuno potrebbe storcere il naso perché non ho citato in un sermone natalizio il nome di Gesù… Ma ne siamo sicuri? A me sembra di aver citato il nome di Gesù in ogni singola riga… Pensiamoci.
* Roberto Rosso, laureato in filosofia e psicologia, ha fondato nel 2004 la Comunione Unitariana Italiana.