Willem Arondeus, eroe gay della Resistenza olandese
Articolo di Jack Doyle pubblicato sul magazine online Ozy (Stati Uniti) il 7 agosto 2014, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Una sera del marzo 1943 un edificio prese fuoco ad Amsterdam. All’alba, pezzi di carta volteggiavano attraverso le travi annerite del tetto andato in fumo. Quei fogli contenevano nomi di cittadini olandesi che i nazisti tenevano d’occhio nei Paesi Bassi occupati.
La bomba che colpì l’edificio distrusse meno di un quarto dei documenti di quel registro pubblico, ma era comunque un messaggio che i nazisti non potevano ignorare: era della Resistenza. Quella bomba è ancora oggi un potente simbolo della Resistenza olandese al fascismo odierno, ma l’uomo che vi sta dietro solo recentemente ora sta ricevendo l’attenzione che gli spetta.
Willem Arondeus fu uno dei combattenti più convinti e creativi della Resistenza olandese, ma essendo apertamente gay è stato spesso nominato solo di sfuggita nei libri che parlano di quel periodo.
Nato ad Amsterdam nel 1895 da una coppia di costumisti teatrali, Willem Arondeus aveva cinque tra fratelli e sorelle. I genitori incoraggiarono le sue tendenze artistiche (amava scrivere e dipingere), ma la sua sessualità era causa di molti attriti. All’età di 17 anni Willem si rifiutò di continuare a nascondere la sua omosessualità e l’anno seguente fu cacciato di casa.
Prese a fare ogni tipo di lavoro mentre continuava a sviluppare il suo talento artistico. La sua prima commissione di un certo peso (un murale per il municipio di Rotterdam) gli fece guadagnare la reputazione di vero pittore. Il suo stile, parte Picasso, parte Rembrandt, era un misto di astrattismo radicale, allora agli albori, e dei toni scuri e plumbei tipici della tradizione olandese. Le sue opere sopravvissute sono in mostra al Metropolitan Museum of Art [di New York].
Mentre Hitler prendeva il potere in Germania, Willem Arondeus si godeva la vita e una relazione sentimentale serena, nonostante le difficoltà finanziarie. Pubblicò anche una biografia di Matthijs Maris, pittore e attivista politico olandese, che vendette abbastanza per permettergli di tirare avanti assieme al suo compagno, Jan Tijssen.
Poi la guerra cambiò tutto. Quando i nazisti invasero i Paesi Bassi nel maggio 1940, ebbero cura di tirare gli olandesi dalla loro parte: niente deportazioni immediate, niente violenze, niente coprifuoco troppo rigidi. Forse i nazisti non erano poi tanto cattivi: così pensavano alcuni olandesi.
Ma chi apparteneva a una minoranza, come Arondeus, non si fece illusioni. Nei Paesi Bassi i rapporti omosessuali erano stati legalizzati più di un secolo prima, ma il nuovo governo non perse tempo a metterli fuorilegge. Ispirato da Maris, l’attivista (di cui aveva scritto la biografia) che lottò per la democrazia nella Comune di Parigi del 1871, Arondeus fu tra i primi a unirsi alla Resistenza.
Fece presto buon uso del suo talento artistico: si unì a un gruppo che fabbricava falsi documenti d’identità, oggetti molto preziosi per chi vive sotto un governo autoritario. Quando i nazisti cominciarono le retate degli ebrei di Amsterdam, la sua organizzazione si mise a fornire loro false identità. Nel frattempo, lavorava senza sosta per pubblicare libelli antinazisti e reclutare nuovi membri della Resistenza.
Nel 1943 capì che per gli ebrei, e per tutti coloro che erano tenuti sott’occhio dalla Gestapo, il tempo stava per scadere, così elaborò un piano per distruggere le liste di proscrizione, che contenevano informazioni su centinaia di migliaia di ebrei e altri cittadini olandesi ed erano usate anche per controllare le false identità. Il modo migliore per interrompere quel flusso di informazioni, secondo Arondeus, era mettere una bomba.
Assieme a un gruppo di combattenti (alcuni dei quali apertamente omosessuali, come la direttrice d’orchestra e violoncellista Frieda Belinfante, il sarto Sjoerd Bakker e lo scrittore Johan Brouwer) pianificò con cura l’attacco. Il 27 marzo 1943, travestito da capitano dell’esercito tedesco, Arondeus condusse quindici uomini nell’ufficio del registro. Misero fuori combattimento le guardie con un sonnifero, posizionarono l’esplosivo ed entrarono nella storia dei Paesi Bassi.
Il loro successo, tuttavia, fu di breve durata: nell’arco di pochi giorni la Gestapo aveva catturato tutti i resistenti coinvolti nell’attacco, grazie a un traditore anonimo, interno all’organizzazione. Durante il processo-farsa Arondeus si assunse la piena responsabilità della bomba, ma tragicamente questo non impedì ai nazisti di fucilare, assieme a lui, altri dodici sabotatori, mentre alcuni riuscirono a fuggire dal Paese.
Impertinente fino alla fine, Willem Arondeus comunicò il suo estremo messaggio attraverso il suo avvocato. Le sue ultime parole? “Gli omosessuali non sono dei codardi.”
Come organizzatore della Resistenza, Arondeus fu fonte d’ispirazione per i suoi commiltoni e probabilmente ha aiutato centinaia di ebrei a sfuggire alla deportazione; tuttavia, il suo ruolo è stato il più delle volte ignorato negli anni seguenti. La sua famiglia, negli anni ‘80, ricevette una medaglia al valore dal governo olandese, ma nonostante il suo estremo messaggio di sfida la sua omosessualità, fino agli anni ‘90, non è mai stata citata nei libri di storia.
Frieda Belinfante, la violoncellista lesbica che collaborò al suo piano e che, dopo la guerra, fu largamente ignorata anch’ella, ricorda come a un altro membro della Resistenza, un uomo eterosessuale, per anni fu accreditato il merito di aver guidato il gruppo di sabotatori; ha poi detto, nel tentativo di dare ad Arondeus ciò che gli spetta: “[Arondeus] è stato un grande eroe, che più di tutti era disposto a dare la vita per la nostra causa”.
Testo originale: WILLEM ARONDEUS: THE OPENLY GAY, ANTI-FASCIST RESISTANCE FIGHTER