“Volevo fare il prete. Ma il vescovo mi disse no perché sono gay!”
Articolo di Giovanni Panettiere pubblicato su QN, Quotidiano Nazionale – La Nazione, Il Resto del Carlino e Il Giorno, il 28 novembre 2022, pag.17
Da medico dei corpi a dottore delle anime il passo sarebbe stato breve. Dopo quattro anni propedeutici, scanditi da studi teologici, meditazioni e preghiere, all’anatomopatologo Paolo Spina bastava varcare l’uscio del seminario per diventare finalmente prete. E coronare un sogno, dare seguito a una vocazione.
Ma lui, oggi 36enne, residente a Varese, quella porta non l’ha mai varcata. Non ha potuto farlo, gli è stato impedito per via della sua omosessualità, troppo radicata agli occhi della Chiesa.
Se lo sarebbe mai aspettato?
Sinceramente no. Anche il padre spirituale, che mi stava seguendo nel percorso vocazionale, sapeva della mia condizione sessuale. Come lui i preti della parrocchia in cui sono cresciuto e dove sono stato educatore, sacerdoti che mi hanno sempre accolto senza problemi.
Tutti sapevano, eppure?
Eppure il vescovo, nel corso dell’ultimo colloquio per l’accesso in seminario, quando gli ho parlato della mia omosessualità mi ha detto che doveva prendersi del tempo per decidere il da farsi.
Come è stato quel colloquio?
Ringrazio Dio di non aver abbassato lo sguardo. Ho visto il vescovo imbarazzato.
Ma lei sapeva di un’istruzione della Congregazione per l’Educazione Cattolica, risalente al 2005, che inibisce l’accesso in seminario a chi manifesta un’omosessualità ’profondamente radicata’?
Certo, ma nessuno nel mio cammino vocazionale, durato quattro anni, aveva sollevato obiezioni. Fino al vescovo.
Come è finita con lui?
Per sei mesi non ho ricevuto alcuna convocazione. non sapevo che cosa pensare, poi ho deciso di farmi avanti io. Quando l’ho rivisto, mi ha detto che quella che pensavo essere una vocazione in realtà non lo era.
Come ha reagito?
È stato molto doloroso. Come si fa a dire che la mia non era una vera vocazione solo dopo che gli ho fatto cenno alla mia omosessualità? Per fortuna non ho mai perso la fede e sono rimasto sempre nella Chiesa cattolica.
Oggi come si sente?
La ferita si è rimarginata. Ho un compagno e cullo un sogno.
Quale?
Diventare il primo diacono permanente – come tale non diventerei mai prete –
omosessuale, con un compagno e un’unione benedetta in chiesa.