Work in Progress. Le cose che il corpo delle persone transgender non dirà mai
Articolo di Michael M. Weinstein pubblicato sul sito del The New Yorker il 17 novembre 2015, liberamente tradotto da Innocenzo
Durante la transizione, la propria identità di genere può essere così nebulosa, così esteriorizzata, che mostrare il proprio corpo non è facile. I corpi delle persone transgender non solo raccontano i cambiamenti incisi in loro, ma mostrano ancora forme (seni, organi sessuali, etc..) che non corrispondono più a come si sentono. Eppure per quanto attentamente esaminiamo i corpi delle persone transgender, le esperienze scritte su di loro rimangono illeggibili dall’esterno. Durante la transizione troviamo persone maschili ancora con seni, che non hanno eliminato con un intervento chirurgico perché li sentono ancora parte di sé, oppure perché non possono permettersi un intervento, o perché hanno paura di operarsi, o non sanno decidere cosa fare.
Nella nostra società una persona che sta appena cominciando a crearsi una grammatica per parlare della sua esperienza di transizione, può essere tentata di presentarsi in modo che sia facilmente accettata dagli altri. Ma i corpi dei transgender protagonisti delle foto di Melody Melamed, nel suo progetto fotografico “Work in Progress“, si rifiutano di raccontare una storia semplice.
Nella scelta di fotografare dei maschi transgender, Melamed assume la sfida formidabile di utilizzare un mezzo visivo statico (la fotografia) per catturare un’astrazione (l’identità di genere), per esprimere la metamorfosi (della transizione). Ogni ritratto offre lo sguardo sulla transizione che ha Melamed, una donna cisgender (“a proprio agio con il genere che gli è stato assegnato alla nascita”), che fotografa i suoi soggetti in spazi domestici, in camere in cui l’illuminazione mostra ogni cicatrice presente sul corpo. Vedendo queste caratteristiche da vicino ci si può sentire come se fossimo messi al corrente di un segreto. Eppure, con tutta la nudità e la vulnerabilità di quei corpi, i soggetti delle fotografie di Melamed spesso si allontanano da lei. Una persona guarda in alto, i suoi occhi verdi sono pieni di speranza e di sfida, le guance sfregiate dall’acne e da una barba rada. Un’altra gira con reticenza la sua schiena e guarda di lato, come se fosse disinteressata dello sguardo del fotografo. Si potrebbe leggere queste fotografie come una testimonianza della coscienza di sé, del disagio o anche della sofferenza che spesso vivono i maschi transgender. […]
Le piccole camere in cui sono fotografati evocano tutti quegli spazi pubblici in cui le persone trans sono costantemente fraintese, travisate o forzate a cambiare se stesse. Gli ambienti domestici in cui sono ritratti, riflettono il radicale bisogno di privacy di cui ha bisogno una persona il cui genere non è conforme al suo corpo.
Le cuciture ruvide dei loro corpi, i piccoli strappi nel tessuto della loro mascolinità, potrebbe sembrare che sappiano raccontare delle verità di fondo sulla loro storia e la loro transizione. Invece ciò che le immagini di Melamed rivelano in maniera indelebile, è quanto poco la nudità dei loro corpi può raccontarci.
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Testo originale: Transgender Portraits and the Things a Body Won’t Tell